L'”acqua del sindaco” in brick è davvero sostenibile? Di recente il Comune di Milano ha annunciato una iniziativa per valorizzare l’acqua dell’acquedotto cittadino, definita come “sana, buona e controllata” che grazie a un investimento di oltre 1 milione di euro tra impianti e macchinari verrà distribuita “à porter” in brick “ecologici e sostenibili” scrive il Comune.

Lo scopo del progetto è sia evitare l’uso di plastica, sia rimarcare la qualità dell’acqua locale per sensibilizzare il consumo di quella del rubinetto e al tempo stesso avere uno stoccaggio a disposizione della Protezione Civile (e non solo).

 

Grazie a un impianto dalla capacità di 2000 cartoni all’ora verranno riempite migliaia di confezioni da 250 o 500 ml in brick, cartone poliaccoppiato, personalizzati e chiamati “acqua del Sindaco”, destinati inizialmente alla Protezione Civile che li distribuirà in caso di guasti al servizio idrico o interruzioni, ma anche pensati per uffici comunali o “nel corso di eventi particolari sul territorio milanese come le ‘week’, i concerti, le manifestazioni culturali e sportive”.

 

Come annunciato dall’amministrazione, l’idea di usare acqua a chilometri zero in brick anziché plastica “è un gesto importante e oggi più che mai necessario”.

 

Ma lo è davvero? È davvero così sostenibile usare il famoso “tetrapack” anziché il classico Pet (materiale plastico delle classiche bottiglie)? Il Comune sostiene che le confezioni con tappo in plastica vegetale sono completamente riciclabili “in modo ecosostenibile”. Dai Verdi in consiglio comunale a diverse associazioni ambientaliste, come Rifiuti Zero, l’iniziativa però sembra non convincere dal punto di vista ecologico.

Per comprendere quanto “l’operazione brick” sia sostenibile abbiamo chiesto il parere dell’ingegnere Paolo Azzurro, consulente tecnico in materia di gestione dei rifiuti e modelli di economia circolare, che lavora anche per Anci Emilia Romagna, e di Silvia Ricci, responsabile della campagna “A Buon Rendere-molto più di un vuoto” dell’Associazione Comuni Virtuosi.

Come si dimostra la sostenibilità di un materiale?

Per poter dire che un materiale è “sostenibile” rispetto a un altro come spiega l’ingegner Azzurro “bisogna vedere lo studio LCA, il Life Cycle Assessment. Non si può dire per esempio che il brick sia più sostenibile della plastica se non ci sono analisi complete e approfondite basate sulla scienza. Fare confronti fra due soluzioni alternative, plastica Pet o tetrapack, è in parte possibile solo su l’analisi del ciclo di vita dei prodotti e le loro performance ambientali. In questo caso non credo che ci siano due studi approfonditi e indipendenti a sostegno di una o l’altra scelta”.

Per Silvia Ricci “non esistono di fatto materiali sostenibili in cicli di utilizzo insostenibili. È un rischio definire ‘più sostenibile’  il brick, che è un materiale composto da diversi elementi e complesso da scomporre, se non si hanno prove concrete. Esiste uno studio del 2020 relativo a tetrapack che analizza otto categorie di possibile impatto di questo materiale: è risultato vincente soltanto in un punto, quello relativo al surriscaldamento globale, e questo è bene, ma non vuol dire che lo sia in tutti gli aspetti. In generale l’opzione ambientalmente più vantaggiosa che non produce rifiuti è il riuso, mentre qui si sta puntando al confezionare, il che poi apre il problema al discorso di gestione dei rifiuti e del loro riciclo“.

Si ricicla meglio brick o plastica Pet?

In una generale difficoltà a livello mondiale nel riciclare plastica (appena il 10%), quella Pet (polietilene tereftalato) comunemente usata per le bottiglie, laddove esiste un efficace gestione di raccolta è quella più facilmente riciclabile.

Il brick invece è un materiale poliaccoppiato, composto da più strati, di carta e alluminio, di adesivo impermeabile, al quale si aggiunge spesso un tappo che può essere anche il polietilene vegetale. Sebbene in parte quasi tutti i materiali siano meno impattanti della plastica, resta però in fase di corretto riciclo il problema di separarli e recuperarli. “In Italia, esistono solo due impianti che fanno questo e che richiedono più passaggi – spiega Ricci – . Come rifiuti, quelli in brick non sono dunque particolarmente sostenibili, dato che è necessario disaccoppiare diversi elementi e c’è di mezzo quasi il doppio dello sforzo e della materia, rispetto al Pet”.  

Azzurro, confermando le difficoltà di riciclo del brick rispetto al Pet, precisa inoltre che “non bisognerebbe guardare solo il fine vita, ma anche trasporto, lavorazione, trasformazione e altro. In questi termini le alternative alla plastica monouso andrebbero lette in chiave della sfida climatica, che richiede una visione diversa: non quella di pensare a confezioni, ma per esempio a sistemi per erogare l’acqua senza dover produrre per forza rifiuti”.

Anche i consorzi Comieco e Conai, nei loro rapporti recenti, hanno ricordato l’importanza di aziende che adottino “imballaggi facili da riciclare” mentre per quanto riguarda i cartoni per liquidi hanno proprio sottolineato la necessità di una “spinta alla creazione di un sistema di separazione a valle della raccolta carta e multimateriale in tutto il territorio italiano con incentivi specifici e cofinanziamento dei sistemi di sorting” per ovviare alle difficoltà di riciclo.

Quali alternative?

Per entrambi gli esperti, le soluzioni da adottare nella questione acqua pubblica – anziché cartoni in brick o il costante uso di bottiglie o operazioni varie di comunicazione – sono quelle che stanno tentando di adottare altri Paesi, come Francia e Olanda.

Meglio borracce e distributori

“Personalmente – spiega Azzurro – se le normative europee indicano che per le emergenze serve acqua confezionata, allora posso anche capire l’iniziativa di Milano con le confezioni destinate alla Protezione Civile. Ma se si parla poi di distribuirle in eventi e manifestazioni allora a mio parere ha poco senso, mentre invece andrebbero cambiate le prassi: ovvero alimentare l’uso di erogatori per la distribuzione dell’acqua e incentivare le persone all’uso di borracce o bicchieri personali. In Austria e in Francia, anche per gli eventi, si muovono già in questa direzione: accesso all’acqua pubblica, ma senza poi avere rifiuti“.

 

Dello stesso parere anche Ricci che ricorda come oggi esitano già i “distributori mobili e diversi sistemi di allaccio alla rete ed erogazione, sempre promuovendo l’uso di borracce, che permettono di non dover generare scarti difficili da gestire e al tempo stesso non veicolano il messaggio sbagliato che un prodotto sia più sostenibile di un altro senza certezze”.