Potrebbe essere arrivato dall’Atlantico orientale, attraversando lo stretto di Gibilterra. Oppure, in alternativa, essere stato incautamente rilasciato in mare da un acquario. Un pesce porcospino punteggiato (Chilomycterus reticulatus il nome scientifico) è stato trovato spiaggiato a Santa Marinella, lungo il litorale laziale: è la seconda segnalazione di sempre in Mediterraneo (nel 2008, a Sant’Antioco, la precedente osservazione) per una specie di pesce istrice subtropicale, la cui commercializzazione a scopo alimentare è vietata già dal 1992: può infatti accumulare la tetrodotossina, benché in misura minore rispetto ai pesci palla della famiglia Tetraodontidae.

 

È stato un pescatore a segnalare l’esemplare, lungo 60 centimetri, a Santa Marinella: merito anche della campagna “Attenti a quei 4!“, lanciata nei mesi scorsi da Ispra e Cnr IRBIM per informare i cittadini sulla presenza di quattro pesci alieni potenzialmente pericolosi per la salute umana. E proprio un team dell’Ispra ha recuperato l’esemplare, effettuando le analisi morfologiche e molecolari per l’identificazione della specie: alcune caratteristiche (a partire dal corpo gonfiabile ricoperto di grosse spine, denti fusi in placche e la livrea maculata su dorso e pinne) lo assimilavano infatti al Diodon holocanthus.


Le popolazioni di pesce porcospino punteggiato sono segnalate in incremento nei mari dell’Africa nord occidentale, e in particolare alle Canarie, circostanza che – insieme alle dimensioni particolarmente rilevanti del pesce spiaggiato – rendono plausibile l’ipotesi che sia accidentalmente entrato in Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra“, sottolinea Manuela Falautano, ricercatrice Ispra direttamente impegnata nelle campagne di sensibilizzazione per il riconoscimento di specie aliene potenzialmente nocive per l’uomo.

 

“Benché l’osservazione abbia un carattere episodico, si tratta senz’altro di una nuova conferma dei cambiamenti in atto nel Mediterraneo, un mare che malgrado le sue dimensioni ridotte si rivela il più suscettibile alle invasioni di specie aliene, per numero e per rapidità di diffusione. Nel caso del pesce istrice – continua Faulatano – può fare magari notizia la rarità delle osservazioni: la specie ha una distribuzione circum-globale, popola aree sub-tropicali e temperate e certamente il freno è costituito dalla temperatura del nostro mare, ancora troppo freddo”. Un mare che, però, va gradualmente riscaldandosi. E dunque le cose potrebbero a breve cambiare.

Anche perché se il Chilomycterus reticulatus è un ospite quasi del tutto inedito, sempre maggiore è invece nel Mediterraneo la presenza di pesci palla e pesci istrice. “Proprio così. – conferma Fabio Crocetta, ricercatore della Stazione Zoologica Anton Dohrn, esperto di specie aliene ed invasive – Basti pensare al pesce palla liscio, Sphoeroides pachygaster, che ha invaso il Mediterraneo occidentale a partire dagli anni ’80, espandendosi in poche decadi fino al Mediterraneo orientale e all’Adriatico, uno dei sottobacini più freddi della zona. Oppure al pesce istrice maculato, Diodon hystrix, molto simile alla specie rinvenuta sulla costa laziale, e già conosciuto nel Mediterraneo per ben tre avvistamenti”.

 

“Tra le specie più invasive sicuramente va ricordato anche il pesce palla maculato Lagocephalus sceleratus, con impatti importanti sugli ecosistemi e soprattutto sui giovanili di altri pesci. In generale – prosegue Crocetta –  sebbene il bacino levantino ospiti più specie aliene, tra cui numerosi pesci palla ed istrice provenienti dal Mar Rosso e dall’Indopacifico, anche le coste italiane sono soggette all’arrivo di queste ed altre specie. Nella maggior parte dei casi si tratta di importanti predatori, che possono creare sconvolgimenti delle reti trofiche a diversi livelli. Mentre, sfortunatamente, nulla possiamo contro le specie che arrivano ‘naturalmente’ da areali confinanti, una maggiore attenzione da parte dell’uomo sarebbe auspicabile nel caso di specie che arrivano tramite trasporto navale o rilascio deliberato“.


La segnalazione del pesce istrice, avvenuta attraverso la cosiddetta “citizen science”, ha indotto peraltro Ispra e Cnr-Irbim a rinnovare l’invito a non liberare specie esotiche vive negli ambienti naturali, a limitare le loro possibilità di fuga da ambienti confinati e a segnalare anche per imparare a conoscere le nuove specie esotiche che popolano i nostri mari a partire da quelle potenzialmente pericolose. “Il fatto stesso che a farlo sia stato un pescatore, insospettito da alcune caratteristiche fisiche in comune con il pesce palla maculato, conferma la crescita di una sensibilità diffusa da parte dei cittadini e degli operatori del mare, che sono le nostre prime sentinelle del mare“, aggiunge Falautano.


“Monitorare la presenza di specie aliene o invasive è fondamentale – prosegue – perché le loro alterazioni si possono tradurre in una competizione per lo spazio e per le risorse alimentari, in una predazione diretta, nell’ibridazione con le specie autoctone e nella trasmissione di malattie. Tra i casi più eclatanti i pesci coniglio Siganus luridus e Siganus rivulatus che, a causa della loro attività erbivora, impattano negativamente sulle alghe della zona costiera rocciosa superficiale, le alghe Caulerpa racemosa e Caulerpa taxifolia, che insidiano le praterie di posidonia in regressione, e il pesce palla maculato, Lagocephalus sceleratus, una specie altamente tossica che può causare anche danni ingenti all’attività di pesca”.