Abbiamo tutti un deficit di natura. Trascorriamo troppo poco tempo nel verde e l’equilibrio psicofisico ne risente, come pure la tutela del territorio e l’intera economia nazionale. La ricerca scientifica ha ormai evidenziato che passeggiare in parchi e foreste aiuta a tenere sotto controllo ansia e depressione e a prevenire tumori e ipertensione, ma non è “solo” questo. Scoprire la potenza di un “bagno di foresta” aiuterà – assicurano gli esperti – a prendersi cura del patrimonio forestale e persino a mettere un freno al commercio illegale di legname.

Il metodo giapponese

È lo Shinrin-yoku, metodo giapponese per ritrovare il benessere frequentando i boschi. Ben più di una pratica New age o di una semplice moda, il bagno di foresta non è un insieme di esercizi ma un ponte per entrare in comunione con il mondo naturale attraverso i sensi. Il Giappone ha avviato il primo programma nazionale per lo Shinrin-yoku nel 1982 e nel 2004 ci ha investito un milione e mezzo di dollari per investigare con metodo scientifico gli effetti delle foreste sulla salute umana.

Qing Li, immunologo della Nippon Medical School di Tokio che fu a capo di quella ricerca, è oggi un’autorità mondiale in materia e dirige la Forest Therapy Society: “Immaginate una nuova scienza medica – spiega – che possa rendervi più attivi, rilassati e sani riducendo al tempo stesso i rischi di ammalarvi di cancro, ulcera, ipertensione, malattie cardiache, obesità e di sviluppare disordini alimentari, diventare alcolisti o avere attacchi di panico. Questa scienza medica oggi esiste: è la medicina forestale. Abbiamo dimostrato che i bagni di foresta attivano il sistema immunitario, riducono gli ormoni dello stress, migliorano la qualità del sonno, hanno effetti sulla depressione e la pressione sanguigna, accorciano i tempi delle riabilitazioni. Allo stato attuale parliamo di medicina preventiva, ma il passaggio a una medicina clinica e riabilitativa è imminente“.

Gli studi italiani

La bibliografia scientifica, quasi assente fino a una ventina di anni fa, dal 2019 è letteralmente esplosa e parla di importanti effetti sulla salute mentale e fisica. “Sappiamo che stare nel verde fa bene, ma un conto è questo e un altro è definire gli effetti con metodo scientifico”, dice Francesco Meneguzzo, ricercatore dell’istituto per la Bioeconomia del Cnr dove lavora insieme a Federica Zabini, responsabile nazionale del progetto di terapia forestale. “Studiamo la terapia forestale insieme al centro di riferimento in fitoterapia dell’ospedale di Careggi a Firenze, l’Istituto superiore di sanità, il ministero dell’Agricoltura, l’università Sapienza di Roma e quelle di Firenze e Padova per assegnare significatività statistica ai risultati clinici dell’immersione nei boschi guidata da psicologi e psicoterapeuti. I benefici arrivano attraverso i sensi: ascoltare i suoni di una foresta non contaminata da rumori artificiali induce rilassamento e riduce l’ansia, così come toccare materiali naturali quali legno, rocce e muschio. La visione di strutture ripetitive, frattali, come quelle presenti negli alberi, ha dimostrato di ridurre ansia, depressione e stress e il più sottile e inconsapevole dei nostri sensi, l’olfatto, fa ancora di più: porta all’interno del nostro organismo i monoterpeni emessi dalle foglie delle piante e dal suolo forestale, molecole volatili che sono anche costituenti degli oli essenziali che si usano in aromaterapia e che hanno provati effetti sul benessere psicologico e fisiologico”.

L’ex taglialegna illegale ora protegge le foreste del Vietnam

Le evidenze si vanno consolidando e parlano di miglioramento della salute mentale, dello stato ossidativo, effetti antinfiammatori e rinforzo delle difese immunitarie. Un pacchetto di benefici ben oltre le più quotate Spa, a disposizione di tutti, gratuitamente e vicino a casa. “La sperimentazione è partita nel 2019 – continua Meneguzzo – e ha portato alla pubblicazione di risultati interessanti. Nel 2021 abbiamo condotto la più grande campagna al mondo: 40 sessioni, quasi 900 persone coinvolte nel Centro e nel Nord Italia con misure psicologiche e fisiologiche. Stiamo analizzando i dati e i monoterpeni emergono quali elementi chiave. Abbiamo scoperto per primi che la loro concentrazione è massima due ore dopo l’alba e nel primo pomeriggio: sono quelli gli orari migliori per ottenere il massimo dai bagni di foresta”.

Che si tratti di semplici passeggiate o di percorsi guidati da terapeuti, immergersi nella natura per qualche ora è l’antidoto a tanti dei malanni legati al recente (in termini evolutivi) inurbamento umano. Il sito del ministero della Salute riporta per esempio il caso della cosiddetta ‘Sindrome dell’edificio malato’ (Sick building syndrome), che a causa del cattivo ricambio d’aria porta irritabilità, senso di stanchezza, difficoltà a concentrarsi e che lascia prefigurare una possibile terapia da svolgere nella natura.

Le foreste certificate

“Trascorriamo oltre il 90% del tempo in ambienti chiusi, dove la qualità dell’aria è bassa – dice Marco Mencagli, agronomo specializzato nella creazione di percorsi per il forest bathing – ma ci siamo evoluti all’aperto dove l’aria è più ionizzata, cioè carica di ioni negativi dagli effetti antiossidanti e che facilitano il rilassamento e i processi cognitivi. Fino agli inizi del 2000, pensavamo che l’azione sul nostro benessere arrivasse da una mediazione del cervello, sotto forma di una risposta adattativa che produce risultati fisiologici. Poi abbiamo capito che c’è una risposta biochimica diretta delle cellule. In Italia esiste già una piccola rete di ‘boschi del respiro’, luoghi adatti per bagni di foresta: dal Parco nazionale dei Monti Sibillini a Fai della Paganella, dall’Oasi Zegna alle valli del Natisone. Insieme al sistema di certificazione forestale Pefc (Program for endorsement of forest certification, ndr) abbiamo tradotto in un sistema di punteggi la letteratura scientifica sugli effetti di determinati fattori. Tra questi, per esempio, la presenza di acqua o quella di un paesaggio aperto e di un sentiero non troppo impegnativo: ne è nata una nuova certificazione, con cui è possibile misurare l’idoneità di un bosco a dare benessere”.

In Italia, dove il 40% dei boschi è di proprietà pubblica, le richieste di certificazione non arrivano solo dai privati, ma anche dalle amministrazioni più lungimiranti. A Fiuggi, per esempio, un percorso di un paio d’ore costruito in collaborazione con il Cnr e il Cai è stato certificato nel 2021, in pieno periodo pandemico, e ha fatto registrare il tutto esaurito ogni fine settimana. “L’interesse per il forest bathing è esploso dopo il 2020, perché con il lockdown le persone si sono rese conto di quanto sia importante il contatto con la natura”, spiega Antonio Brunori, direttore di Pefc Italia, associazione internazionale che gestisce 47 sistemi di certificazione forestale a livello globale. “L’elaborazione di una certificazione specifica è la risposta a un’esigenza emersa dalla società civile. Con questo metodo, si valuta e si certifica l’idoneità di un’area forestale, poi lasciamo ai medici misurare il benessere che produce e standardizzare i modi in cui ricavarlo. In Giappone e in Svizzera il Servizio sanitario nazionale riconosce già la forest therapy e il forest bathing come forme di medicina preventiva per i benefici psico-fisici che generano e anche altri Paesi europei stanno valutando il loro inserimento tra le prestazioni del servizio sanitario. Speriamo possa accadere presto anche in Italia”.

Boschi protetti

Un bosco certificato per la sua gestione sostenibile e fruito in modo consapevole è anche più sicuro, diventa economicamente redditizio e viene restituito alla comunità. Certificare la gestione dei boschi è sempre più spesso una necessità, perché consente di tracciare il legname e altri prodotti di origine forestale. Per capirne a fondo il valore basta un dato dell’Interpol: il business illegale più importante al mondo dopo la droga, che genera un fatturato da 200 miliardi di dollari all’anno, è la deforestazione.

Sei semplici azioni quotidiane per ridurre la deforestazione

“Il mercato illegale del legno – spiega ancora Brunori – vale 100 miliardi di dollari all’anno e viene prima delle truffe informatiche e dei rifiuti tossici. L’illegalità nel mondo delle foreste è così grave che un sistema di certificazione è indispensabile. Per il forest bathing si tengono in considerazione aspetti chimici, fisici e la fruibilità dei luoghi. Una certificazione simile assicura la gestione sostenibile di un ecosistema complesso e importante come quello boschivo, che non serve solo a fornire legname e neppure va pensato solo per i suoi pur importanti risvolti turistici, ricreativi e legati al benessere, ma regola il clima, ha insostituibili funzioni idrogeologiche e di riserva della biodiversità, provvede cibo. Solo il 18% dei boschi italiani ha un piano di gestione, il resto è abbandonato. Un bosco curato è più resiliente e se è meta di turismo diventa anche più sicuro, perché più vigilato e meno esposto per esempio agli attacchi incendiari”. Il benessere dell’uomo si fonde così con quello dell’ambiente. Una concezione olistica della natura in pieno stile orientale.