“Ma io soffro di vertigini, non potreste fare uno skilift?”: è solo una dei tanti commenti ironici che sono stati scritti su Facebook al progetto, che il sindaco Gualtieri ha poi deciso di abbandonare, di costruire una funivia a Roma. Se si tratta di prenderla per sciare, infatti, nessuno si stupisce; ma quando si pensa di usarla per andare al lavoro o per accompagnare i figli a scuola, arrivano risate e battute. Eppure, basta dare un’occhiata fuori dall’Italia per capire che le funivie, cioè tutti i mezzi di trasporto basati su fune, si stanno invece diffondendo anche in città, come mezzo di trasporto leggero e non inquinante.

Da Hong Kong a Medellin

La funivia a New York che collega Roosvelt Island a Manhattan. 

Londra, Madrid, Barcellona, Lisbona, New York, Portland, Ankara, Hong Kong: sono molte le città ad averne installata una; ma è soprattutto in Sudamerica che questo mezzo di trasporto ha preso piede. Caracas, Bogotà, Città del Messico… in Bolivia, una funivia (Mi Teleférico) collega la città di La Paz a quella di El Alto: può trasportare 34.000 passeggeri all’ora in entrambe le direzioni e, con 10 linee e 33 km di lunghezza, è considerata il servizio pubblico a fune più grande al mondo. Secondo uno studio ha permesso di tagliare del 22% i tempi di percorrenza rispetto ad altri mezzi di trasporto, facendo risparmiare ai viaggiatori in media nove minuti. Quella di Medellin, invece, ha addirittura contribuito ad abbattere le disuguaglianze sociali.

 

“Lì, come in altri posti in America Latina”, spiega Enrica Papa, esperta di pianificazione dei trasporti che insegna alla University of Westminster di Londra, “erano presenti una serie di condizioni per cui la funivia ha rappresentato la soluzione migliore, se non l’unica, per raggiungere gli abitanti di alcuni quartieri poveri, che altrimenti non avrebbero avuto alcun accesso alla mobilità: un terreno collinare, un’alta densità di popolazione e uno sviluppo urbano incontrollato, in cui le strade non erano state né pianificate né costruite”. 

Un impianto a Guayaquil, in Ecuador. 

Un motore, centinaia di cabine

Anche a Berlino, dal 2017, una funivia con 65 cabine collega due quartieri della città attraverso una stazione intermedia sopra una collina. A Tolosa, invece, ne sarà presto inaugurata una di tre km, completamente integrata nella rete di trasporto pubblico, che collegherà un istituto di ricerca sul cancro, un ospedale e un’università.

La nuova funivia di Tolosa, in Francia. 

E lo stesso potrebbe accadere anche a Parigi, con la funivia di 4,5 km (Cable 1) che dovrebbe aprire al pubblico nel 2025. “Le funivie rappresentano una soluzione di mobilità elettrica ideale in città” racconta Anton Seeber, presidente del gruppo italiano Hti, leader nel mondo nel settore degli impianti a fune insieme all’austriaca Doppelmayr. “Con un solo motore, infatti, riescono a muovere centinaia di cabine contemporaneamente e con un flusso continuo, che garantisce di arrivare a destinazione sempre in orario. Inoltre, costano dieci volte meno di una metropolitana e circa la metà di un tram, richiedono poco spazio e sono in grado di superare gli ostacoli passandoci sopra. L’ultimo impianto che abbiamo aperto a Città del Messico, per esempio, sorvola interi centri abitati e, negli ultimi cinque mesi, da solo ha trasportato 10 milioni di persone, circa 70.000 al giorno, che la usano per andare al lavoro o a scuola”. 

Pro e contro

Ma allora, viene da chiedersi, perché non metterle dappertutto? “Questo tipo di impianti”, continua Papa “hanno ancora dei limiti: la velocità (fino a 25 km orari ndr), la capacità di trasporto (fino a 6.000 persone all’ora, ndr) e soprattutto la distanza che riescono a coprire, che non è paragonabile a quella di una linea metropolitana o di tram. E poi bisogna considerare anche i costi di manutenzione e il loro impatto visivo“.

La funivia si trasforma in minibus elettrico: il primo prototipo al mondo è di un’azienda italiana

Un elemento non trascurabile in un Paese, come l’Italia, pieno di borghi storici da tutelare, dove è molto più difficile installare una funivia. Per risolvere questo problema, di recente è stato messo a punto ConnX, una particolare funivia la cui cabina, una volta entrata in stazione, si aggancia a un veicolo elettrico autonomo che prosegue il suo percorso in strada lungo dei binari. In generale, comunque, secondo gli esperti, gli impianti a fune vanno bene soprattutto dove ci sono brevi distanze da coprire, una domanda abbastanza alta da soddisfare, un territorio collinare da superare e dove possono essere integrati nella rete di trasporti già esistente. “Inoltre”, prosegue Papa “si può pensare di usarli per chiudere alcune zone al traffico e dedicare così le strade interamente alla socialità, un po’ come è avvenuto in molte parti del mondo durante la pandemia con i cosiddetti street experiments“.

Paura e piacere del viaggio

E la sicurezza? Non tutti si sentono a proprio agio a viaggiare appesi a un filo. Secondo Seeber, ogni timore è destinato a passare quando la funivia viene usata ogni giorno come mezzo di trasporto. Anche perché è tra i più sicuri al mondo.

 

“A Città del Messico” dice “poco dopo l’inaugurazione dell’impianto nel 2021, c’è stato un nubifragio: vedevi le macchine trasportate via da fiumi d’acqua ma la funivia continuava ad andare”. In molti posti in cui è stata installata come sistema di trasporto urbano, inoltre, le funivie sono diventate anche un’attrazione turistica, che consente di attraversare la città con una prospettiva diversa. “Quello della qualità, del ‘piacere degli spostamenti'” conclude Papa “è un altro aspetto da non sottovalutare e inizia a essere preso in considerazione negli studi più recenti sulla mobilità anche se, ovviamente, le valutazioni di tipo economico, ambientale e sociale hanno la precedenza”.

 

Dall’alto, più vicini alle nuvole, senza lo sferragliare del tram, il rumore del clacson o lo stridere assordante della metro: passata la paura e conquistata l’abitudine, viaggiare in funivia potrebbe insomma rivelarsi più piacevole oltre che ecologico. Anche se ad aspettarci a fine tragitto non c’è un bombardino in baita, ma il caffè alla macchinetta con i colleghi.