“Abbiamo un problema di comunicazione. Parliamo sempre, e per fortuna, di crisi climatica, ma questo ci fa dimenticare che siamo nel bel mezzo di una crisi ecologica a 360 gradi. Chi ne fa le spese è soprattutto la biodiversità. E noi siamo biodiversità. Noi siamo natura”. Valeria Barbi, politologa e naturalista 38enne di Pordenone, ci tiene a ricordarlo. Per quanto l’essere umano si sia sentito superiore alle altre specie, di questo ecosistema da tutelare non è che un piccolo anello. “Solo lo 0,01%. E quanti danni abbiamo fatto!”.

Proprio per documentare la crisi ecologica e la perdita di biodiversità, Barbi è pronta a partire per un viaggio lungo un anno, percorrendo 30mila chilometri attraverso 14 Paesi, da Prudhoe Bay, in Alaska, a Ushuaia, in Argentina. La sfida della Panamericana. “L’idea è nata per necessità”, spiega Barbi. “Volevo raccontare tutto quello che stiamo perdendo, sia perché il lockdown ha fatto crescere il mio desiderio di vedere il mondo, sia perché dopo aver intervistato David Quammen, autore del libro Spillover, l’evoluzione delle pandemie, avevo il timore che le persone potessero collegare la natura al Covid e, per reazione, aver voglia di distruggerla”.

Valeria Barbi durante un trekking al Lago di Barrea, Abruzzo
Valeria Barbi durante un trekking al Lago di Barrea, Abruzzo 

Barbi si è chiesta quindi quale fosse il luogo migliore per questa missione e armata di mappamondo non ha avuto dubbi: la Panamericana, crocevia di culture, tradizioni ed ecosistemi. Foreste e giungle, deserti e montagne, spiagge e praterie. Specie in via di estinzione e paradisi in pericolo. Uomini e donne, indigeni e associazioni, impegnati nella conservazione del territorio. Tutti gli ingredienti della storia che voleva raccontare.

Insieme a Davide Agati, suo compagno nella vita e in questo caso anche nel lavoro, ha pianificato ogni tappa, mappato il territorio, studiato gli impatti dell’uomo, organizzato gli incontri con le associazioni. Così, dopo 18 mesi di lavoro, è nato Wane, sparire in inglese, parola che racchiude il destino della biodiversità se non cambiamo rotta, ma è anche l’acronimo di We are nature expedition, Spedizione noi siamo natura, un vero e proprio reportage giornalistico, in italiano e inglese, per raccontare la crisi ecologica e la biodiversità come mai prima d’ora. Con loro anche il cane Thabo, fedele compagno di avventure e custode del branco, chiamato con la parola che in setswana, una lingua bantu dell’Africa meridionale, significa “gioia”.

Valeria Barbi mentre pianifica le tappe di Wane
Valeria Barbi mentre pianifica le tappe di Wane 

Dopo una triennale in comunicazione e giornalismo e una specialistica in relazioni internazionali con focus sulla politica climatica, Barbi ha coronato il suo percorso di studio scientifico della natura con una laurea in scienze naturali. Nella vita è docente, consulente e divulgatrice scientifica specializzata in biodiversità, cambiamento climatico e transizione ecologica e sta per pubblicare il libro Che cos’è la biodiversità con Edizioni Ambiente. Forte del suo bagaglio è la responsabile scientifica di Wane, mentre Agati, esperto di cloud e appassionato di fotografia, è il referente tecnico della spedizione e si occuperà di foto e video.

Per spostarsi hanno scelto un van, ribattezzato aVANscoperta. “Un nome, un programma”, ride Barbi. “Sarà la nostra casa e il nostro ufficio su ruote”. Un mezzo indipendente dal punto di vista energetico, dotato anche di pannelli solari e studiato a misura di nomadi digitali. “Purtroppo però non saremo completamente a emissioni zero. Per via di distanze da percorrere e altitudini a cui ci troveremo, non potevamo scegliere una soluzione elettrica”, si rammarica. Ma l’anidride carbonica prodotta verrà compensata da ZeroCO2 piantumando alberi in una comunità di ex guerriglieri in Guatemala.

Il van verrà spedito con un cargo da Anversa ad Halifax, nella costa est del Canada. Il 4 luglio dalla Nuova Scozia Barbi e Agati, arrivati in aereo, inizieranno il loro viaggio. Si dirigeranno verso Ovest per circa 8mila chilometri fino a Prudhoe Bay, nell’oceano Artico. Già in Alberta incontreranno una delle prime associazioni, la Yellowstone 2 Yukon, che crea corridoi ecologici per tutelare la fauna locale, in particolare i grizzly. Poi una volta giunti in Alaska proseguiranno verso la Terra del Fuoco.

Lungo la strada raccoglieranno storie e testimonianze, cercheranno di capire come la relazione tra gli esseri umani e la natura è cambiata, ma soprattutto – grazie ad attivisti, esperti e associazioni come Rescade de Lobos, Pelagios Kakunha, Museo d’orbigny, RAREC e Costa Rica Wildlife Foundation – proveranno a essere la voce di quelle specie che cercano di sopravvivere e adattarsi a una crisi senza precedenti.

L’avventura durerà 13 mesi, fino ad agosto 2023. La più lunga per Barbi, nonostante sia una grande viaggiatrice. “Ho girato tanto da sola, zaino in spalla, anche in Libano e in Siria. Sono abituata agli imprevisti e, anzi, sono una parte del viaggio che amo”. Ma questa volta c’è qualche preoccupazione in più. “Attraversare lo stretto di Panama, per esempio, perché il Darién gap è gestito dai narcos e non può essere percorso a piedi, ma solo con un cargo. Che se tutto va bene passa una volta al mese. Oltre al fatto di parlare di crisi ecologica in luoghi del Sud America dove gli ambientalisti vengono uccisi“.

Valeria Barbi al Bryce canyon, Utah, Stati Uniti
Valeria Barbi al Bryce canyon, Utah, Stati Uniti 

C’è qualcosa però di cui Barbi ha davvero paura. “Mi spaventa quello che vedrò”, ammette. “Leggere dell’estinzione di una specie è una cosa, vederne gli ultimi esemplari, o essere testimoni di deforestazione e bracconaggio, è tutta un’altra cosa”. Ma ha anche una speranza: quella di far capire l’importanza di ogni singola specie. “Le politiche di conservazione – spiega – sono state portate avanti per la maggior parte dall’occidente. Ma in luoghi dove si fatica a mangiare è difficile far capire l’importanza della salvaguardia della biodiversità. Il lavoro di Wane e delle associazioni è proprio quello di cambiare il modo in cui le persone vedono la natura e ci si rapportano”.

Barbi racconterà il progetto durante il primo Festival di Green&Blue, il 5 giugno a Milano. E nonostante debba ancora partire, pensa già al futuro. Vorrebbe che Wane fosse un progetto pilota, il primo di una serie che racconti l’Africa, l’Europa, l’Asia. “Se riusciremo nell’impresa – conclude – sarà merito di tutti coloro che incontreremo lungo la strada, di qualunque specie siano”.