Sono circa 200 i Paesi e un miliardo le persone interessate dal processo di desertificazione nel mondo; tra quelli, in cui il fenomeno va manifestandosi più rapidamente, si annoverano Cina, India, Pakistan e diversi stati di Africa, America Latina, Medio-oriente, ma anche dell’Europa mediterranea come Portogallo, Spagna, Grecia, Cipro, Malta e in maniera sempre più evidente l’Italia.

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“Sono questi dati a certificare la fondamentale funzione non solo agricola, ma anche ambientale, dell‘irrigazione nei Paesi del sud del continente. Da qui, l’importanza dell’azione svolta in sede comunitaria da Irrigants d’Europe” spiega Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi).

Cosa si intende per siccità?

Un insolito e temporaneo deficit di disponibilità d’acqua, con conseguenti impatti economici, sociali e ambientali negativi (fonte: Ipcc).

Bilancio idrico negativo, dovuto a:

  • carenza di precipitazioni per un periodo di tempo prolungato
  • alte temperature = aumento dell’evapotraspirazione
  • tempistica inadeguata delle precipitazioni.
(fonte: Ipcc)
(fonte: Ipcc

Impatti e Rischi

  • Evoluzione lenta
  • Colpisce tutti i compartimenti del ciclo idrologico (precipitazioni, umidità del suolo, acque sotterranee, serbatoi, flussi fluviali)
  • Gli impatti sono non strutturali, distribuiti su grandi aree e lunghi periodi di tempo (diretti e indiretti), colpiscono molte persone e dipendono dalla vulnerabilità sociale e ambientale (fonte: Ipcc).

La situazione in Italia

L’analisi, condotta su due serie storiche distinte (1990 e 2000) nel nostro Paese e ricordata dall’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche, evidenza che in Sicilia il 70% della superficie presenta un grado medio-alto di vulnerabilità ambientale, seguono Molise (58%), Puglia (57%), Basilicata (55%). Sei regioni (Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania) presentano una percentuale di territorio a rischio desertificazione, compresa fra il 30% e il 50%, mentre altre 7 (Calabria, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Veneto e Piemonte) sono fra il 10% ed il 25%.

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“È evidente che, in questa situazione e senza un’adeguata infrastrutturazione idrica, l’applicazione dei parametri attualmente previsti dalla normativa europea sul deflusso ecologico, sarebbe stata disastrosa per l’economia e l’ambiente di ampie zone del Paese. Da qui la deroga di due anni, decisa dal Parlamento, cui va il nostro grazie”, aggiunge il presidente di Anbi.

Spagna e Grecia

In Spagna, la desertificazione interessa ormai il 72% del territorio, in particolare nella zona oggi conosciuta come il “mare di plastica”, cioè l’area delle serre nel sud del Paese, dove viene praticata un’agricoltura intensiva estrema, con un grande uso dell’acqua di falda. In Grecia si stima che, entro la fine del secolo, almeno il 70% del territorio diventerà arido.

I fenomeni meteo sempre più estremi

L’Onu stima che nel mondo sia già compromessa una superficie ampia tra uno e sei miliardi di ettari e che, nel prossimo futuro, circa 200 milioni di persone saranno costrette a lasciare le proprie terre verso regioni più vivibili; tra le cause principali della desertificazione vi è l’estremizzazione dei fenomeni climatici e conseguentemente l’aridità provocata da fenomeni siccitosi prolungati, ma anche da precipitazioni brevi e violente, che non ristorano, ma erodono il primo strato più fertile di suolo sui terreni assetati.

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L’abbandono delle terre coltivate

Colpevole del degrado dei suoli è anche l’abbandono delle aree coltivate. Esemplare è il caso delle tempeste di sabbia, che hanno colpito in mesi recenti Siria, Iraq (da aprile ve ne sono state già ben 6 con migliaia di ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie) ed altri Paesi confinanti. Tali evenienze non hanno origine, come altresì in passato, dal deserto egiziano e dal Sahara, ma si tratta probabilmente di eventi climatici, favoriti da quanto avvenuto negli ultimi anni nei due Paesi, cioè l’abbandono delle terre coltivate e lo spopolamento dei campi (causa guerra ed eventi siccitosi estremi ) con la conseguente mancanza di quel freno naturale alla sabbia, che erano le coltivazioni. Si prevede che in Iraq, entro il 2050, potrebbero esserci tempeste di sabbia per 300 giorni all’anno.

In Italia sempre più spesso siccità ‘straordinarie’ “deserto e desertificazione sono termini, che spesso vengono confusi – precisa in conclusione, Massimo Gargano, direttore generale di Anbi -. Secondo una definizione, la desertificazione è un processo lento e in qualche modo irreversibile di riduzione o distruzione del potenziale biologico del suolo, legato a diversi fattori come il clima, le proprietà del suolo e soprattutto le attività umane.

In Italia, siccità straordinarie si stanno ripetendo con intervalli di tempo sempre più ravvicinati e le analisi dimostrano come ci vogliano anni per tornare alla normalizzazione dei regimi idrici. Pur in assenza di importanti interventi di contrasto come la legge contro l’indiscriminato consumo di suolo o il piano laghetti, proposto da Anbi e Coldiretti, si tende tuttavia a non utilizzare più la parola irreversibile. Accontentiamoci”, conclude amaramente il direttore dell’Anbi.

(fonte: Utilitalia)
(fonte: Utilitalia) 

I consumi in Italia: 215L al giorno (contro i 125L dell’Ue)

 

In Italia il consumo pro capite di acqua potabile resta molto elevato: si attesta (dato Istat 2018) a 215 litri per abitante al giorno, contro la media europea di 125 litri; per di più, nei Comuni capoluogo e Città metropolitane italiane, il dato (anno di riferimento 2020, Istat) sale ulteriormente fino a 236 litri.

I principali consumi dell’acqua riguardano:

  • irrigazione 51%,
  • industriale al 21%,
  • civile 20%,
  • energia 5%,
  • zootecnica 3%.

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Le fonti di approvvigionamento di acqua per uso civile, per i nostri rubinetti, sono:

  • per l’84,3% acque sotterranee,
  • per il 15,6% acque superficiali (corsi d’acqua, laghi e invasi artificiali),
  • per l’0,1% acque marine o salmastre.

(fonte: Utilitalia)
(fonte: Utilitalia) 


Clima e imprese idriche: 11 miliardi di investimenti

Per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, le aziende italiane del settore idrico sono pronte a mettere in campo investimenti per circa 11 miliardi di euro nei prossimi 5 anni. Si tratta di serbatoi, nuovi approvvigionamenti, riutilizzo delle acque reflue, riduzione delle dispersioni e interconnessioni tra acquedotti. L’indagine è stata messa a punto da Utilitalia incrociando le linee di investimento previste dal Recovery plan con i progetti delle aziende associate candidabili a essere finanziati dal Pnrr.

Dallo studio è emerso che 7,8 miliardi saranno destinati a interventi per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento idrico delle aree urbane ed una maggiore resilienza delle infrastrutture; altri 3,1 miliardi sono invece stati stimati per contrastare il fenomeno delle dispersioni idriche, per un totale di 10,9 miliardi per progetti dedicati al contrasto ai cambiamenti climatici.

(fonte: Utilitalia)
(fonte: Utilitalia) 

Più in generale, gli investimenti in Italia nel settore idrico (dati: Blue Book Fondazione Utilitatis) hanno raggiunto i 49 euro annui per abitante, un dato in crescita del 22% rispetto al 2017 ma ancora lontano dalla media europea che è di circa 100 euro. Oltretutto nelle gestioni comunali “in economia” – che interessano più di 8 milioni di cittadini soprattutto al Sud – gli investimenti crollano a 8 euro per abitante.

(fonte: Utilitalia)
(fonte: Utilitalia) 

Il riuso dell’acqua in agricoltura e la dissalazione

Una soluzione per compensare periodi come questi e che dovrebbe diventare strutturale, è il riuso di acque depurate in agricoltura. Specialmente quando la sofferenza maggiore riguarda l’approvvigionamento da acque superficiali – cioè fiumi, laghi, bacini, e sorgenti – esposte al caldo e in generale ai cambiamenti climatici. Ogni anno in Europa – secondo dati dell’Unione Europea – vengono “trattati” nei depuratori più di 40 miliardi di metri cubi di acque reflue, ma ne vengono “riusati” soltanto 964 milioni di metri cubi. In Italia si trattano e si riusano ogni anno 233 milioni di metri cubi di acque reflue. Secondo Utilitalia bisogna applicare all’acqua gli stessi principi dell’economia circolare per ottenere effetti virtuosi.

 

Un altro tema sempre più al centro dell’attenzione è quello della dissalazione che, grazie all’evoluzione tecnologica del settore e all’abbattimento dei costi, punta all’idea di pensare al mare come il più grande serbatoio d’acqua potabile. Al momento in Italia, tra le fonti di approvvigionamento idrico, le acque marine o salmastre rappresentano soltanto lo 0,1%: simili impianti sono presenti in Sicilia, in Sardegna e in alcune piccole isole, dove hanno sostituito i vecchi sistemi di alimentazione come il trasporto di acqua potabile su navi cisterna. In Israele, ad esempio, la dissalazione garantisce ormai il 40% dell’approvvigionamento nazionale.