“Conosco ‘Suki’ da quarant’anni e sono felice per lui”. Mentre l’Italia celebra il Nobel per la fisica a Giorgio Parisi, la comunità dei climatologi festeggia anche il premio assegnato al giapponese Syukuro Manabe. Tra questi c’è Antonio Navarra, climatologo e presidente del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici: “Lo conosco da quarant’anni, è stato mio professore a Princeton, quando ero lì per conseguire il dottorato di ricerca. Gran parte di quello che facciamo oggi, anche al Cmcc, discende dagli studi di Manabe”.

L’Accademia della Scienze svedese ieri ha motivato il premio spiegando che Manabe “ha dimostrato come l’innalzamento dei livelli di diossido di carbonio nell’atmosfera portino all’incremento delle temperature sulla superficie della Terra. Negli anni Sessanta ha guidato lo sviluppo di modelli per la descrizione del clima terrestre”.  

“Non era per niente ovvio che si potesse fare”, ammette Navarra. “Creare un modello numerico capace di simulare le interazioni tra atmosfera, oceani, terre emerse, fiumi, sembrava una impresa impossibile. Manabe ha avuto il coraggio di provarci e l’abilità di riuscirci.

Così, se oggi è possibile prevedere l’evoluzione del clima nei prossimi anni, con quantità sempre maggiori di CO2 presenti in atmosfera e temperature in continuo rialzo, è merito di questo scienziato giapponese trasferitosi negli Usa.

“Se non avessimo i modelli numerici non potremmo fare esperimenti sul clima”, spiega Navarra. È impossibile infatti simulare in un laboratorio l’atmosfera terrestre, mentre lo si può fare nei processori di un computer. “Oggi, per esempio, possiamo far sparire le montagne o cambiare posizione ai continenti e vedere quali conseguenze avrebbero tali modifiche sul clima”.

Ma quale è stato l’insegnamento più importante di Manabe? “Ha sempre avuto una grande attenzione per i suoi studenti. E ci ha insegnato a trovare la semplicità nella complessità, a fare il minimo indispensabile per non turbare sistemi che sono molto delicati”.

Syukuro Manabe da mezzo secolo studia i cambiamenti climatici ma non si è mai schierato apertamente. “Quando, in tempi recenti, abbiamo parlato del riscaldamento globale, lui si è detto molto preoccupato per le conseguenze. Ma in effetti non è mai sceso in campo pubblicamente ed ha sempre preferito restare uno scienziato concentrato sui suoi studi. E però il contributo che ha dato in quel ruolo è stato superiore a quello di tanti ricercatori trasformatisi in attivisti: nel corso degli anni, numeri alla mano ha messo a tacere i negazionisti del clima”.