Quante volte, passeggiando sulla riva, capita di trovare tra la sabbia un pezzo di plastica trasportato lì dalle onde del mare. Le spiagge sono piene di tappi di bottiglia, cannucce e cotton fioc. Alcuni rifiuti però, più di altri, sono la testimonianza di come la plastica non muore mai. A fare la differenza è l’età dell’oggetto. Scovare, nascosto sotto i granelli di sabbia, un flacone di talco Felce Azzurra che sembra uscito dall’adolescenza di qualche nonno invita a riflettere e a porsi delle domande: “Da quanto tempo questa plastica è in circolazione?”, “Di che anno è?”.

Enzo Suma (40 anni) ha creato Archeoplastica “il museo degli antichi rifiuti spiaggiati” 

Enzo Suma, 40 anni, da più di dieci guida naturalistica a Ostuni, in Puglia, e alle spalle studi in Scienze ambientali, trova la risposta a questi interrogativi datando gli oggetti più bizzarri che trova sulle spiagge e inserendoli in Archeoplastica, un museo virtuale che ha lo scopo di sensibilizzare le persone sul problema dell’inquinamento. Niente quadri o statue, neanche mezza fotografia. Nell’esposizione online ci sono solo antichi rifiuti spiaggiati. Come il pacchetto di patatine con la data di scadenza ancora perfettamente leggibile: 1983. O il flacone in plastica del detersivo WcNet che risale ai primi anni ’70. O ancora l’insetticida in polvere che conserva il suo prezzo: 150 lire.

Secondo le stime solo nel 2015 sono stati prodotti circa 6300 tonnellate di rifiuti di plastica, di cui appena il 9% è stato riciclato: il 12% è stato incenerito e il 79% è stato accumulato. Se le attuali tendenze di produzione e gestione dei rifiuti non cambieranno entro il 2050 circa 12 mila tonnellate di rifiuti di plastica saranno nelle discariche o nell’ambiente naturale. E questo vuol dire che aumenterà anche la plastica che si trova in mare.

“Io raccolgo plastica da tanto tempo, ho sempre organizzato giornate di pulizia delle spiagge – spiega Suma – Da quattro anni però ho iniziato a fare attenzione a quello che trovo e metto da parte i rifiuti più vecchi che arrivano dal mare”. Tutto è nato da un semplice flacone di plastica: “Era una crema solare con il prezzo in lire, che riuscii a datare comparandolo a una vecchia pubblicità. Quel rifiuto aveva 50 anni. Pubblicai la foto sul mio profilo Facebook e mi accorsi che nei commenti molti facevano riferimento al problema dell’inquinamento del mare”. A quel punto è arrivata l’idea: mettere questa narrazione curiosa e inusuale e la sua nota nostalgica a servizio di un’opera di sensibilizzazione.