In Europa 2 milioni i cittadini fanno parte delle 7mila comunità energetiche, riuniti in associazioni – tra singoli, attività commerciali, imprese, pubblica amministrazione – per dotarsi di impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia proveniente da fonti rinnovabili.


Il numero è in continua crescita, anche grazie alle ultime direttive che promuovono le comunità energetiche: da Bera Bera, il quartiere di San Sebastian (Spagna) che provvede a riscaldamento e acqua calda per 500 persone dal 1985, fino alle più vicine CER (comunità energetiche) italiane, dove Legambiente ha mappato oltre 100 esperienze nel Rapporto sulle Comunità rinnovabili (qui il .pdf), una trentina delle quali già attive sul territorio.

Il potenziale di autoproduzione è rappresentato anche dalla Cartina dei Comuni 100% rinnovabili, che annovera anche realtà come Dobbiaco e Prato allo Stelvio, entrambe in provincia di Bolzano, Primiero San Martino di Castrozza in provincia di Trento, oltre a Montieri (Grosseto), Castelnuovo Val di Cecina (Pisa), dove cooperative energetiche o società pubbliche provvedono a garantire l’indipendenza energetica.

Secondo molti esperti il raggiungimento degli obiettivi di neutralità climatica non è possibile senza il coinvolgimento dei cittadini che si muovono sia per ottenere prezzi accettabili, sia per poter decidere direttamente della gestione dell’energia, qualcosa che finora veniva elargito da un ente estraneo e non accessibile. Con le comunità energetiche la fornitura diventa invece un processo democratico al quale tutti collaborano.

Le comunità energetiche rappresentano un vantaggio perché permettono la produzione di energia dove viene utilizzata. Questo azzera il problema del trasporto. Tradizionalmente le centrali erano lontane dai centri di utilizzo, ma questo comportava dissipazioni e sprechi. Inoltre, grazie a loro aumenta il parco di generazione da fonti rinnovabili, che per i centri di produzione già esistenti richiederebbe invece adeguamenti e investimenti. Infine, c’è un coinvolgimento sociale che permette di considerare l’energia non come un bene elargito, ma qualcosa da gestire, risparmiare e usare con intelligenza, in modo diretto, diventando indipendenti”, dice Alberto Nucci, docente sistemi elettrici per l’energia e rappresentante nazionale per la EU Mission Climate neutral and smart cities dell’Unione Europea.

“A livello di pianificazione europea c’è la necessità di accelerare sulle politiche energetiche immediate, breve e medio termine. E la macchina per consentire a condomini e imprese di autoprodursi energia è ormai partita. L’Autorità dell’energia sta per esempio eliminando uno dei principali ostacoli creando un sistema più flessibile e una mappa della rete con le cabine di distribuzione accessibili. Questo porterà a ridurre anche le perdite”, spiega Danila Longo, docente di Tecnologie dell’architettura di Bologna e coordinatrice dell’unità di ricerca per il progetto Greta, acronimo che sta per Green Energy Transition Action. Finanziato da Horizon 2020, il programma europeo per la ricerca e l’innovazione prevede 3 milioni euro per creare condizioni tecnologiche e sociali per facilitare la transizione.

La transizione energetica passa per l’elettrificazione

La tecnologia è ormai disponibile e la trasformazione potrebbe davvero essere messa in atto. Una ricerca dell’Università di Stanford ha dimostrato che abbiamo già la possibilità di convertirci alle rinnovabili e alimentare con queste il 100% dei nostri bisogni energetici. Senza alcun bisogno di mettere a punto nuove tecnologie, perché quello che abbiamo già a disposizione è già in commercio. I ricercatori hanno stilato una mappa per 145 Paesi che prevede l’elettrificazione di ogni settore, la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, l’immagazzinamento e la trasmissione, il cambio di orario di alcuni utilizzi.

La transizione comporterebbe il 56% in meno di spreco energetico dovuto al calore disperso dai combustibili fossili, la riduzione dei gas serra, posti di lavoro che verrebbero creati in tutto il mondo, meno consumo di territori.

Una chiave per procedere è l’elettrificazione della maggior parte delle funzioni, per esempio sostituendo i fornelli con le piastre di cottura e le caldaie a gas con pompe di calore. “C’è un unico ostacolo, rappresentato dalle barriere sociali e politiche. Così come il mondo è arrivato a produrre 800mila aerei in pochissimo tempo durante la Seconda guerra mondiale, dovremmo nuoverci ora per l’energia”, sostiene Mark Z. Jacobson, co-autore dello studio.

L’Europa delle rinnovabili

Attualmente in Europa le rinnovabili coprono il 22% dell’energia, con alcune differenze tra i vari Paesi. Si va dall’83% della Finlandia e il 60% della Svezia, al 13% del Belgio e il 10% di Malta. L’Italia è nella media con un 20%.

Le 9 città italiane per la neutralità climatica

L’obiettivo europeo è ambizioso: arrivare a produrre grazie alle comunità energetiche, il 20% dell’elettricità totale consumata nel continente. L’Europa è molto chiara in questa intenzione e sta facendo in modo si possano ottenere finanziamenti e facilitazioni. Ci sono ancora difficoltà, che presto però verranno superate. Nascerà per esempio uno sportello unico in ogni città, che servirà a coordinare e indirizzare le comunità di cittadini che decidono di rendersi indipendenti. Attraverso l’EU Mission, la Commissione ha poi selezionato 100 città in rappresentanza del 12% della popolazione europea, che possano dare l’esempio. Queste città dovranno raggiungere la neutralità climatica entro il 2030. In Italia sono 9, tra cui Roma, Milano, Bologna” dice Nucci.

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“La città è come da un laboratorio. Per questo è stato  fatto partire il progetto delle 100 città. Per rendere una città  climaticamente neutrale è necessario però lavorare su molti fronti non solo su quello energetico. L’azione deve essere sistemica e richiede una trasversalità che è ancora molto debole. Si lavora quindi sull’efficientamento, ma anche sui rifiuti come produttori di energia, sulla forestazione, sulla digitalizzazione. Stiamo riqualificando l’energia residenziale pubblica con pompe calore, sistemi fotovoltaici e adeguamento della rete idrica. E in questo modo miglioriamo anche le bollette dei cittadini. Le comunità energetiche sono il passo successivo alla diffusione delle strutture che permettono di ottenere energia rinnovabile. Sono uno strumento perfetto perché rendono il consumatore anche produttore, ma devono essere fatte quando la città è in grado di fornire abbastanza impianti e si è riusciti a superare alcuni blocchi normativi” dice Anna Lisa Boni, assessora del Comune di Bologna alla transizione ecologica che fa parte anche del coordinamento per la Eu Mission.

Per favorire il processo, le 9 città italiane che fanno parte della Eu Mission hanno siglato il 9 settembre un protocollo di collaborazione con il governo per lavorare insieme e adeguare le leggi nazionali e la burocrazia per venire incontro alle città nel loro cammino verso la neutralità.

A Milano esiste già uno sportello di informazione. “Stiamo lavorando per proporre un quartiere con case popolari, private e  uffici, un prototipo che possa diventare un modello per tutta la città, dove le energie siano rinnovabili, venga abbandonato il gas, ci siano aree verdi e una depavimentazione del suolo. A Chiaravalle è stato avviato un progetto pilota di comunità energetica. C’è poi il progetto Balilla che sfrutta l’utilizzo di acqua sotterranea, proveniente dai pozzi per il controllo dell’innalzamento della falda acquifera, una sperimentazione che potrebbe poi essere replicata in altre zone cittadine”, dice Elena Grandi assessora all’ambiente e verde di Milano.

Le difficoltà che apparivano all’inizio stanno dunque via via risolvendosi. D’altra parte la necessità di una transizione verso un futuro a bassa produzione di CO2 è ormai evidente. Un’estate di siccità e incendi ha messo sotto agli occhi di tutti l’impatto del riscaldamento globale. E l’invasione della Russia in Ucraina, col conseguente impatto sui mercati del gas che ha portato a un netto rialzo dei prezzi, ha reso ancora più chiara la necessità di staccare la dipendenza dalle fonti fossili e di diventare autonomi dai mercati internazionali. Ora è il momento di cambiare.