L’Europa ha confermato definitivamente la fine delle immatricolazioni dei veicoli endotermici al 2035 e i produttori di auto dovranno ridurre le emissioni dei nuovi veicoli del 55% al 2030 (rispetto alle emissioni del 2021), fino a raggiungere il 100% dell’abbattimento di gas serra cinque anni più tardi. Ma non è tutto: i legislatori hanno anche deciso di chiedere alla Commissione di trovare un ruolo per gli e-fuel destinandoli a quei veicoli che non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento, anche se tale proposta non è vincolante. I ministri dell’Ambiente della Ue e il Parlamento europeo insomma hanno messo la parola fine ai motori termici.

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di Vincenzo Borgomeo, infografica di Paula Simonetti

Cosa sono

Per e-fuel si intendono tutti i combustibili liquidi o gassosi, di origine sintetica, prodotti tramite processi energivori alimentati da energia elettrica rinnovabile.

Di fatto gli e-fuel sono il frutto del processo di trasformazione dell’energia elettrica rinnovabile in chimica sotto forma di combustibili che vengono utilizzati come vettori energetici. Sono anche chiamati electrofuel powerfuel Power-to-X (PtX) e il loro grande punto di forza è che – in teoria – possono assicurare un futuro ai motori termici.

 

Come vengono prodotti

Tutto nasce da un processo di elettrolisi che scompone l’acqua nei suoi elementi base come idrogeno e ossigeno. Un processo che richiede molta elettricità che, per questo, viene a sua volta prodotta utilizzando solo fonti rinnovabili.

Poi – grazie alla sintesi Fischer-Tropsch, l’idrogeno viene miscelato con la CO2 estratta dall’aria e convertita in un vettore energetico liquido: nasce l’e-fuel.

Perché si considerano green

Sappiamo che gli e-fuel vengono considerati carburanti totalmente eco. Ma perché visto il processo produttivo? Il motivo sta nel fatto che per la produzione viene usata solo energia ricavata da fonti rinnovabili e poi perché viene emessa nell’ambiente solo la stessa quantità di CO2 che era stata precedentemente assorbita durante la produzione.

La differenza fra e-fuel e biocarburanti

Sono due cose completamente diverse perché i biocarburanti, o biocombustibili, nascono solo dalla lavorazione di sostanze organiche, vegetali o animali. Quindi anche da rifiuti e scarti di coltivazioni di colza, mais o soia. Sono perfetti perché realizzano l’economia circolare, allungano il ciclo di vita dei prodotti, risolvono in parte il problema dei rifiuti e riducono l’impatto ambientale complessivo.

 

Inoltre, se si coltiva un campo per essere poi destinato alla creazione di biocarburanti, parte della CO2 prodotta dalla loro combustione viene direttamente riassorbita dalla coltivazione stessa.

 

Il problema (enorme) dei biocarburanti però è legato al massiccio consumo di suolo che porta alla inevitabile deforestazione. Senza contare che nel ciclo di produzione e riassunzione della CO2 è impossibile arrivare al bilanciamento. E poi c’è anche il problema che, davanti alla piaga della fame nel mondo, non si possono sottrarre colture ad altre che potrebbero sfamare popolazioni. Ecco perché ora si punta a biocarburanti prodotti con alghe marine, microalghe e particolari incroci genetici.

Come si può usare l’e-fuel

Questo carburante sintetico può essere usato in vari modi, tutti regolati da una precisa normativa (la Din En 228): e-Petrol, e-Diesel, e-Heating e e-Kerosene. In più gli e-fuel possono essere anche mischiati con gasolio o benzina, per proporre carburanti più ecologici rispetto a gasolio e benzina tout court. Il tutto senza modificare la rete di distribuzione dei combustibili convenzionali che potrebbe vendere e-fuel senza nessun problema, né di stoccaggio né di rifornimento perché gli e-fuel possono essere conservati ad una pressione e temperatura ambiente.

Il ruolo degli e-fuel

Il ruolo di questi carburanti però sarà per forza di cose marginale: è la stessa industria dei combustibili ad ammettere, nelle proprie stime, che nel 2035 gli e-fuels potrebbero soddisfare appena il 3% della domanda di carburante stradale in Europa (ovvero lo 0,4% della stessa nel 2030, il 16% nel 2040 e il 50% nel 2050 secondo l’analisi di Concawe, un centro di ricerca fondato e finanziato da operatori del settore fossile)”.

Il problema dei costi

Il problema dei costi sembra insormontabile: oggi un litro di e-fuel costa 20 euro e non è un caso che la Porsche – la casa al mondo che sta investendo di più in questa tecnologia – ha chiesto ufficialmente incentivi alla Ue per arrivare ad avere e-fuel offerti allo stesso prezzo di benzina e gasolio. Barbara Frenkel, responsabile forniture del brand tedesco, ha sottolineato come questa enfasi sugli e-fuel non è pensata per offrire a modelli come la Porsche 911 la possibilità di essere venduti in Europa dopo l’obiettivo del 2035 ma che è una soluzione per mantenere in attività – ma a ridotte emissioni – l’enorme stock di auto che saranno ancora circolanti dopo la scadenza fissata dall’Unione Europea.

Dove verrà prodotto

Porsche ha aperto una fabbrica per la produzione di e-fuel in Cile nel dicembre dello scorso anno. In una fase pilota, vi saranno prodotti 130.000 litri di carburante, che saliranno a 550 milioni all’anno entro il 2027. La casa tedesca ha ripetutamente indicato gli e-fuel come soluzione complementare alla mobilità elettrica, confermando che entro il 2030 l’80% della sua gamma sarà composta da modelli a zero emissioni.

 

E il Cile sarà la patria degli e-fuel, al punto che questo nuovo carburante fa ormai parte della strategia energetica nazionale: in questo Paese, infatti, la produzione di e-fuel sarà affiancata da quella di idrogeno verde (generato da fonti rinnovabili) per esportare poi questi due carburanti in tutto il mondo. Il progetto sfrutta la grande ventosità della zona, un elemento perfetto per generare energia eolica a basso costo. E la mano d’opera a buon mercato, che consentirebbe di avviare una produzione a basso costo.

 

Ecco perché la Porsche ha anche investito 75 milioni di dollari nella HIF Global LLC, una holding di sviluppatori che progettano impianti di produzione di carburanti sintetici, ottenendo una quota di partecipazione a lungo termine nella società, con sede a Santiago del Cile. Oltre a Porsche, hanno preso parte al round di finanziamento anche i fondi EIG Global Energy Partners e Baker Hughes, oltre a Andes Mining & Energy of Chile e Gemstone Investments. La nuova iniezione di capitale sarà utilizzata per realizzare impianti industriali e-Fuel in Cile, Stati Uniti e Australia, luoghi che hanno a disposizione una gran quantità di energia rinnovabile.

Lo studio che stronca gli e-fuel

La strada scelta dalla Porsche appare in salita: un recente studio della Transport & Environment sostiene che i carburanti sintetici non servono a decarbonizzare il settore dell’auto. Secondo Transport & Environment gli e-fuel non sono la strada giusta per la transizione ecologica del settore auto, che da solo è responsabile del 12% del totale delle emissioni climalteranti in Europa.

Per arrivare a questa conclusione lo studio ha calcolato le emissioni di CO2 sull’intero ciclo di vita di un’auto alimentata a combustibili sintetici acquistata nel 2030, verificando che un’auto ibrida alimentata da e-fuel nel suo intero ciclo di vita diminuisce le emissioni di anidride carbonica soltanto del 5% rispetto a un’auto a benzina. Ma perché usare per i test proprio una ibrida? Perché è quella a cui corrispondono le minori emissioni nell’intero ciclo di vita, quando vengono utilizzati i combustibili sintetici per alimentarla, e quindi per avere un risultato più veritiero.

L’analisi del ciclo di vita tiene conto anche delle emissioni derivanti dall’estrazione dei materiali, dalla produzione dei componenti (comprese le batterie), dall’assemblaggio del veicolo, riciclo e smaltimento. Nella fase di utilizzo, per le auto con motore a combustione, sono state conteggiate le emissioni dirette dallo scarico e quelle a monte del carburante.

Per le auto elettriche sono state conteggiate le emissioni dirette derivanti dalla generazione di elettricità e dalle infrastrutture elettriche (ad esempio, la produzione di pannelli solari e turbine eoliche). E se invece considerassimo un’auto alimentata unicamente da combustibili sintetici, prodotti utilizzando al 100% energia rinnovabile? In questo caso l’auto produrrebbe nell’intero ciclo di vita l’82% di emissioni di CO2 in meno rispetto a un’auto a benzina tradizionale, restando comunque più impattante di un’auto elettrica a batteria alimentata al 100% con energia rinnovabile, principalmente a causa della bassa efficienza associata al processo produttivo dei combustibili sintetici. L’ipotesi però è poco più di un esercizio teorico, data la scarsa disponibilità di e-fuel ora in commercio.