Siamo entranti nella primavera, mentre l’inverno meteorologico si è concluso il primo marzo, purtroppo registrando una grave siccità, temperature elevate e scarsità di precipitazioni. Rispetto alla media del periodo 1991-2020 la temperatura ha registrato un +2,1°C con una diminuzione delle precipitazioni del 65%: abbiamo avuto un inverno che si classifica dal punto di vista climatologico come il quinto più caldo di sempre. Il caldo e la siccità hanno stravolto anche l’agricoltura e i cicli colturali con compromissione dei raccolti primaverili.

 

Secondo l’agenzia per la protezione ambiente della Lombardia, nel Nord Italia negli ultimi trent’anni un inverno così mite e secco non si era mai verificato. L’Autorità di Bacino del Fiume Po il 17 marzo scorso ha denunciato la grave la siccità nell’area padana dopo oltre cento giorni senza piogge: i fiumi Trebbia, Secchia e Reno sono ai minimi storici dal 1972, mentre Dora Baltea, Adda e Ticino sono a -75% di portata. Le condizioni idrologiche e climatiche nel bacino del Fiume Po sono molto gravi per l’assenza di precipitazioni da oltre cento giorni in particolare in tutto il Nord. I livelli delle portate dei fiumi sono scesi drasticamente sotto quelli minimi, nelle stazioni di registrazione, mentre sono drasticamente diminuite le portate degli affluenti. Il fiume Po è in secca al ponte della Becca e ha raggiunto il livello più basso rispetto al periodo di massimo caldo di agosto. Il lago di Como ha un volume di acqua più basso del 74% rispetto alla media degli ultimi 15 anni e le riserve  a causa della siccità sono calate del 31% in sette giorni: sono 16 milioni di metri cubi quando solitamente superano i 60.

 

Di fronte a questo scenario di carenza di acqua dovuto al cambiamento climatico fa indignare che le nostre reti idriche, colabrodo, perdano 100.000 litri al secondo, una perdita di acqua pari al 41%. Il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) del governo di fronte a questo disastro economico e ambientale prevede di intervenire sui 25.000 km di rete di distribuzione idrica con 900 milioni di euro, uno stanziamento irrisorio. L’acqua persa dalle nostre reti idriche potrebbe dare da bere ad una popolazione di 40 milioni di persone. La siccità ha portato il rischio desertificazione ad oltre il 70% dei terreni della Sicilia, il 57% in Puglia e Basilicata  come scrive il Cnr.

 

Mentre nel mondo si spendono 2.000 miliardi di dollari all’anno in armamenti, i 100 miliardi di dollari promessi negli anni passati, alle precedenti Cop Onu sul clima, non sono mai arrivati ai Paesi poveri. Solo nel Madagascar e nel Sudan 2,2 milioni di persone sono colpite dalla carestia di cui quasi la metà sono bambini mentre nel mondo 145 milioni bambini soffrono di malnutrizione cronica.

 

I governi più industrializzati del mondo non ritengono urgente affrontare problemi come il riscaldamento globale, le alluvioni, la desertificazione, lo scioglimento dei ghiacciai, le ondate di calore e la diminuzione della produzione delle derrate alimentari.

 

La follia della guerra ha irresponsabilmente messo all’angolo gli impegni e le promesse assunte dalle nazioni nel mondo per combattere il cambiamento climatico che ogni giorno va verso un punto di non ritorno per l’umanità come riporta l’ultimo e drammatico report degli scienziati Onu dell’Ipcc.

 

Non dimentichiamo che secondo il World Resource Institute l’Italia nel 2040 avrà un forte stress idrico con un – 50% di disponibilità di acqua.

 

Il ddl sulla concorrenza prevede la privatizzazione sistematica dei servizi di acqua potabile e oltre a porsi in aperta violazione dell’esito dei referendum del 2011, piega alla logica del profitto un bene essenziale come quello dell’acqua. La questione climatica è un problema di sicurezza nazionale e per questo andrebbe data la priorità a realizzare nuove politiche agricole, energetiche e ambientali per non subire conseguenze gravi che pagheranno le generazioni future. Dobbiamo agire subito, non rinviare le decisioni.

(*Angelo Bonelli è co-portavoce nazionale Europa Verde)