I software dei videogame? Nascono dall’osservazione degli stormi degli uccelli. E per risolvere il problema del traffico nelle nostre metropoli è bastato, si fa per dire, creare algoritmi ispirati al comportamento delle formiche. Ancora: è un piccolo pesce tropicale, il pesce scatola, ad aver influenzato la progettazione di automobili più efficienti dal punto di vista energetico. La giornalista e scrittrice Mathilde Fournier pone l’accento sulla cosiddetta biomimesi, la capacità di sviluppare tecnologie, spesso innovative e sostenibili, basandosi sull’osservazione e sull’imitazione dei processi naturali. Nulla di straordinariamente nuovo, se è vero che miti come quello di Dedalo e Icaro nascono proprio dal desiderio malcelato di imitare la natura e del resto anche l’architettura di città come la cinese Hongcun, che riprende la struttura del sistema digestivo di un bue, testimoniano quanto preziosa sia l’osservazione del mondo naturale, per noi umani. Un fenomeno più diffuso di quanto si possa immaginare, che Fournier ha tradotto in un volume ampio e dettagliato dal titolo “Biomimesi – quando la natura ispira la scienza” (Edizioni Lswr), e che in tempi di algoritmi e intelligenza artificiale resta particolarmente attuale.

In principio furono lo stercorario e la ruota
“Le stesso Leonardo Da Vinci – spiega Fournier – dedusse che un uccello è un meccanismo che funziona secondo le leggi della matematica e l’uomo, per volare, non dovesse fare altro che mettere a punto una macchina in grado di riprodurre tutti i suoi movimenti”. Con il suo ornitottero non tutto andò per il verso giusto ma la strada, certo, era tracciata. E la prima grande invenzione della storia, la ruota, ha molto a che vedere con l’osservazione dello scarabeo stercorario, abilissimo nel costruire e poi far rotolare palline di sterco perfettamente sferiche. Ma non finisce qui, anzi. Non tutti sanno, per esempio, che Craig Reynolds nel 1986 partì, per le sue ricerche, da una semplice domanda: come fanno gli uccelli nello stormo a mantenere un certo grado di coesione evitandosi a vicenda? Individuò tre regole alla base di un modello che sarebbe poi diventato cruciale per lo sviluppo di film d’animazione e videogiochi: separazione (mantenere una distanza dagli altri), allineamento (muoversi nella stessa direzione); coesione (mantenere la posizione nello stormo).

Se le formiche ci insegnano a orientarci
Dalle formiche, dalle api e dalle termiti abbiamo invece ricavato l’evoluzione di un linguaggio matematico che prevede, per l’appunto, gli “algorimi delle colonie di formiche”. In fondo è bastato osservarle: il formicaio non rappresenta una società gerarchica perché la regina non dirige le operaie e non dispone di maggiori informazioni rispetto a qualsiasi altra formica su ciò che accade all’interno del formicaio. Piuttosto, le formiche comunicano scambiandosi i feromoni, che analizzano mediante le antenne: così i membri della colonia ricavano le informazioni essenziali, come lo stato di salute e di nutrizione degli esemplari che incontrano. Ma per risolvere problemi complessi – per esempio trovare il percorso più breve verso una fonte di cibo – ricorrono all’intelligenza collettiva. Accade questo: gli individui che hanno trovato il percorso più breve ritornano più velocemente al formicaio, e la loro scia di feromoni, più fresca, attira un numero maggiore di consimili che, a loro volta, lasceranno una scia più consistente, e così via. Un meccanismo che ha “illuminato” l’uomo nell’ individuazione delle soluzioni ideali per evitare gli intasamenti nella circolazione dei veicoli. E non finisce qui: la formica del deserto del Sahara (Cataglyphis bicolor) è in grado di ritrovare la strada stabilendo la propria posizione in rapporto al sole, “leggendo” la luce. Così i ricercatori di robotica dell’Università di Zurigo sono riusciti a creare un piccolo robot, chiamato Sahabot, dotato di un dispositivo visivo identico a quello della formica del deserto e in grado di orientarsi allo stesso modo: un meccanismo che potrebbe presto consentire la realizzazione di un nuovo sistema GPS.

L’auto perfetta? Guardate il pesce scatola
Gli ingegneri di Mercedes-Benz si sono invece ispirati alla forma cubica del pesce scatola (Lactoria cornuta il nome scientifico), un variopinto abitante degli ecosistemi per progettare un nuovo prototipo di automobile che fosse maneggevole, veloce ed economica: una lezione di idrodinamica, non certo la prima, che arriva del mondo animale e consente risparmio (la sua modalità di spostamento richiede poca energia), la solidità (per resistere agli urti il pesce scatola possiede un’ossatura rigida, sotto forma di scaglie che ricoprono il suo corpo) e maneggevolezza (il pesce scatola si muove in spazi molto stretti). Per la cronaca, il progetto ha funzionato, eccome: oltre a consumare solo 4,3 litri di carburante per 100 km, la Bionic Car garantirebbe un risparmio del 20% rispetto ai veicoli equivalenti.Ma gli esempi di biomimesi sono decisamente numerosi: dalla lamiera ondulata alle proprietà del bambù alle piccozze degli alpinisti che prendono le mosse da un’attenta osservazione dei picchi, fino alla sorprendente ‘architettura evolutiva di Eugene Tsui, l’architetto cino-americano che studia la natura, gli insetti e gli animali per progettare architetture sostenibile, spesso ispirate agli insetti. Per tacere delle protezione dei telefoni portatili, per le quali il designer Franco Lodato ha guardato a un esempio efficace, sui fondali marini: quello del carapace di astici e aragoste.“Le soluzioni tecnologiche sono spesso già presenti in natura. – sottolinea così Fournier – Esistono già sistemi passivi di climatizzazione e di estrazione delle acque, così come rivestimenti asettici e colle industriali per il legno senza elementi tossici, o ancora rivestimenti per l’edilizia autopulenti: basta guardare alle caratteristiche dello squalo, della cozza e del loto”. E non finisce qui.