Il cambiamento climatico sta sconvolgendo il ciclo dell’acqua eppure, nonostante la siccità, in Italia gli acquedotti continuano ad essere un colabrodo. Al punto che viene sprecato il 41% dell’acqua potabile (era il 44% nel 2016). Quasi la metà del patrimonio idrico che scorre nei nostri centri abitati. Accade ogni giorno e ogni volta apriamo un rubinetto.

Il dato cresce al Sud, dove lo spreco raggiunge addirittura il 50%. Va un po’ meglio al Centro, con il 43% e al Nord-Est col 38%. L’area meno sprecona del Paese è il Nord-Ovest (Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta) con il 32,2% di spreco di acqua potabile. Un dato che bisogna ricordare nella Giornata Mondiale dedicata alla risorsa più preziosa in tempi di crisi climatica.

A fotografare la situazione italiana sono i dati pubblicati nel Blue Book 2023 promosso da Utilitalia (la federazione che riunisce le aziende nei servizi pubblici di acqua, ambiente, energia elettrica e gas) e a cura della Fondazione Utilitatis con The European House-Ambrosetti, Istat, Ispra, Protezione civile e Autorità di bacino.


Gli investimenti

Nel Blue Book viene sottolineato che per cercare di invertire la rotta, gli investimenti spesi per il miglioramento della qualità del servizio sono saliti dai 49 euro per abitante del 2019 ai 56 euro. Un trend positivo, ma i numeri sono ancora lontani dalla media europea che si attesta a 82 euro per abitante. E non colma nemmeno le differenze tra Nord e Sud.

Come si legge nel dossier di Utilitalia: “Il divario di capacità di investimento è dovuto soprattutto alle differenze tra le gestioni industriali e quelle comunali che operano più ‘in economia’ e sono diffuse soprattutto in Meridione”. Area del paese dove sono più frequenti anche le interruzioni del servizio: due volte superiori rispetto alle regioni del Nord.

Come vengono investiti i soldi?

“L’obiettivo prioritario è il contenimento dei livelli delle perdite idriche (22%), seguono il miglioramento ella qualità dell’acqua depurata (18%) e gli investimenti nelle condotte fognarie (14%). “Risolvere la questione degli sprechi nelle reti di distribuzione al Sud è una questione non più procastinabile – dice senza mezzi termini Stefano Pareglio presidente della Fondazione Utilitatis per il quale l’unico modo per offrire una migliore qualità del servizio è di “favorire la partecipazione di operatori industriali, come dimostrano le esperienze positive del Centro Nord e in alcuni casi anche nelle area del Meridione”.

Perché? “Dove la gestione è ancora affidata direttamente ai comuni si registra un livello di investimenti talmente basso da non consentire programmi di sviluppo delle reti, né un’adeguata manutenzione”.  Le aziende del settore da parte loro si dicono pronte ad investire 10 miliardi di euro nei prossimi anni, di cui la metà miliardi entro il 2024. Obiettivo: recuperare 620 milioni di metri cubi di acqua. 

Una risorsa sottovalutata

Così mentre il consumo pro capite di acqua potabile in Italia si attesta a 215 litri per abitante al giorno, – continuando ad essere tra i più alti visto che la media europea è di 125, – la ricerca di soluzioni si fa sempre più pressante. Soprattutto per fronteggiare periodi a rischio siccità, come quello attuale. Il 2022 infatti è considerato l’anno più caldo e meno piovoso della storia italiana con temperature che hanno raggiunto i 2,7 gradi in più rispetto alla media 1981-2010. 

Una risorsa naturale sottovalutata fino ad ora, l’acqua. “Ma le crisi idriche – spiegano i ricercatori che hanno redatto il Blue Book – non sono legate esclusivamente al clima che cambia, ma sono dovuti anche alla vulnerabilità del settore idrico italiano. Durante la crisi del 2022-203 le azioni messe in campo dalla Protezione civile dalle Autorità di bacino e da gestori del servizio sono riusciti a limitare i disagi per la popolazione, ma per il futuro è necessario adottare una strategia operativa”. 

Le 8 proposte di Utilitalia e le 5 R

Raccolta, Ripristino, Riuso, Recupero e Riduzione. Sono le “5 R” che  secondo Utilitalia servono sia per mitigare i problemi di sicurezza dell’approvvigionamento sia per garantire la circolarità dell’acqua. Approvvigionamento sostenibile, utilizzo efficiente, ma per fronteggiare la scarsità d’acqua servono infrastrutture moderne.

  • Utilitalia ha lanciato 8 proposte concrete per adattare le infrastrutture della rete idrica al cambiamento climatico.
  • Quelle da progettare nel breve periodo (entro 3 mesi): il riuso efficiente, contrastare il cuneo salino, diversificare la strategia di approvvigionamento e sostenere la presenza di gestioni industriali.
  • Quelle considerate di medio periodo (entro 6 mesi) il rafforzamento della governance dei distretti idrografici e la semplificazione per la realizzazione degli investimenti.
  • Tra quelle di lungo periodo (oltre 6 mesi) la promozione dell’uso efficiente dell’acqua e la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche.


“Gli effetti dei cambiamenti climatici sulla disponibilità della risorsa idrica – conclude il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – sono sempre più evidenti e danno luogo ad eventi che non si possono più considerare eccezionali. Bisogna affrontarli con interventi che favoriscano la resilienza delle reti e degli acquedotti. L’approccio deve essere globale e considare tutti i diversi utilizzi dell’acqua nel nostro Paese, garantendo la priorità all’uso civile. Dai dati del Blue Book emerge chiaramente la necessità di interventi urgenti sul fronte della governance, in mancanza dei quali sarà impossibile portare il livello degli investimenti vicino alla media europea e colmare il water service divide tra le diverse aree italiane”.