“Le politiche fiscali italiane frenano la crescita delle auto elettriche”: ecco la denuncia di Transport & Environment (T&E), un’organizzazione no-profit e politicamente indipendente con sede a Bruxelles, che da oltre 30 anni promuove la sostenibilità del settore trasporti europeo attraverso un cambiamento delle politiche dell’UE. E che per una questione di trasparenza ogni anno pubblica la lista dei propri finanziatori nel proprio rapporto annuale.

E la nuova analisi è un atto di accusa importante per l’Italia perché

“Di norma – spiegano infatti i ricercatori – la fiscalità applicata al settore auto dovrebbe imporre costi maggiori a chi inquina di più. In Italia, tuttavia, sembra essere in vigore il principio inverso. Una scelta che ha una conseguenza ben precisa: rallentare il processo di elettrificazione,  collocando il nostro Paese nelle retrovie rispetto a molte altre nazioni europee. Non solo grandi economie come la Francia ma anche mercati più piccoli come Portogallo, Romania e Ungheria, solo per fare alcuni esempi”.

Lo nuova analisi di Transport & Environment (T&E), prende in considerazione sette forme di tassazione e due tipi di registrazione (privata e aziendale) e valuta gli incentivi a sostegno della domanda. Da qui si scopre che “le tasse italiane, afferma inoltre T&E, non seguono neppure un criterio di equità poiché non penalizzano abbastanza le auto di nuova immatricolazione maggiormente emissive, che sono anche le più costose e sono tipicamente l’opzione di acquisto delle fasce più abbienti della popolazione”.

NEW: How are cars taxed in your country? ????

We have looked at car taxation in 31 countries in Europe. What does it tell us?

Smart taxation policies ??quicker uptake of EVs.

Check out the Good Tax Guide for more ?? https://t.co/n6K8JExZeF

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— Transport & Environment (@transenv) October 27, 2022

Un esempio? La tassa di immatricolazione, che nella maggior parte dei Paesi europei è legata al potenziale emissivo di gas serra: gli acquirenti francesi che intendono comprare un’auto che rilascia oltre 200 gCO2/km arrivano a pagare allo Stato fino a 40mila euro di imposte; in Italia la tassa corrispondente è invece scollegata dalle emissioni del veicolo.

Un disastro poi la situazione degli incentivi all’acquisto, perchè qui l’Italia rappresenta poi un’eccezione ancor più negativa. “Oltre a offrire, nel confronto con le altre nazioni, un sostegno economico modesto agli acquirenti di veicoli elettrici a batteria (BEV) – denuncia la ricerca – il nostro è praticamente l’unico Paese in Europa a prevedere incentivi per l’acquisto di automezzi con emissioni fino a 135 gCO2/km. Si tratta, in altre parole, di quegli stessi veicoli che in Francia vengono tassati all’acquisto perché inquinanti.  Quello che nella nazione transalpina è considerato un malus dal punto di vista ambientale, in Italia viene addirittura incentivato. E anche questa, a ben vedere, è una delle ragioni che spiega il calo di vendite di auto elettriche registrato nel 2022″.

Cosa fare? Le principali associazioni ambientaliste italiane hanno le idee chiare, molto chiare, al punto che già lo scorso luglio hanno fatto ricorso al TAR contro gli incentivi all’acquisto erogati dal governo (il fondo di 1,84 miliardi, il 25% dei quali – 440 milioni – è destinato all’acquisto di veicoli endotermici). E i numeri gli danno ragione perché la quota prevista per il 2022 (170 mln) è ormai esaurita. Il che significa che lo Stato ha già finanziato l’acquisto di 85 mila nuove auto “fossili”, una flotta di veicoli che nel suo arco di vita potrà emettere oltre 1,7 milioni di tonnellate di gas serra.

“Le politiche fiscali sono un elemento determinante per disincentivare la mobilità inquinante e favorire l’ingresso e l’espansione di veicoli a zero emissioni sul mercato dell’auto”, spiega Elena Lake, Electric Fleet National Lead di Transport & Environment. “I risultati dell’analisi di T&E dimostrano che la tassazione e i meccanismi fiscali messi in campo in Italia sono troppo deboli per avere un impatto positivo e spesso vanno addirittura nella direzione sbagliata”.

Possibile non ci sia nulla di positivo in qurtto questo? Qualcosa c’è. Ed è legato all’unico parametro fiscale collegato alle emissioni di CO2 del mezzo, ossia la tassazione dell’auto aziendale come fringe benefit. Anche su questo fronte, tuttavia, l’Italia è chiamata a fare molto di più perché poi alla fine le auto aziendali rappresentano il 36% delle vendite annuali, hanno indici di emissione più alti rispetto ai mezzi privati (poiché utilizzate più intensamente) e sono il principale bacino potenziale per l’attivazione di un mercato di seconda mano dell’elettrico.

In questo senso – per noi – un esempio virtuoso potrebbe essere quello del Regno Unito, dove la grande differenziazione in termini di tassazione per classi di emissione dei fringe benefit ha portato ad avere una quota di auto elettriche, nelle flotte aziendali, che si avvicina al 20%, contro l’esiguo 5,4% registrato nel nostro Paese. La misura adottata qui da noi – che prevede appena il 5% di differenziale tra un’auto a zero emissioni e un veicolo capace di rilasciare fino a 159 gCO2/km – è troppo timida per disincentivare l’acquisto di veicoli inquinanti, oltre ad avere l’aggravante di non distinguere tra i veicoli che sono realmente a emissioni nulle e le auto ibride plug in.  

“Proprio le auto ibride plug-in, ricorda infatti T&E, possono emettere fino a 8 volte di più rispetto ai valori dichiarati, con impatti complessivi appena inferiori alle tradizionali endotermiche. Gli incentivi per questo tipo di “fake electric” sono stati rimessi in discussione in Germania, dove verranno eliminati a partire dall’anno prossimo, e in Belgio, dove la possibilità di dedurre l’auto ibrida come costo aziendale si esaurirà nel 2026″.

Ma ora, secondo T&E, bisogna cambiare il sistema di tassazione delle auto. “Con la legge di Bilancio 2023 è arrivato il momento per i legislatori Italiani di adeguare il sistema nazionale agli standard europei. La tassazione va collegata sia alle emissioni che al prezzo del veicolo, con una fiscalità adeguata al processo di transizione verso una mobilità sostenibile, accessibile e sicura per tutti”, conclude Lake.