La Camera dei rappresentati approva e così negli Stati Uniti l’Inflation Reduction Act voluto dal presidente Joe Biden diventa legge. «Un passo storico e capace di trasformare il Paese», ha dichiarato a caldo la presidente della Camera Nancy Pelosi. Non ha tutti i torti: prevede, fra le altre cose, il più importante investimento in politiche ambientali della storia americana. Iniziativa data per morta appena due settimane fa, passata al Senato per un soffio, stanzia 369 miliardi di dollari per cercare di ridurre l’emissione di gas serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005.

Mentre in Italia la petizione Un voto per il clima corre malgrado il Ferragosto e supera le 170mila firme, chiedendo alla politica di pensare a un piano concreto per affrontare la crisi climatica, l’America ora ha una strategia. Siamo però al di sotto degli obbiettivi dell’Unione europea, la nuova legge Eu sul clima nel luglio del 2021 ha reso più ambizioso l’impegno del Green Deal con la riduzione delle emissioni per il 2030 al 55% e neutralità carbonica entro il 2050, che significa l’equilibrio tra emissioni e assorbimenti dei gas a effetto serra. Eppure l’Inflation Reduction Act avrà comunque un peso enorme: gli Stati Uniti sono secondi solo alla Cina in fatto di CO2.

Ai tagli ci arriveranno grazie a una serie di incentivi per i privati e crediti di imposta per le aziende destinati a chi produrrà e userà energia pulita. Comprese le tecniche per la cattura di CO2 ancora troppo costose per essere adottate su larga scala. Secondo gli istituti di ricerca Energy Innovation e Resources for the Future, si dovrebbe arrivare alla creazione di un milione e mezzo di posti di lavoro aggiuntivi, crescita del Pil nell’ordine del punto percentuale e abbassamento dei costi dell’energia al dettaglio del 7%.

Gli Usa non sono i soli ad avere una legge specifica sul clima.

La prima è stata la Gran Bretagna nel 2008 che individuò l’obbiettivo della neutralità carbonica entro il 2050. Il piano più ambizioso è quello della Finlandia che vuole arrivarci nel 2035. È seguita dalla Danimarca, Germania e Portogallo che puntano al 2045. Grecia e Lussemburgo hanno fatto propri gli obiettivi della Eu mettendo nero su bianco le varie tappe per centrarli. Le leggi del 2021 di Spagna e Francia sono state contestate perché giudicate insufficienti e con obiettivi intermedi troppo modesti.