A un certo punto, a metà anni Novanta, nelle caotiche strade della trafficatissima Bogotà comparvero eccentrici personaggi dal volto dipinto di bianco. Erano mimi, artisti destinati ad aprire le porte di una rivoluzione: trasformare la capitale della Colombia da giungla di violenze e privilegi a laboratorio per abbattere le disuguaglianze sociali ed urbane. Oggi, in questa metropoli di 8 milioni di abitanti, restano ancora molti contrasti, ma l’esempio della trasformazione di Bogotà attraverso democrazia e mobilità lo si tocca con mano. Proprio dalle mani, con cui sventolare cartellini rossi o immagini di pollici verdi agli automobilisti, oppure premiando a gesti i comportamenti virtuosi e condannando quelli nocivi, nel 1995 l’appena eletto sindaco Antanas Mockus diede il via alla trasformazione della città.


“Partendo dai mimi – racconta Giovanni Vecchio, professore che ha vissuto a Bogotà e oggi insegna Tematiche di urbanistica e pianificazione con focus proprio sulla riduzione delle disuguaglianze alla Universidad Catolica de Chile – mirava ad abbattere le disuguaglianze sociali. Bisogna ricordarsi che nei primi anni Novanta era stato ucciso da poco il narcotrafficante Pablo Escobar, che in Colombia regnava il caos e le sue strade erano iper trafficate, teatro di violenze. Quando Mockus fu eletto puntò così a cambiare il comportamento dei cittadini: decise di cominciare dal traffico”. Per migliorare la mobilità anziché aumentare controlli o polizia inviò squadre di mimi chiamati, con intelligenza e leggerezza, a ironizzare sui comportamenti degli automobilisti. Funzionò, così come i successivi “cartellini” per ammonire o premiare, oppure le stelle dipinte in tutti i posti in cui un pedone fu ucciso per un incidente, arrivando a dimezzare il numero di vittime.

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Il movimento globale delle città da 15 minuti

dal nostro inviato Jaime D’Alessandro

“Un primo cambio culturale – spiega Vecchio – che è diventato un esempio di buone pratiche. Poi a fine anni ’90 arrivò un altro sindaco visionario, Enrique Peñalosa. Puntò a progetti urbani a vantaggio di tutti, senza guardare ai voti: la sua grande idea fu il TransMilenio”. Anziché insistere su costose idee di scavi e metropolitane, il primo cittadino promosse  un sistema di trasporto pubblico rapido tramite autobus che viaggiavano su diverse corsie preferenziali. Introdusse bus lunghissimi, anche di 30 metri e capaci di trasportare centinaia di passeggeri a prezzi sempre economici. Oggi, questo sistema e le sue nove linee, seppur criticato per certi aspetti come l’uso di carburanti (diesel), si è trasformato nel fulcro di una serie di politiche per abbattere le disuguaglianze sociali, anche grazie ai prezzi contenuti.  Va ricordato che nel congestionato Sudamerica la mobilità pubblica è spesso ago della bilancia: in Cile per esempio l’aumento della tariffa dei trasporti pubblici è sfociato in proteste tali da rimettere in discussione tutto il sistema politico ed economico del paese.


“In Colombia però la nuova idea era dare a tutti uno spazio dignitoso e veloce in cui muoversi in una città enorme, che misura da nord a sud 40 chilometri e da est a ovest 15. Come sosteneva Peñalosa il TransMilenio doveva essere il luogo in cui si potessero incontrare, come persone uguali, il presidente di una grande azienda e il portiere dell’edificio di quella stessa azienda” spiega il professore. Oltre a un’attenzione per l’accesso ai mezzi da parte di tutte le fasce sociali, dei diversamente abili, di famiglie e anziani, in parallelo al miglioramento della viabilità sono stati costruiti servizi destinati alla popolazione: da nuovi parchi pubblici a biblioteche, da spazi per le comunità di quartiere sino ad angoli dedicati ai bambini.

A Bogotà, nonostante gravi problemi di corruzione e criminalità, si è puntato così sulla mobilità per livellare i diritti e le possibilità dei cittadini: un concetto che è passato anche per la connessione a costi accessibili delle periferie. “C’erano disuguaglianze forti con le zone povere,  spesso quelle ai margini. Ma la volontà di riconnettere, nata dal miglioramento dei trasporti pubblici, è riuscita a far sentire più vicine anche le periferie che oggi godono di più servizi, dai parchi alle piazze come quelle nelle zone di montagna, dove sono state create funivie come a Medellin. Oggi la città ha ancora delle differenze, ma grazie agli interventi sui trasporti si stanno assottigliando e i cittadini hanno accesso a più opportunità”, spiega Vecchio.


Adesso la nuova sindaca, Claudia López Hernández, non ha smesso di credere nei principi di parità sociale basati sui trasporti e sta ridisegnando Bogotà per trasformarla in una “città da 15 minuti” con tutti i principali servizi soprattutto “a portata di bicicletta”. Al centro del sistema del nuovo modo di intendere i quartieri, i “barrios vitales”, c’è la volontà di rimarcare percorsi pedonali e ciclabili con una pavimentazione dai colori sgargianti, oppure aumentando l’installazione di rastrelliere per bici vicino ai terminal degli autobus, o ancora promuovendo percorsi per una accessibilità più rapida ai luoghi di interesse pubblico o fornendo un sistema di assistenza (anche in auto) per tentare di connettere  velocemente le zone periferiche con quelle centrali. L’idea è che per ridurre tempi e distanze sia necessario incoraggiare uno sviluppo che sia equo, inclusivo e sicuro.

La prima sperimentazione con servizi raggiungibili in 15 minuti sta già avvenendo nel quartiere di San Felipe e presto, fanno sapere dall’amministrazione cittadina, riguarderà altre quattro zone. In questo cambiamento, la vera forza della nuova Bogotà avverrà soprattutto in sella alle biciclette: la capitale colombiana ha infatti una rete di piste ciclabili, la Ciclovia, che sfiora la connessione di quasi 500 chilometri di strade percorribili pedalando e rendendola fra le più importanti di tutta l’America Latina.

Ogni domenica si chiudono altre vie tipicamente trafficate per offrire ai cittadini uno spazio sicuro in cui pedalare, fare yoga, danzare, correre oppure per dare vita ad attività dedicate ai più piccoli in spazi che una volta erano teatro di traffico e violenza. Un concetto che, nel ridisegnare la metropoli, sembra avere in testa una direzione precisa: una mano tesa all’ambiente e un palmo aperto per una stretta in più e una differenza in meno.