Tra i giovani italiani presenti al Meeting europeo di Fridays For Future in corso a Torino Sebastiano Lamberti, 27 anni, è uno degli attivisti più impegnati politicamente. Viene dal mondo dei collettivi e appena finito il meeting raggiungerà la Val Susa per rendersi conto della situazione legata alla Tav. Sebastiano, che fa parte sia di FFF Brescia che del gruppo di Padova, dove studia, ha le idee chiare sul futuro politico del movimento: “Adesso non siamo maturi per puntare alle elezioni, ma dobbiamo dialogare con tutti”.

Per Lamberti “in questo momento ci stiamo muovendo più a livello di singoli, ma in questo Camp ci sarà una prima vera riunione dove come Fridays Italia inizieremo a discutere davvero di elezioni. Io parlo per me e come attivista: convergere in una coalizione ci potrebbe mettere nella posizione di allontanare i nostri attivisti che entrano in queste stanze dei bottoni e che poi perdono il contatto con noi. Per questo io preferisco dire: da un lato ci si può candidare ma si rimane nel movimento, anziché dover uscire come accade in alcune associazioni ambientaliste. Dall’altro  però credo che forse, per candidarci come movimento, ancora non abbiamo la maturità. Come singoli, qualche attivista è stato eletto a livello locale o alle amministrative, ma forse a puntare ora al Parlamento rischiamo di fare passo più lungo della gamba“.

Eppure le elezioni italiane di settembre, anche per i Fridays, saranno un momento cruciale, quello in cui trovare chi davvero porrà la questione climatica al primo posto. “Ci sono forze, dal mio punto di vista, come Sinistra italiana e Europa Verde che ci ascoltano e sono degli interlocutori. Ma soprattutto lo sono le unioni popolari, con cui discutere in vista di settembre”.

L’importante, dagli scioperi per il clima sino alla campagna elettorale, è che si parli agli italiani “in termini scientifici ma semplici per spiegare cosa è la crisi climatica e ricordare che il fattore umano è quasi totalmente responsabile delle emissioni di CO2 e che dobbiamo rimanere assolutamente sotto 1,5 grandi, agendo in fretta. Dobbiamo usare un linguaggio semplice – precisa l’attivista bresciano  – e parlare al di fuori della nostra bolla. Infine, in termini di disobbedienza civile, penso che una azione come un blocco stradale rischi oggi di crearci nemici che non dovrebbero essere tali, anzi, dovrebbero scendere in piazza con noi. Per cui penso piuttosto che un modo per influire e smuovere le acque sia occupare palazzi e università, magari trasformando “i nemici” in interlocutori, se accoglieranno le nostre istanze per aiutare il Pianeta”.