Le stime del Politecnico di Milano dicono che entro 5 anni le comunità energetiche in Italia saranno circa 40mila coinvolgendo 1,2 milioni di famiglie, 20mila uffici e 10mila Pmi. Si tratta di una coalizione di potenziali “prosumer”, cioè produttori e consumatori al tempo stesso di energia rinnovabile, che sposeranno la causa dell’autoconsumo collettivo

Al momento, però, le comunità energetiche restano un miraggio in Italia. O quasi. Gli ultimi dati aggiornati parlano di un numero quasi impercettibile di comunità: poco più di 20 in tutta la penisola, con istallazioni di taglia compresa tra i 20 e i 50 kilowatt picco. Ma la svolta, secondo gli analisti, potrebbe arrivare presto grazie alle misure messe in campo dal governo come l’incentivo di 110 euro per MWh di energia condivisa all’interno della comunità, riconosciuto per un periodo di 20 anni, a cui si aggiungono il rimborso di oneri e i ricavi da cessione in rete dell’energia prodotta e non autoconsumata.

Una spinta ulteriore arriverà dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che prevede finanziamenti di oltre 2 miliardi di euro per favorire la diffusione delle modalità di autoproduzione e autoconsumo collettivo. L’investimento punta ad installare circa 2.000 MW di nuova capacità di generazione elettrica in configurazione distribuita da parte di comunità delle energie rinnovabili e auto-consumatori. Ipotizzando una produzione annua da fotovoltaico di 1.250 kWh per ogni kW, si produrrebbero così circa 2.500 GWh annui, in grado di evitare l’emissione di 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno.

In questa partita, un ruolo strategico lo avranno anche i fornitori di energia che, forti dell’esperienza sul campo, possono accelerare il processo di diffusione delle comunità energetiche offrendo ai soggetti interessati soluzioni e servizi end-to-end (e2e) per attivarle e gestirle: dalla realizzazione e gestione degli impianti fotovoltaici alla creazione e gestione tecnico/economica della comunità stessa, dal monitoraggio della Ce all’ottimizzazione dei consumi attraverso tecnologie efficienti e piattaforme digitali. 

“Per gestire il nuovo business model abilitato dalle comunità energetiche, le energy retailers company hanno la necessità di definire il processo e2e lungo l’intera value chain energy e identificare e qualificare gli impatti sui sistemi esistenti, sull’organizzazione e sulle operations”, premette Paola Testa, EY Europe West Energy & Resources Consulting Leader. In che modo? “Introducendo anche nuove soluzioni SW ed HW che permettano di governare il nuovo business e sfruttare a pieno i dati che può mettere a disposizione, monitorando i flussi di energia prodotti e autoconsumati, ottimizzando l’accumulo di energia e i consumi al fine di massimizzare i benefici per gli utenti e per il sistema, raccogliendo dati di consumo utili per l’elaborazione di offerte luce/gas dedicate e la proposizione di ulteriori servizi al cliente (i così detti VAS – Value Added Service)”, risponde Testa

Il suggerimento: “La discontinuità introdotta con le comunità energetiche non deve quindi essere letta come una minaccia al core business tradizionale in termini di erosione dei volumi, bensì come un’opportunità: un nuovo modo di servire il cliente che, contribuendo alla transizione energetica, abilita nuove opportunità di business”.