Il nuovo reattore nucleare messo in funzione in Finlandia nella notte tra il 20  e il 21 dicembre, il più potente in Europa e il primo dopo 15 anni dall’ultima accensione, innescherà probabilmente una doppia reazione a catena. Da una parte i fautori dell’energia atomica, che vedranno nell’inaugurazione dell’impianto la prova della bontà della tecnologia per sostituire rapidamente i combustili fossili. Dall’altro gli oppositori, secondo i quali proprio la storia del reattore Olkiluoto 3 dovrà indurre a non avventurarsi in una nuova era nucleare.

Per ora, l’unica reazione a catena è quella di fissione degli atomi che sta producendo energia nella centrale di Rauma, 260 chilometri a nord-est di Helsinki. Si tratta di una fase sperimentale, con il reattore spinto fino al 25% del sua potenza di esercizio (a regime dovrebbe generare 1600 megawatt, pari al 15% del fabbisogno finlandese) e non ancora collegato alla rete di distribuzione. Nel mese di gennaio arriverà al 30% della potenza per poi crescere fino al 100% entro il prossimo giugno.

 

La tecnologia è francese: si tratta infatti di un Epr (European pressurized reactor) realizzato dalla transalpina Areva. D’altra parte quello di Parigi è l’unico governo europeo, e tra i pochi al mondo, ad aver continuato a investire nel nucleare, in patria e all’estero. E non a caso è proprio la Francia a spingere perché l’energia atomica venga inserita nella Tassonomia verde al vaglio della Commissione europea: un traguardo che pochi giorni fa sembrava alla portata del presidente Macron e che ora pare essersi allontanato per l’opposizione del nuovo governo tedesco, nel quale giocano un ruolo cruciale i Verdi del vicecancelliere Robert Habeck e della ministra degli Esteri Annalena Baerbock.

Il varo di Olkiluoto 3 potrebbe dare nuova energia a chi sostiene che solo il nucleare ci consentirà di rinunciare a carbone, gas e petrolio, abbattendo così le emissioni di CO2, in tempo per evitare la catastrofe climatica. Ma proprio ai tempi (oltre che ai costi di realizzazione e gestione) si appellano gli oppositori dell’atomo, che hanno sempre indicato nel nuovo reattore finlandese, la cui prima pietra è stata posata nel 2005, un esempio da non seguire: l’impianto che ha preso il via l’altra notte, avrebbe in realtà dovuto entrare in funzione dodici anni fa, nel 2009. E sarebbe dovuto costare 3,2 miliardi di euro, mentre a oggi il prezzo è lievitato a 8,5 miliardi. Una sorte analoga è toccata all’Epr di Flamanville, in Normandia, atteso per la fine del 2022, dopo rallentamenti che hanno fatto accumulare un ritardo di dieci anni e un costo più che triplicato.

L’altro ostacolo per un ritorno europeo al nucleare è rappresentato dalla percezione dell’opinione pubblica. Se Olkiluoto 3 è partito lo si deve anche al diffuso consenso che l’energia atomica riscuote tra i finlandesi: secondo un recente sondaggio commissionato da Finnish Energy, l’associazione che riunisce le compagnie energetiche del Paese nordico, circa il 50% della popolazione vorrebbe aumentare la quota di nucleare nella produzione di energia, circa il 25% trova adeguato il livello attuale, solo il 18% ridurrebbe la produzione nucleare. Numeri difficilmente riscontrabili in altre nazioni europee. A cominciare dall’Italia.