“Succede questo, quando usciamo di casa. Che non sappiamo se al ritorno il mare salirà, e quanto salirà. Sappiamo però che chiese e scuole sono pronte a darci ospitalità. E sappiamo anche questo: che i nostri nonni resteranno a casa, perché non sono disposti ad abbandonarla, anche quando il mare sommergerà le nostre isole. E credetemi: di questo passo avverrà, anche abbastanza presto”. Selina Leem, classe 1998, sceglie con cura le parole, in inglese, e adotta un tono perentorio e grave quando racconta al mondo come e perché le Marshall, un migliaio di isole e isolette, atolli corallini nel cuore del Pacifico centro-orientale, rischiano di sparire.

“E con loro noi, che conviviamo con la paura di vedere le nostre case, ad appena due metri sul livello del mare, letteralmente inghiottite dal mare e intanto abbiamo già dovuto fare i conti con l’impossibilità di portare avanti le colture: la salinità dell’acqua rende i terreni poco fertili e le alte maree, che negli ultimi anni sono sempre più frequenti, hanno avuto un impatto devastante sulle attività agricole. E da qualche tempo, benché le Marshall siano isole dalla forte impronta religiosa, in molti hanno smesso di credere ai segni divini comprendendo, piuttosto, che la colpa sia esclusivamente dell’uomo, il vero responsabile degli stravolgimenti climatici”.

Già ambasciatrice delle Marshall nel film prodotto da Leonardo DiCaprio “Before the flood”, e più giovane oratrice alla Cop21 di Parigi, Selina fa tappa in Italia, ospite dell’evento “Echi delle Distanze”, curato da Wakeupandream per Procida Capitale Italiana della Cultura. Lei è con il collettivo “Small Island Big Song”, una piattaforma di musicisti delle piccole isole del mondo accomunati dal desiderio di lanciare, tutti insieme, un grido di allarme sugli effetti della crisi ambientale che minaccia il Pianeta. E che rischia di tradursi nella scomparsa degli arcipelaghi più fragili, minacciati dall’innalzamento del livello del mare legato al cambiamento climatico. Tra questi, per l’appunto, le “sue” Marshall, “spesso sommerse dall’acqua”, racconta Selina. Lei vive a Majuro, la capitale della Repubblica delle Isole Marshall, che conta quasi 28 mila abitanti diffusi su un atollo di 64 isolette.

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“Ma la nostra – riattacca Selina – è spesso stata la voce dei poveri, di fronte alle grandi nazioni occidentali. Proprio per questo è importante ascoltarci, perché siamo i primi a vivere sulla nostra pelle, quotidianamente, gli effetti del riscaldamento globale. Se non riusciremo a invertire il trend entro il 2030, quel che sta accadendo in questi anni nel mio cortile avverrà in tutto il mondo, anche nel Mediterraneo“.

Qualcuno l’ha definita la Greta Thunberg del Pacifico. Lei non sembra affatto gradire. “Ci siamo incontrate spesso, anche se non ci siamo conosciute. Lei è stata eletta dai media paladina della lotta ai cambiamenti climatici, e del resto è una giovane donna bianca occidentale, una figura ideale. Una voce mainstream che rispetto, ma non sarebbe male se si desse il giusto spazio ai tanti attivisti di colore che personalmente conosco e si battono tutti i giorni per far sentire all’Occidente il proprio grido di dolore”.

Selina gira il mondo, ma non dimentica di sensibilizzare anche e soprattutto i suoi vicini di casa, “anche il più piccolo degli atolli, dove però il problema è molto noto. Il vero punto – aggiunge – è che le nostre isole pagano un prezzo altissimo al climate change benché partecipino in modo assolutamente insignificante alle emissioni di CO2. Un paradosso”.

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Passeggiando tra le case colorate dell’isola di Procida, rapita dalle sue atmosfere (“Che strano, per me, un’isola in cui può capitarti di guardarti intorno e non vedere subito il mare”) e accompagnata dall’amica BaoBao Chen, che arriva da Taiwan ed è la produttrice dell’intero progetto Small Island Big Song, Selina parla anche di disuguaglianze di genere, malattie trasmissibili, difesa delle identità culturali del suo popolo, una piccola comunità di poco più di 52 mila persone. Poi però riparte spedita: “È passato il tempo delle discussioni. Questo è il decennio di un’azione rigorosa, inclusiva ed equa, perché l’equilibrio del nostro Pianeta è stato ribaltato. Politici e leader di multinazionali stanno portando avanti un’agenda distruttiva: non abbiamo altra scelta se non convincerli a cambiare rotta. Bisogna impegnarsi a livello locale, nazionale e internazionale per accelerare un cambiamento epocale non più rinviabile. Io ci sono e non mi tiro indietro, costi quel che costi. Lo faccio per il futuro del Pianeta, lo faccio per le case dei miei nonni che domani potrebbero essere sommerse dal mare”.