Un anno fa i ricercatori del Cnr-Isac, guidati da Sante Laviola, avevano accertato che le grandinate erano aumentate del 30% nell’ultimo decennio nel Mediterraneo. Oggi, un ulteriore approfondimento del gruppo di Bologna ha portato alla prima mappa dettagliata dei fenomeni grandinigeni che mostra come l’Italia, all’interno dell’area mediterranea, sia il Paese dove le grandinate si registrano con maggiore frequenza.

I dati raccolti ed elaborati da Laviola, Monte, Cattani e Levizzani sono particolarmente preziosi perché non è facile studiare le grandinate, data la loro natura di eventi di breve durata e di limitata estensione spaziale, fattori che complicano notevolmente l’osservazione se non sono disponibili strumenti di misurazione a terra, come i radar. I ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna hanno utilizzato i dati forniti dai satelliti nell’ambito delle indagini sull’incidenza dei temporali grandinigeni nel Mediterraneo, un’area di particolare interesse perché è una di quelle maggiormente colpite dagli effetti del cambiamento climatico. Sono così arrivati a definire la prima mappa globale di grandine ad alta risoluzione, realizzata utilizzando un set completo di dati provenienti dallo spazio.

“Abbiamo analizzato l’intera rete di sensori satellitari che fanno parte della missione spaziale internazionale Global Precipitation Measurements (GPM). Questo tipo di sensori consentono di utilizzare una vasta gamma di frequenze di sondaggio e hanno un’elevata copertura spaziale, offrendo notevoli potenzialità in termini di rilevamento e di indagine delle grandinate”, spiega Sante Laviola, ricercatore del Cnr-Isac e primo autore dello studio.

Secondo questa ricerca, l’Italia risulta essere il Paese dell’area mediterranea maggiormente colpito dagli eventi grandinigeni, trainando l’incremento delle precipitazioni nell’intero bacino. “I valori rilevati indicano che negli ultimi vent’anni il Mediterraneo si sta riscaldando il 20% più velocemente rispetto alla media globale, con la conseguente variazione dei regimi delle precipitazioni, che aumentano per intensità e frequenza. Nonostante ci sia una grande variabilità tra un anno e l’altro, in tutta l’area si può notare un trend di aumento, pari al 30%, per quanto concerne le precipitazioni di grandine sia intense che estreme. In particolare, nella nostra Penisola si è raggiunto il numero medio più alto di questo tipo di precipitazioni, che si concentrano maggiormente nel nord durante l’estate, mentre crescono nel centro-sud tra la fine dell’estate e l’autunno”, prosegue il ricercatore del Cnr.

Strumenti come la mappa e i dati raccolti nell’ambito della ricerca sui fenomeni grandinigeni nel Mediterraneo sono essenziali per migliorare i modelli metereologici e climatici, indispensabili per la gestione del rischio e le strategie per la mitigazione degli effetti della grandine sul territorio e sulle attività dell’uomo. “Una mappa globale di grandine, che può essere prodotta ogni tre ore, fornisce un’informazione – finora inesistente – utile per poter studiare la distribuzione dei pattern grandinigeni su ogni area del Pianeta, e in particolar modo in mare. Se da punto di vista operativo le nostre mappe globali permettono di osservare le grandinate anche su aree del pianeta scoperte da sistemi di misura al suolo, da un punto di vista climatico renderebbero possibile replicare il nostro studio su altri hotspot climatici della Terra”, conclude Laviola.