l prossimo 12 e 13 febbraio si vota per le elezioni amministrative nel Lazio e in Lombardia, due Regioni che insieme rappresentano un terzo del Pil nazionale e un quarto della popolazione. Anche in questa occasione purtroppo non possiamo non registrare il fatto che transizione energetica e lotta alla crisi climatica decisamente non siano al centro delle proposte e del dibattito politico.

Si tratta di un retaggio radicato che ancora fatichiamo a superare: in Italia i temi ambientali sono diventati centrali ad un livello di percezione e di sensibilità, vanno bene nei sondaggi d’opinione, insomma, ma non pagano quando si tratta di scegliere chi ci governerà. Ancora fatichiamo a ritenerli essenziali nelle scelte di sviluppo economico e sociale del Paese, come se si potesse ancora parlare concretamente di sviluppo dei territori senza affrontare seriamente il tema della crisi climatica che incombe. Questo nonostante le evidenze climatiche, soprattutto in Italia, ci restituiscano da anni una risposta assai diversa: senza un ambiente sicuro e di qualità non è possibile vivere nel benessere. Basti pensare alla siccità dello scorso anno (che probabilmente si ripeterà anche quest’anno), ai disastri di Ischia e di Senigallia, a cosa significa un mese di gennaio troppo più caldo della media per il turismo invernale, giusto per citare alcuni degli impatti più recenti che sappiamo con buona probabilità essere conseguenza della crisi climatica in corso.

Nel caso delle elezioni regionali, questo retaggio non si esaurisce in una mera constatazione politica e sociale, ma ha delle conseguenze anche molto sostanziali perché le Regioni hanno in capo competenze fondamentali per realizzare la transizione verso la neutralità climatica, soprattutto in materia di energia. Si occupano, ad esempio, di trasporti (l’unico settore che in Italia ancora non ha avviato un processo di decarbonizzazione), di politiche insediative (le case italiane sono fra le più vetuste ed energeticamente inefficienti d’Europa), di autorizzare impianti rinnovabili.

Proprio sulle rinnovabili il ruolo delle Regioni è diventato particolarmente essenziale ed ha costituito un caso anche politico degli ultimi anni. Mentre nel resto d’Europa e del mondo i mercati di eolico e fotovoltaico crescevano a due cifre grazie agli enormi progressi tecnologici e al calo dei costi di generazione, in Italia i numerosi progetti avanzati da imprese sia nazionali che estere, rimanevano bloccati in iter autorizzativi lunghissimi e spesso includenti. Fra i principali responsabili di questo collo di bottiglia ci sono proprio le Soprintendenze e le Amministrazioni regionali, che hanno di fatto ostacolato lo sviluppo degli impianti talvolta anche con vere proprie moratorie (ovvero blocchi alla realizzazione degli impianti). La stessa Regione Lazio ha promosso nell’agosto del 2021 una moratoria per l’eolico e il fotovoltaico, poi impugnata dal Governo e giudicata incostituzionale.

Le motivazioni che si nascondono dietro a questo fenomeno sono diverse e complesse, e non si risolvono semplicemente puntando il dito contro questa o quella Regione. Più utile è invece constatare che questo genere di resistenze verso le rinnovabili e verso la transizione sono figlie di un generale scetticismo verso un futuro energetico, e un relativo paesaggio energetico, diverso da quello a cui siamo abituati. Resistenze e pregiudizi contro la possibilità che le rinnovabili, e in particolare eolico e fotovoltaico, possano davvero soddisfare quasi integralmente il nostro fabbisogno energetico già da domani, garantendo una adeguata sicurezza e sostenibilità economica, oltre che ambientale. Resistenze che con Italy for Climate vogliamo contribuire a superare attraverso la piattaforma Falsi miti sulle rinnovabili, nata proprio con lo scopo di fare chiarezza e alimentare un dibattito in materia più informato e aggiornato.

Le Regioni sono l’anello di congiunzione tra il quadro degli obiettivi nazionali e la messa a terra degli interventi più efficaci per raggiungerli, nella transizione energetica tanto quanto nella sanità, nella cultura, nell’istruzione, nelle infrastrutture. Eppure quando si parla di transizione questo ruolo ancora viene troppo spesso sorvolato e dimenticato. Lombardia e Lazio sono un traino economico per il nostro Paese e non possono esimersi dal ricoprire lo stesso ruolo anche nella lotta alla crisi climatica. Purtroppo ad oggi ancora non è così: secondo il Ranking delle Regioni per il clima, presentato lo scorso novembre in occasione dell’Open Summit di Green&Blue, la Lombardia è fanalino di coda per la transizione verso la neutralità climatica dell’Italia, perché registra una performance spesso peggiore della media nazionale, in rapporto alla popolazione, su efficienza energetica, fonti rinnovabili ed emissioni di CO2. Il Lazio si posiziona un pochino meglio, soprattutto grazie ad emissioni e consumi energetici pro capite più bassi della media, ma registra una performance molto negativa sulle rinnovabili (è la seconda Regione italiana con la più bassa quota di rinnovabili, ed ecco che la già citata moratoria ha bloccato un settore già fermo di per sé).