Desertificazione e degrado del suolo avanzano in tutto il Pianeta: nel mondo circa mezzo miliardo di persone vivono in aree di grave deterioramento. Un fenomeno che colpisce anche l’Europa. L’impatto della desertificazione in Italia è già evidente su circa il 28% del territorio, principalmente nelle regioni meridionali, dove le condizioni climatiche contribuiscono fortemente all’aumento della vulnerabilità in queste zone. Ma peggioramenti sono evidenti anche in Veneto, Piemonte e Emilia Roamgna. Lo evidenzia l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), nel suo report in vista della Giornata Mondiale per la lotta a desertificazione e siccità del 17 giugno. E non è solo una questione di temperature. Tra le cause del degrado la perdita di qualità degli habitat, l’erosione del suolo, la frammentazione del territorio, la densità delle coperture artificiali. 

 L’Ispra dunque ha illustrato le azioni messe in campo, sia a livello europeo e nazionale per il raggiungimento degli obiettivi di Land Degradation Neutrality, sia i principali risultati della COP 15 che si è svolta ad Abidjan (Costa d’Avorio) dal 9 al 20 maggio. “Tutto il Pianeta – si legge nei report – è soggetto a fenomeni di degrado del territorio e del suolo rapidamente crescenti, che minano la fornitura dei servizi ecosistemici sui cui si fonda la vita umana e che è il risultato di azioni di sovrasfruttamento indotte dall’uomo, causando il declino della sua fertilità, della biodiversità che ospita, con evidenti danni complessivi anche alla salute umana, azioni i cui impatti sono fortemente inaspriti dai cambiamenti climatici”.

Ogni ritardo una sconfitta

Il tempo è una questione fondamentale e ogni ritardo è una sconfitta. Secondo le stime del Global Land Outlook – sottolinea l’Ispra – il 70% delle aree libere da ghiacci è stato alterato dall’uomo, con conseguenze dirette e indirette su circa 3,2 miliardi di persone e si prevede che entro il 2050 questa quota possa raggiungere il 90%.  Attualmente circa 500 milioni di persone vivono in aree dove il degrado ha raggiunto il suo massimo livello, ossia la perdita totale di produttività definita come desertificazione. L’Africa, in particolare la zona che si trova a sud del Sahara, è la più colpita da questo fenomeno: il 73% delle terre aride coltivabili sono già degradate o già completamente desertificate; anche Asia, Medio Oriente, Sudamerica presentano un alto rischio di degrado del suolo. Persino Paesi fortemente sviluppati, come gli Stati Uniti o l’Australia, presentano aree con alto rischio di desertificazione, come ad esempio negli Stati centrali e occidentali degli Stati Uniti.

In attesa di una nuova legge europea

Nell’Unione Europea i Paesi più coinvolti e che si sono dichiarati affetti da fenomeni di desertificazione e da effetti della siccità sono quelli del bacino Mediterraneo: oltre l’Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Croazia, Cipro e Malta, ma non sono immuni da analoghi fenomeni l’Ungheria, la Slovenia e la Romania. Di fronte a una minaccia crescente occorre rafforzare le misure, fermare e invertire il degrado del suolo. Nel novembre 2021, in collegamento con la Strategia Europea per la Biodiversità, è stata presentata una articolata e ricca Strategia Europea per il Suolo al 2030, che contiene iniziative concrete per proteggere e ripristinare i suoli e garantire che siano utilizzati in modo sostenibile, definendo obiettivi per i terreni sani entro il 2050 e azioni entro il 2030.

La Strategia è il primo passaggio vero la definizione di una nuova legge europea sulla salute del suolo entro il 2023 per garantire parità di condizioni e un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute, per la cui predisposizione è stato avviato un intenso processo preparatorio che vede fortemente impegnati tutti i 27 Paesi. La Convenzione della Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione e agli effetti della siccità (Unccd) è il quadro di riferimento globale, avendo assunto come focus delle sue azioni il raggiungimento della land degradation neutrality. In sintonia con l’Agenda 2030. Ricordando che mandano solo otto anni.