Siccità e incendi, in primavera. Perfino sulle Dolomiti. A Belluno dove non nevica e piove da circa 120 giorni, i fiumi e i laghi sono in secca come in piena estate, il terreno arido e il forte vento stanno cominciando a favorire gli incendi. E l’estate è ancora lontana. L’ultimo è scoppiato nei giorni scorsi nei boschi e nella zona industriale a Longarone, in piena Valle del Vajont, dove la Regione Veneto ha ora decretato lo stato di crisi sia a causa dei boschi distrutti sia per la qualità dell’aria.

Vasto incendio nel bellunese. Il sindaco di Longarone: “I canadair non riescono a pescare”

Alti valori di polveri PM10 sono stati registrati anche in alta quota. Secondo le rilevazioni dell’Ulss di Belluno e dell’Arpav ci sono stati picchi di concentrazione per tre giorni di seguito a causa del fumo intenso calato sui centri abitati. E non solo a Belluno. L’attività di monitoraggio dell’aria si è intensificata anche più a valle, addirittura a Treviso, dove a causa del forte vento i fumi sono arrivati a 80 chilometri dal punto dove è scoppiato l’incendio facendo registrare alle centraline una concentrazione di PM10 pari a 200µg/m3 (il limite è 50µg/m3).

I fumi dalle Dolomiti a 30 chilometri da Venezia

A Belluno, le misurazioni dell’Arpav hanno rilevato un livello di polveri PM10 pari a 480µg/m3. Normalmente il valore medio nella zona è di 80µg/m3. “Per quanto riguarda gli altri inquinanti – spiegano all’Arpav – i risultati delle analisi di laboratorio, effettuate sui campioni rilevavano la presenza di idrocarburi policiclici aromatici (IPA) in concentrazioni rappresentative del fenomeno ma con valori riscontrabili in altre situazioni critiche e nell’ordine di grandezza del limite medio annuo che per Il benzoapirene è di 1 nanogrammo per metro cubo”.

Roghi quadruplicati

Dopo quanto accaduto a Belluno, a preoccupare è lo scarso potenziale idrico stoccato sotto forma di neve in tutto l’arco alpino. L’allerta incendi a causa del sottobosco secco rimane alta: come si è visto qualsiasi principio di incendio può trasformarsi in un rogo difficile da governare.

Dall’inizio del 2022 i roghi sono più che quadruplicati rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, spinti dal forte vento, dalle alte temperature e dall’assenza di precipitazioni che ha inaridito i terreni nei boschi favorendo il divampare delle fiamme. È quanto emerge anche dall’analisi della Coldiretti su dati Effis, in riferimento ai roghi scoppiati proprio al Nord Italia colpendo foreste e riserve naturali.

Secondo l’analisi Coldiretti gli incendi sono cresciuti del 148% nell’ultimo anno rispetto alla media storica e con il 2022 che è già iniziato con ben 23 roghi in un inverno siccitoso con una temperatura superiore di 0.55 gradi rispetto alla media lungo la Penisola”.

Sono aumentate anche le bufere di venti in Italia del 29% nell’ultimo anno tra raffiche violente, trombe d’aria e tornado che hanno causato danni e vittime in città e campagne. Perché se 6 incendi su 10 sono di origine dolosa, dall’altra c’è l’emergenza siccità. Insomma, l’Italia brucia già.