Sette settembre. Quinto giorno di sciopero della fame. Il fisico ancora tiene. “Andrò avanti fino all’ospedalizzazione o fino a quando Enrico Letta, Giorgia Meloni e Matteo Salvini non accetteranno un incontro pubblico per parlare di come contrasteranno l’imminente collasso ecoclimatico”. A 16 anni Francesco Bollini ha già le idee chiare e una battaglia in cui credere: aprire gli occhi a chi non percepisce il cambiamento climatico come un pericolo attuale. Con una sedia pieghevole in una mano e i cartelloni nell’altra, dal 3 settembre ogni giorno si incammina dalla casa in cui è ospite a Milano e puntuale alle 16 si piazza davanti Palazzo Marino, sede dell’amministrazione comunale, e lì rimane fino alle 20.

“Il primo giorno ho avuto un po’ di timore, come è normale che sia – ricorda – ma sono un violoncellista e mi ha ricordato ciò che si prova quando ti siedi sul palco prima di un concerto: c’è l’ansia, ma una volta che parti passa tutto e alla fine arriva la soddisfazione. In questo caso la piazza è il mio teatro”. Abituato agli applausi, da questa “sorta di performance” – come l’ha definita scherzando – Francesco riceve in cambio dialogo ed emozioni. “Sono convinto che anche una semplice conversazione possa cambiare le persone. È bello vedere che c’è tanta gente che si ferma a parlare, che è interessata e cerca di capire perché un ragazzo di 16 anni sia in qualche modo costretto a fare un’azione del genere”. Anche se non manca chi passa, guarda di sguincio e prosegue dritto ridendo.

Non ha riso lui invece quando una mattina di aprile, armato come sempre di provette e strumenti vari, ha pedalato fino alla lanca (il letto del fiume, ndr) a 20 minuti dalla sua casa di Pavia e non l’ha trovata più: come conseguenza della siccità del Po e del Ticino si era completamente prosciugata. “Di acqua lì ce n’era pure tanta – racconta ancora incredulo – ci andavo spesso per riempire qualche provetta e analizzare poi al microscopio le forme di vita. Ma quella mattina mi ha aperto gli occhi”. Così il liceale ha iniziato a informarsi leggendo i report scientifici “e ho capito pian piano che quello che ho sempre sentito chiamare come cambiamento climatico, un termine ormai banalizzato e spesso usato a sproposito, è un problema che riguarda tutti, anche me. E non riguarda un futuro indefinito, riguarda l’oggi”.

Da quell’episodio è nata l’esigenza di agire, di fare qualcosa di concreto come lo sciopero della fame. In mezzo c’è stato l’incontro con gli attivisti di Ultima Generazione, che organizzano manifestazioni non violente contro il cambiamento climatico, e una grande riflessione con i suoi genitori. “I miei genitori sono preoccupati quanto me per il mio futuro e condividono quanto me i motivi di questo sciopero. Un’approvazione totale – specifica – ne abbiamo parlato tanto insieme e sempre insieme abbiamo capito che si trattava di un’azione doverosa e giusta, anche se, ovviamente, erano e sono estramemente preoccupati per la mia salute”.

I rischi di questa forma di protesta sono tanti. Non molto tempo fa a Roma un’altra attivista per il clima, la 27enne Laura Zorzini di Extinction Rebellion, è finita in ospedale – in codice giallo – al sesto giorno di sciopero dello fame e ha proseguito nella protesta fino a che, tre giorni dopo, non è riuscita a ottenere un incontro con il ministro Cingolani. “C’è un medico che mi segue costantemente e tiene sotto controllo i miei parametri – spiega Francesco – sono perfettamente consapevole che si tratta di una scelta estrema ma bisogna capire che è estrema anche la situazione che viviamo. Quando parliamo di cambiamento climatico, non parliamo degli orsi o delle foche, ma del nostro futuro, di avere una vita normale. Se devo scegliere tra un dolore fisico che questo sciopero mi sta già portando e il dolore che milioni di italiani e di persone in tutto il mondo proveranno nel giro di poco tempo se non agiamo concretamente oggi, preferisco la prima opzione”.

Con tono calmo e fermo, il 16enne spiega che “ci sono rimasti tre anni al massimo per agire e non lo dice un ragazzino in preda al panico come me, ma i referenti scientifici del Parlamento inglese”. Proprio a causa di questa finestra d’azione ristrettissima, Francesco e Ultima Generazione vogliono chiedere ai segretari dei principali partiti politici un impegno concreto ora “perché il prossimo governo non avrà già più tempo per agire”.

“Chiediamo che entro un mese dall’eventuale insediamento il nuovo governo si impegni a firmare un decreto legge, che abbiamo stilato con l’aiuto di vari parlamentari, per impedire la riapertura delle centrali a carbone dismesse e cancellare il progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale. Queste richieste possono sembrare secondarie rispetto alle conseguenze della guerra in Ucraina o alla crisi che ha portato il Covid, ma non è così. Fino al giorno delle elezioni cercheremo di fare tutto quello che possiamo per fare pressione sui politici”.

L’iniziativa di Francesco si inserisce in un calendario fitto di azioni e proteste Ultima Generazione organizzerà in diverse città italiane fino al 25 settembre. “L’8 mi sposterò davanti alla sede di Fratelli d’Italia qui a Milano. E poi sabato 10 ci sarà in Piazza della Scala, alle 14, una sorta di sit-in, un raduno autorizzato, in cui chiunque avrà l’occasione di dimostrarsi solidale verso le cause che portiamo avanti. Più siamo e meglio è”.