Il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, al centro della vicenda dopo i ricorsi del suo Comune, racconta come il nuovo emendamento vada contro “volontà dell’Europa e del Consiglio di Stato”. E continui a ritardare la necessità di un riordino e di un equilibrio tra spiagge pubbliche e private.

Un nuovo round, nell’infinita questione delle concessioni balneari in Italia, che appare come uno “schiaffo in faccia” per chi si batte nel tentativo di mettere a gara le concessioni anziché procedere con i soliti rinnovi automatici o canoni demaniali quasi irrisori.

Le commissioni Bilancio e Affari Costituzionali del Senato hanno infatti appena dato via libera agli emendamenti che permetteranno la proroga di un anno delle attuali concessioni balneari, fino al 31 dicembre 2024, e concedono cinque mesi in più di tempo per la delega sulla mappatura delle spiagge date in concessione.

 

Un via libera che – seppur dettato dalla necessità di avere più tempo per districare questa complessa vicenda – va in direzione contraria sia a quanto chiede l’Europa, che con la direttiva Bolkestein spinge per la liberalizzazione e messa a bando delle concessioni balneari, sia alla sentenza del Consiglio di Stato italiano. A fine 2021 in adunanza plenaria il Consiglio aveva infatti deciso la decadenza di tutte le concessioni in essere sulle spiagge italiane al 31 dicembre 2023: sosteneva che andavano messe a gara e senza più rinvii.

 

Se si era arrivati all’intervento del Consiglio, per mettere un punto certo sulla diatriba, lo si deve soprattutto al sindaco di Lecce Carlo Salvemini. Il primo cittadino pugliese – seguendo le indicazioni dell’Europa – aveva infatti deciso per un riordino delle concessioni nel suo territorio: una decisione che fece infuriare i balneari, subito finiti al Tar di Lecce per fare ricorso e il tribunale diede loro ragione.

 

Nonostante la pronuncia sfavorevole del Tribunale del riesame, Salvemini si rivolse al Consiglio di Stato per avere una sentenza definitiva sull’interpretazione delle norme: i magistrati diedero di fatto ragione al sindaco, aggiungendo inoltre l’impossibilità di proroghe ulteriori e ricordando che il mercato delle concessioni doveva essere aperto.

 

Da allora, tra cambi di governo, scontri con sindacati e un infinito dibattito politico poco si è mosso. “Ma cittadini e ambiente, dalla necessità di maggiore equilibrio tra spiagge libere e private sino agli interventi sulle coste, non possono più aspettare” spega il sindaco Salvemini a Green&Blue.Sindaco, come giudica i nuovi emendamenti che prorogano ancora le concessioni?

“Si tratta di un provvedimento che scaturisce da una evidente necessità elettorale per presentarsi al voto in Lazio con una offerta nei confronti dei balneari, che lì sono particolarmente forti. Il provvedimento è in palese e clamoroso contrasto con la sentenza del Consiglio di Stato che espressamente prevedeva qualunque illegittimità di proroga rispetto alla scadenza indicata del 31 dicembre 2023 e che invece viene di fatto traslata di ulteriori dodici mesi. Dunque da una parte c’è la necessità elettorale, dall’altra la consapevolezza di un provvedimento in aperto conflitto con Consiglio di Stato ed Europa”.

Eppure la sentenza del Consiglio di Stato parla chiaro…

“Se si legge la sentenza i magistrati avevano già immaginato che potesse arrivare un rinvio e proprio per questo, chiarissimi, nel testo avevano indicato che non doveva esserci. Invece con questa nuova scelta ci esponiamo di nuovo ad un richiamo di sanzioni da parte dell’Europa e inoltre si trasferisce consapevolmente e sciaguratamente la responsabilità di ulteriori provvedimenti in capo ai Comuni i quali si troveranno a dover disapplicare la norma del governo perché in aperto contrasto con il volere dell’Unione, così come sancito dal Consiglio di Stato. É un circuito, figlio di una parte politica che è notoriamente e orgogliosamente al fianco dei concessionari balneari esistenti e che agisce in maniera indifferente rispetto ai diritti di concorrenza”.

Tra problemi ambientali, mancanza di spiagge libere e concessioni riassegnate automaticamente, che strumenti hanno i Comuni per affrontare tutto questo?

“Pochi. Oltretutto c’è un ulteriore provvedimento assunto dal governo: un emendamento che annuncia l’istituzione di un tavolo tecnico finalizzato a governare questo passaggio sulle spiagge e che espressamente esclude la presenza dei Comuni tramite la propria associazione, l’Anci, che non è presente al tavolo. Quindi i comuni, che hanno un ruolo determinante su questa vicenda, vengono considerati irrilevanti anche per un confronto. Mi sembra tutto assurdo, pazzesco, uno schiaffo in faccia”.

A livello di impatto ambientale come può incidere questa ulteriore proroga?

“Noi a Lecce abbiamo affrontato il tema con un piano comunale delle coste per la progettazione dello spazio pubblico demaniale in cui si pone il tema della sostenibilità, tutela e valorizzazione del territorio. Ma a mio avviso uno dei decreti legislativi di cui non si parla abbastanza  e che andrebbe affrontato è relativo al rapporto che dovrebbe esserci fra spiaggia pubblica e spiaggia privata. Di fatto è inesistente in moltissime regioni italiane dove circa il 90-95% di linea di costa balneabile è data in concessione ai privati e ciò impedisce a milioni di famiglie di poter godere di un bene demaniale quale è il mare, spesso perché in condizioni di disagio economico tale da non permettersi ombrellone e lettino. In Puglia la legge regionale parla di 60% libera e 40% in concessione, ma altrove spesso non accade. Il decreto si dovrebbe quindi incaricare di affermare questa scelta come principio liberale. Ciò sarebbe un bene anche per le politiche ambientali: serve più equilibrio fra pubblico e privato, cosa che gioverebbe sia a livello di sostenibilità sia per ragioni di equità sociale, garantendo a tante persone di andare al mare senza dover spendere”.

Ritiene che il rinvio sia a favore dei balneari?

“Per me c’è poco beneficio per i balneari – che avevano già comunque garantita la stagione 2023 – perché li lascia in un limbo di incertezza quando in realtà anche a loro serve un riordino del settore: nelle nuove concessioni possono essere protagonisti perché non è in discussione il modello di offerta turistico balneare, ma viene semplicemente rivisto il criterio di rilascio delle concessioni, e io sono abbastanza convinto che molti di coloro che già oggi operano sarebbero nelle condizioni di ricandidarsi ed ottenere l’assegnazione”.

Di cosa avrebbero bisogno davvero le spiagge italiane?

“Ripeto: di un maggiore equilibrio fra pubblico e privato e di più diritti per i cittadini che vanno al mare. Oggi invece si ritiene che sia più importante offrire un modello, quello dei lidi balneari, che nessuno mette in discussione, ma che a mio avviso non può essere né l’unico, né esclusivo e prevalente”.

A fiducia in una soluzione in tempi brevi, oppure pensa si dovrà rimandare tutto al 2025?

“Io ritengo che questi siano gli ultimi colpi di coda. L’orizzonte è chiaro. Ormai il percorso è segnato e va verso una revisione delle concessioni. È interesse di tutti, balneari inclusi, affrontare la cosa nel più breve tempo possibile. Prima che arrivi qualcuno a imporcerlo – come l’Europa – mi piacerebbe che la politica si riappropriasse delle sue funzioni: sarebbe un bene per l’ambiente e per i cittadini”.