Una settimana lavorativa di quattro giorni può essere efficace anche per aiutare il clima e l’ambiente. Da poche ore sono stati pubblicati i risultati di quella che è considerata la più grande prova sperimentale al mondo di settimana corta senza riduzione di salario. Il progetto si chiama “4 Day Week Global” e ha coinvolto 60 aziende e quasi 3mila lavoratori – soprattutto nel Regno Unito – in un periodo di sei mesi in cui i dipendenti hanno lavorato quattro giorni anziché cinque senza perdite di retribuzione.

I risultati indicano che quasi tutte (il 91%) le società che hanno sperimentato questa formula continueranno col programma dato che in media i ricavi sono aumentati del 35% (rispetto all’anno precedente), è diminuito l’assenteismo e anche gli effetti in termini salute e benessere dei lavoratori sono stati giudicati più che positivi.

 

Nel report, viene sottolineato come anche i risultati ambientali sono incoraggianti, soprattutto a livello di tempo di percorrenza ridotto in auto per andare al lavoro.

 

Su questo aspetto e su altri potenziali benefici ambientali una società di consulenza che ha aderito al programma 4 Day Week, la britannica Tyler Grange, ha voluto indagare di più. In questa azienda che fa consulenza ambientale lavorare quattro giorni ha portato ad aumentare la produttività giornaliera del 22%  e “in media abbiamo visto una riduzione del 21% nel numero di miglia percorse in auto” raccontano dal gruppo, specificando come inoltre alcuni dipendenti nei giorni liberi hanno scelto di aderire a programmi di volontariato in associazioni ambientaliste.

Secondo Juliet Schor, economista e sociologa del Boston College, una settimana lavorativa più breve è la chiave per raggiungere le riduzioni delle emissioni di CO2. “Sebbene i benefici climatici siano la cosa più difficile da misurare, abbiamo molte ricerche che dimostrano che nel tempo, man mano che i paesi riducono l’orario di lavoro, le loro emissioni diminuiscono”. Da precedenti studi una riduzione del 10% delle ore è associata a un calo dell’8,6% dell’impronta di CO2.

Uno degli aspetti positivi della riduzione della settimana lavorativa è infatti proprio il calo del pendolarismo e dell’uso dei mezzi privati ma i dati raccolti nel Regno Unito dimostrano anche come avere più tempo libero ha portato ad un aumento dei comportamenti a favore dell’ambiente: più volontariato per cause ambientali, maggiori attenzioni per il riciclo e in generale un più alto impegno ecologico.

“Quando le persone lavorano meno, hanno più tempo libero per attività sostenibili che spesso richiedono più tempo” ha raccontato per esempio alla Bbc Stefanie Gerold, ricercatrice presso l’Università tecnologica di Brandeburgo in Germania.

Ma c’è un altro aspetto, finora esaminato solo superficialmente, che secondo l’esperimento della società Tyler Grange è molto incoraggiante: la riduzione delle emissioni di anidride carbonica legate all’invio e all’archiviazione dei dati. “La mancanza di traffico aziendale online il venerdì potrebbe avere un impatto sostanziale sulle emissioni, forse anche più importante del calo del pendolarismo” sostengono dall’azienda, seppur senza dati ufficiali.

Per contro però, avvertono altri esperti come Anupam Nanda, professore di economia urbana all’Università di Manchester, nel difficile calcolo della possibile riduzione delle emissioni legate alla settimana corta è decisivo anche poter considerare come gli impiegati spendono il loro tempo libero perché questo potrebbe anche “portare a un maggiore consumo di beni e servizi ad alta intensità di CO2. Se finisci per prendere un aereo o guidare per cento miglia per attività ricreative, difficilmente questo può aiutare ad affrontare la crisi climatica” sostiene Nanda.

Se si guarda in tal senso ai dati del progetto 4 Day Week il numero di viaggi di piacere nazionali effettuati dai lavoratori coinvolti è diminuito del 5,5% in quattro settimane, ma il numero di voli internazionali effettuati nel tempo libero è rimasto  invariato.

 

Più in generale, sia i partecipanti al progetto sia una serie di studi che sono stati fatti ad esempio in Islanda, Svezia e Stati Uniti, indicano comunque diversi impatti positivi, a livello ambientale, della settimana corta, ma questi effetti restano ad oggi  difficili da misurare. Anche per questo gli esperti suggeriscono più casi pilota attraverso i quali raccogliere informazioni e dati per comprendere il potenziale impatto della riduzione delle ore di lavoro – a seconda dei Paesi – per esempio sul riscaldamento globale.