La Bce chiede alle banche di tenere conto nella loro attività degli effetti dei cambiamenti climatici come siccità, innalzamento delle temperature e inondazioni. I cambiamenti climatici entrano nelle previsioni della Banca centrale europea su possibili crisi economiche che potrebbero colpire gli istituti di credito sotto la sua sorveglianza definita in termini tecnici macro-prudenziale. Come? Scarsità di acqua e ondate di calore, ad esempio, possono tradursi in un calo della produttività nell’agricoltura e nel settore delle costruzioni, con conseguenti perdite sugli eventuali prestiti concessi alle aziende attive nelle aree più colpite. Non solo. Il rischio di inondazioni, sempre più frequenti anche in aree un tempo escluse da questi fenomeni, può mettere in sofferenza le garanzie sul settore immobiliare, i mutui e perfino i prestiti concessi alle aziende e così via.

La raccomandazione proviene dai primi stress test sul rischio climatico condotti dalla Banca centrale europea guidata da Christine Lagarde, che della lotta ai cambiamenti climatici ha fatto una sua battaglia personale, nel periodo gennaio-luglio 2022.

Le pressioni per cambiare rotta

Vero è che le banche e altre società subiscono crescenti pressioni da parte dei loro azionisti e dei gruppi ambientalisti affinché agiscano rapidamente per ridurre l’impronta di carbonio delle loro attività. Ma il test della banca centrale ha anche rilevato che la maggior parte delle banche della zona euro non dispone affatto di un quadro per la modellizzazione del rischio climatico e in genere non lo prende in considerazione quando concedeva prestiti. Insomma, secondo la Bce serve maggiore sensibilità sul tema anche da parte del mondo del credito europeo e cambiare le procedure interne con maggiore convinzione.

La difficile valutazione del rischio climatico

Premesso che la valutazione del rischio climatico sui bilanci degli istituti di credito non è affatto una operazione facile, in generale, segnala la Bce nello stress test, le banche “mancano di strategie solide” atte a valutare i rischi climatici e nel differenziare tra i vari scenari possibili nel lungo termine e si limitano a ridurre le esposizioni nei settori produttivi più inquinanti. Servirebbe, invece, sottolinea sempre la Bce, che gli istituti considerino canali di trasmissioni del rischio sia diretti sia indiretti nei loro piani strategici di lungo termine.

Le stime di perdite per le banche

Ma c’è di più. L’Eurotower di Francoforte ha segnalato sempre nel corposo report di 50 pagine come la maggior parte delle banche europee potrebbero registrare perdite complessive per circa 70 miliardi di euro sui crediti e sul mercato a causa degli shock finanziari ed economici derivanti dai rischi climatici, se questi non verranno affrontati in modo ordinato nel breve termine.

Anche Andrea Enria, presidente del Supervisory Board della Bce, (l’ente della Bce che vigila sulle grandi banche europee) ha spiegato come gli istituti di credito del Vecchio Continente debbano “intensificare con urgenza gli sforzi per misurare e gestire il rischio climatico colmando l’attuale carenza di dati e adottando buone pratiche che sono già presenti nel settore”. La Bce ha affermato che i risultati non avranno un impatto sulla quantità di capitale che le banche dovranno avere e alimenteranno solo il suo lavoro di vigilanza “da un punto di vista qualitativo”.

Lo stress test fatto dalle 41 banche dell’area euro che hanno partecipato sulle potenziali perdite derivanti dai rischi climatici prende in considerazione un incremento nel breve termine dei prezzi delle emissioni ma anche rischi di alluvioni, siccità e innalzamento delle temperature. Questi rischi, osserva l’analisi fatta dalla Bce, hanno impatti molto diversi sul business delle banche che hanno cioè una vulnerabilità diversa a seconda dei settori produttivi e delle aree geografiche a cui sono maggiormente esposte con il proprio business di riferimento.