Una dichiarazione d’amore, un’ammissione di colpa, una richiesta di perdono, la promessa che il futuro sarà diverso. C’è questo, e molto più, in quel Ti amo ancora scritto a caratteri cubitali in piazza San Carlo a Torino. Ma chi? Cosa? Terra. Aggiunto in piccolo sotto l’ultima A, come una postilla, perché il destinatario di un amore così grande è importante, ma lo è ancora di più smuovere la pancia delle persone. “Volevamo che da questa frase potesse partire un sentimento collettivo, che potesse far breccia anche su chi l’ha vista distrattamente. E far capire – racconta Eugenio Cesaro, cantante degli Eugenio in Via Di Gioia, gruppo musicale torinese autore della scritta – che il sentimento che ci deve spingere a trattare meglio il nostro Pianeta è lo stesso che ci porta a chiedere scusa a un amico quando tradiamo la sua fiducia e alla fidanzata quando ci rendiamo conto di aver sbagliato”.

La band torinese, di cui fanno parte anche Emanuele Via, Paolo Di Gioia e Lorenzo Federici, si occupa di ambiente da quando ancora non era un tema di tendenza. Ne parla spesso nelle canzoni e non è nuova ad azioni di sensibilizzazione, come la foresta collettiva di duemila abeti rossi nell’area boschiva di Paneveggio, in Trentino, devastata dalla tempesta Vaia. “Questa volta però – precisa Eugenio – ci è sembrato opportuno affrontare il problema da un passo precedente all’azione. Dal sentimento. Amare vuol dire prendersi cura di quello che c’è intorno a noi. Partiamo da qui per dire abbiamo sbagliato, abbiamo maltrattato la casa che ci ospita, ci siamo concentrati su cose effimere. Ora possiamo chiedere scusa e provare a migliorare, è l’ultima volta che possiamo“.

Green&Blue Open Summit, la “Natura viva” degli Eugenio in Via Di Gioia

Armati di quattromila gessetti da scuola elementare bianchi, una trentina di rotoli di scotch di carta e un metro da sartoria lungo 20 metri, gli Eugenio in Via Di Gioia accompagnati da 150 ragazze e ragazzi tra i 18 e i 29 anni – ingegneri ambientali, designer e maturandi – hanno disegnato la scritta sul pavè della storica piazza torinese, a incorniciare il cavallo di bronzo, durante la notte tra il 28 e il 29 marzo. Completarla, considerato che ogni lettera era alta 15 metri, ha richiesto 8/9 ore. “Abbiamo fatto colazione verso le 5:30 e poi alle 7 siamo tornati in piazza per fare la foto col drone. E dovevamo urlare ai passanti o ai ciclisti di stare attenti alla scritta”. Poi Torino si è svegliata e ha iniziato a chiedersi cosa fosse successo, divisa tra chi urlava contro i vandali e chi approvava il gesto romantico.

“Il risultato è stato spettacolare. Visto quanto era simmetrica? Non c’era modo di saperlo mentre la disegnavamo, ma grazie all’aiuto di tutti è riuscita. L’unione fa la forza“. Ed è proprio questo il significato del flash mob. “Nella scritta di per sé non c’è nulla”, svela Eugenio. “Anche vederla per intero era quasi impossibile. Forse un po’ dall’angolo esterno… Il vero messaggio era farla: colorare come gesto ancestrale e anti stress, sporcarsi le mani con i gessi, riappropriarsi insieme della piazza, del luogo comune, quello dove in provincia ci si incontrava senza appuntamento. Coi ragazzi che sono venuti con noi abbiamo fatto questo e alla fine non volevamo più smettere di stare insieme. Sono sicuro che nasceranno amicizie, amori. La scritta invece doveva essere estemporanea, tipo una frase sulla sabbia cancellata dalle onde”.

Ed effimera lo è stata davvero, è durata poco più di 12 ore. La band ha fatto appena in tempo a uscire allo scoperto sui propri social che l’idropulitrice dell’Amiat, l’azienda che si occupa di pulizia delle strade e rifiuti a Torino, ha cancellato tutto a loro spese. “In realtà eravamo d’accordo col Comune, che ha autorizzato il flash mob e l’uso del drone, che la scritta sarebbe rimasta fino al venerdì. Considerato il meteo, sarebbe stata la pioggia a lavare via il gesso, con un risparmio di soldi ed energia. Forse viste la foga di alcune critiche hanno avuto paura che non se ne andasse e hanno deciso di agire prima…”.

Dopo la confessione tanti hanno applaudito al gesto, compresi gli attivisti di Fridays for Future Italia. Qualcuno accusa però la band di aver fatto un’operazione di marketing in vista dell’uscita del nuovo album a maggio. “Mi spiace per chi vede del marcio in ogni cosa”, commenta Eugenio. “È il fine con cui si fanno le cose che conta e in questo caso non sono i soldi: credo davvero che questi gesti possano smuovere le coscienze. Nel mondo in cui viviamo sembra che vendere sia il fine ultimo di ogni azione che compiamo, la verità però è che la situazione è molto più complessa di così. Noi facciamo musica e vogliamo salvare il Pianeta, quindi non dovremmo distribuire le nostre canzoni? Combattere il sistema da eremiti è quasi controproducente, bisogna entrare dentro un meccanismo per scardinarlo. Anche Luke Skywalker per distruggere la Morte Nera ci è entrato dentro”.