Più di 250 capi d’accusa per il massacro dei koala. Fra questi, anche l'”aver causato dolore e sofferenze irragionevoli”, la “distruzione di habitat” e l’uccisione di specie protette. In una decisione che ha pochi precedenti del genere, la Conservation Regulator dello Stato di Victoria in Australia, nelle ultime ore ha formulato centinaia di capi d’accusa contro un proprietario terriero e una società privata che nel febbraio 2020, durante operazioni di bonifica e disboscamento in una piantagione di eucalipto, avevano contribuito con la loro azione alla morte di circa 70 koala.

 

Nella zona dove è accaduta la strage, una piantagione di Cape Bridgewater, a circa 400 chilometri da Melbourne, erano stati trovati 21 koala morti e tantissimi altri feriti, affamati, disidratati o in condizioni estreme, tanto che successivamente le autorità sono state costrette a sopprimerne 49. Molti animali furono uccisi o feriti dal passaggio dei bulldozer e dei macchinari usati per il disboscamento. In totale si stima che siano quasi 200 gli animali colpiti durante tutta l’operazione.

La notizia fin da subito fece scalpore in Australia per la brutalità dell’azione da parte dei privati, un disboscamento “senza pietà” che portò alla morte di questi animali già in difficoltà tra cambiamento climatico, incendi e perdita di ecosistemi, oltre che uno dei simboli del Paese.  Immediatamente, appena fu scoperto il fatto da alcuni testimoni, decine di associazioni ambientaliste chiesero giustizia. Da allora è iniziata una scrupolosa indagine per comprendere quanto accaduto.

L’uomo e l’azienda accusata, che si occupa di movimenti da terra, dovranno adesso affrontare 126 accuse ciascuno, fra cui diversi capi per crudeltà aggravata e per aver contribuito a uccidere animali considerati specie protetta. Le pene possibili per singole accuse di questo tipo vanno da 78mila dollari per l’azienda a 32mila dollari e oltre un anno di carcere per l’imprenditore coinvolto. Inoltre, un’altra impresa dovrà sostenere un singolo reato di crudeltà con l’accusa di aver disturbato la comunità di koala della zona.

 

Per il Wwf negli ultimi anni sono morti solo a causa dei terribili incendi oltre 60mila koala e la popolazione di questi mammiferi è diminuita del 30% dal 2018 ad oggi in tutta l’Australia. Le vite di questi marsupiali sono fortemente compromesse dalla crisi climatica e dai roghi: per cercare di aiutare queste creature di recente un rapporto governativo australiano ha chiesto che lo stato di conservazione dei mammiferi venga ridefinito “in pericolo” in zone come il Queensland o il Nuovo Galles del Sud, dove i koala affrontano un rapido declino.

A febbraio, alla Portland Magistrates Court, è atteso il primo atto del processo che vede coinvolti gli autori del massacro: le associazioni ambientaliste chiedono il massimo delle pene possibili nella speranza che non si ripeta mai più una strage del genere.