A nord di Livorno l’inquinamento si insinua da decenni nel suolo e nelle falde acquifere, si diffonde nell’aria e contamina il mare. Quella che coinvolge lo stabilimento della Solvay di Rosignano marittimo, dove da oltre un secolo si produce carbonato di sodio (soda Solvay) è una lunga storia di battaglie ambientali, giudiziarie e politiche. La sodiera sulla costa toscana, la più grande d’Europa, da decenni è accusata di sversare solidi e metalli pesanti in mare e di causare danni ambientali e di salute. A tutt’oggi, nell’impianto di Rosignano si produce quasi tutto il carbonato di sodio necessario all’industria italiana.

 

I simboli di questa vicenda sono i colori della sabbia e dell’acqua, simili a quelli dei Caraibi. Colori che in realtà non sono merito della natura, ma degli scarichi di sostanze industriali e di carbonato di sodio. Le famose “spiagge bianche” di Rosignano. È dal 1999 che questi 14 chilometri di litorale sono inseriti tra le aree più inquinate del Mediterraneo. Almeno secondo l’United Nation Enviroment Programme, il programma delle Nazione Unite per l’ambiente.

Anche le star danno battaglia alla Solvay

L’ultimo capitolo di questa lunga storia di inquinamento è del 22 marzo scorso quando ai vertici della multinazionale belga con quasi 160 anni di storia viene recapitato un ricorso al Tar sottoscritto oltre che dal Wwf Italia, da Project Zero (l’organizzazione no profit che si batte per la salvaguardia dei mari e che conta celebrità come Sienna Miller, Slash, Cara Delevingne e Liv Tyler); dalla onlus Medicina Democratica e dagli investitori-attivisti del fondo Bluebell Capital Partners (gruppo finanziario londinese guidato dagli italiani Giuseppe Bivona e Marco Taricco che hanno avviato azioni di One share Esg Campaign: messa a disposizione di fondi per battaglie ambientaliste). 


Un fronte comune anche con i cittadini di Rosignano, guidati da Maurizio Marchi, ecologista che da anni critica l’impianto del colosso chimico. Nel ricorso chiedono di annullare il decreto con cui il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha rinnovato in anticipo di cinque anni l’Autorizzazione integrale ambientale dell’impianto di Rosignano. Oltre la sodiera, ci sono due centrali elettriche a gas, un impianto per la produzione di cloro e soda caustica, un altro di polietilene e uno di acqua ossigenata.    

Altri 12 anni di scarichi in mare 

Al centro di quest’ultima battaglia legale tra il colosso della chimica in Italia da 110 anni e le associazioni ambientaliste c’è l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rinnovata per i prossimi 12 anni. Un provvedimento che disciplina l’impianto e che prevede misure per ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo. Oltre lo smaltimento degli scarti di lavorazione. Sarebbe dovuta scadere nel 2027, ma è stata rinnovata lo scorso 20 gennaio e fino al 2034. Con il rinnovo dell’Aia lo stabilimento Solvay è stato autorizzato a sversare per altri12 anni un massimo di 250 mila tonnellate all’anno di rifiuti e scarti di produzione attraverso un canale aperto in mare considerato in regola sul fronte della protezione ambientale.


Eppure solo nel dicembre 2021 il Relatore Speciale delle Nazioni Unite Marcos A. Orellana, al termine del suo viaggio nei siti inquinati d’Italia, aveva annunciato nel’incontro con il governo di “aver ricevuto informazioni sull’inquinamento creato dalla Solvay a Livorno” e di voler “approfondire la questione”. Il report delle Nazioni Unite su Rosignano è atteso a settembre 2022.

Le motivazioni del ricorso

Il ricorso si fonda su tre motivazioni: in primo luogo la presunta violazione da parte di Solvay della linee guida europea e nazionale che vietano l’accumulo localizzato di solidi sospesi sversati a mare. In secondo luogo il presunto eccesso di potere delle autorità italiane per carenza di istruttoria da parte del ministero che ha rilasciato l’autorizzazione senza che fossero stati esaminati tutti gli elementi utili a valutare i pericoli per l’ambiente e per la salute.

 

Infine il potenziale conflitto di interesse di Cingolani per aver firmato un decreto che avrebbe avvantaggiato la società (Solvay) con cui, da responsabile della Ricerca e Innovazione di Leonardo – incarico che ricopriva prima di diventare ministro e che ha lasciato – aveva concluso una joint-venture per un programma di ricerca e sviluppo sui polimeri per applicazioni aeronautiche.

Le repliche e le verifiche

Sempre nelle scorse settimane era arrivata la replica del ministro: il rinnovo della Aia era stato disposto dal ministero dell’Ambiente nel 2018 prima dell’insedimento di Cingolani nel 2021 sulla base di nuove normative europee entrate in vigore l’anno precedente. “In pratica, mentre si svolgeva l’iter amministrativo per valutare se la Solvay era in regola, la Commissione Europea ha stabilito le nuove Bat (Best available techniques- le migliori tecniche possibili) – spiega Domenico Aiello, l’avvocato che rappresenta il Wwf e uno dei firmatari del ricorso – a quel punto il ministero ha dovuto rivalutare tutte le vecchie autorizzazioni emanando di fatto nuovi decreti. L’autorizzazione è così ricominciata con una nuova data, quella appunto del 2022″. Una questione burocratica, dunque. E allora perché presentare il ricorso? “Perché sia nella prima Aia del 2015, sia in quella attuale secondo noi, mancano una serie di valutazioni sugli scarichi in mare, sulla dispersione degli scarti di lavorazione. Parliamo di una struttura molto vecchia, del 1912, e di una situazione ambientale già molto compromessa”.     

La posizione della multinazionale

I vertici della Solvay che oggi in Toscana supportano il progetto “Enel Green Geothermal Power Production” fornendo carbonato di sodio a 35 moderne nuove stazioni geotermiche, hanno così replicato alle accuse di inquinamento: “Il processo di produzione di soda a Rosignano è sicuro e conforme alle normative europee e italiane”. E per sapere quali sono le sostanze scaricate attualmente in mare dalla Solvay è necessario consultare l’European Pollutant Release and Transfer Register, un registro che contiene le informazioni su inquinanti in aria, terra e acqua di tutti gli stabilimenti presenti sul territorio europeo. Nell’ultima dichiarazione del 2017, l’azienda ha dichiarato di aver scaricato 3,88 tonnellate di arsenico, 3,7 tonnellate di cromo, 59 chili di mercurio e altri inquinanti.

 

Sempre Solvay ha spiegato che la tecnologia messa a punto dall’azienda consente il riciclo dei rifiuti di produzione che, trasformati, integrano il bisogno di materia prima di origine naturale. “La maggioranza dei termovalorizzatori e inceneritori italiani utilizza questa tecnologia – spiegano – che prevede la purificazione dei fumi catturando la componente acida grazie al Bicarbonato di Sodio Solvay. Una considerevole porzione dei residui viene poi conferita a un impianto di trattamento e recupero sempre di Solvay, nei pressi di Rosignano. I rifiuti trattati vengono reinseriti in un ciclo di produzione. Una tecnologia che si sta utilizzando anche in ambito marittimo, per la purificazione dello zolfo dei fumi emessi dai grandi motori delle navi. Dal 2000 rifornisce sia l’azienda A2A per la disinfezione delle acque del depuratore di Milano e dal 2010 ACEA per quello di Roma Sud”. 

Così è iniziato tutto

Nel luglio 2003 la Solvay ha firmato un accordo con gli enti territoriali che prevedeva tre punti:

  • la riduzione degli scarichi a mare del 70% entro il 2007
  • la cessazione del processo produttivo di cloro e di soda caustica basato sull’elettrolisi a mercurio (altamente inquinante) e sostituzione con quello basato su tecnologia a membrana
  • diminuzione dei consumi di acqua dolce di 4 milioni di metri cubi l’anno.

I finanziamenti

Nel 2004 la multinazionale ha ricevuto 13 milioni di euro di risorse pubbliche finalizzate al miglioramento delle condizioni ambientali dello stabilimento di Rosignano, oltte i 30 milioni stanziati nel 2003 in seguito alla firma dell’accordo di programma. Non solo. Nel 2017 il ministero dello Sviluppo Economico e la Regione Toscana hanno dato il via libera a investimenti da parte della Solvay di 52 milioni di euro per un piano di “tutela ambientale”, ma tramite Invitalia hanno dato contributi pubblici per circa 9,5 milioni di euro.

L’inchiesta sugli sversamenti

Nel 2008, l’associazione Medicina Democratica ha presentato un esposto alla procura di Livorno per il mancato rispetto dell’accordo di programma del 2003 e la presenza di quattro scarichi abusivi sconosciuti all’Arpat (Agenzia regionale protezione ambientale della Toscana).

Nel maggio 2013, dopo quattro anni di indagini, la magistratura ha accertato lo sversamento illecito di fanghi nell’area delle “spiagge bianche” attraverso un sistema di scarichi non mappati che permettevano di scaricare in mare mercurio, piombo, selenio e fenoli. I vertici della mutinazionale patteggiarono la pena per reati ambientali pagando una maxi multa di quasi 7 milioni di euro da investire in bonifiche ambientali e la messa in sicurezza del sito. 

Le contaminazioni

Nella relazione dell’Arpat Toscana del giugno 2017 tra i siti oggetto di bonifica c’è anche la Solvay che presenta “contaminazioni sia dei terreni che delle acque sottorranee da arsenico, mercurio, composti organoclorurati e Pcb (policlorobifenili)

I bersagli delle contaminazioni dovuta sia alle lavorazioni sia ai rinterri di scarti di lavorazioni, sono:

  • i lavoratori esposti ai vapori
  • i pozzi ad uso irriguo delle abitazioni vicine
  • le acque del fiume Fine
  • le acque del Mar Ligure (spiagge bianche di Rosignano e Vada).

Secondo il Cnr di Pisa nella spiaggia bianca la Solvay avrebbe scaricato 337 tonnellate di mercurio e altri veleni tra cui cadmio nichel, piombo, zinco. Per Legambiente nel tratto di mare antistante la Solvay di Rosignano sarebbero state scaricate 500 tonnellate di mercurio (dato riportato nell’osservatorio di programma di 2003).

I black-out e la moria di pesci

Il 19 giugno del 2007, un black-out elettrico, originò uno sversamento di azoto ammoniacale nelle acque davanti lo stabilimento. Secondo l’Arpat furono circa 11,7 tonnellate in sole 24 ore rispetto alle circa 3,67 tonnellate che l’impianto avrebbe scaricato in condizioni di normale funzionamento. La stessa agenzia in un rapporto conclusivo sottolineò che il disservizio elettrico occorso, pur rappresentando una situazione eccezionale, aveva fatto emergere diversi aspetti critici legati alla sicurezza dell’impianto e relativi, in particolare, alle procedure e dispositivi d’emergenza finalizzati al confinamento di ammoniaca. Dieci anni dopo il 29 agosto 2017, a causa di un altro black-out elettrico, ci fu un nuovo sversamento in mare di ammoniaca che, secondo l’istituto Zooprofilassi di Pisa, ha determinato una moria eccezionale di pesci.

I fumi di Solvay

Il polo Solvay, comprese le due centrali elettriche a gas metano, sempre secondo l’European Pollutant and Transfer Registrer è il secondo emettitore di CO2 in Toscana con 2.200.000 tonnellate all’anno. La quantità di mercurio rilevato è di 4 grammi per 1000 kg di cloro prodotto, corrispondenti a 480 kg di mercurio l’anno in atmosfera.