Siamo stati un popolo di virtuosi, parchi, attenti agli sprechi alimentari, persino altruisti ed ecologisti. Erano i mesi più duri della pandemia tra lockdown e distanziamento. Ma gli ultimi dati parlano di una inversione di tendenza, di 7 miliardi di euro finiti l’anno scorso nelle nostre pattumiere di casa tra pane, carne, insalata buttati via perché andati a male, scaduti, tra distrazione e spese mal fatte. E nonostante questo anche nel 2021 tra i Paesi industrializzati siamo medaglia d’oro, restiamo leader dei buoni, di quelli meno spreconi. Cosi racconta il rapporto 2022 di Waste Watcher International, diffuso in occasione della 9^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, (5 febbraio) per iniziativa della campagna Spreco Zero di Last Minute Market, fondato dal professor Andrea Segrè dell’Università di Bologna, su monitoraggio Ipsos.

Il decalogo antispreco dell’ENEA 

E se chi getta più di sette miliardi e passa di cibo è considerato tra i migliori, è chiaro quanto ci sia ancora da fare per salvare noi e il Pianeta. Destini incrociati, talmente legati e dipendenti che lo slogan scelto per quest anno è One health, one earth, una salute, una terra. Insieme. Perché come sottolinea Maurizio Martina, vicedirettore generale Fao: “Ogni anno nel mondo si sprecano mediamente quasi 74 chili di cibo a testa, più del peso medio di una persona. A livello mondiale, il totale degli sprechi alimentari è uguale a quello di 23 milioni di camion da 40 tonnellate a pieno carico che, allineati insieme, possono fare il giro della Terra per ben sette volte. Quasi 1,4 miliardi di ettari di superficie agricola mondiale vengono usati per produrre cibo che poi non viene utilizzato. Tutto questo, mentre oltre 800 milioni di persone vivono nell’emergenza alimentare. Sono numeri impressionanti che devono farci riflettere ma soprattuto spingerci a reagire”. E i report come quello di Waste Watchers fotografando la situazione aiutano a cambiare comportamenti e futuro.

Italia, dopo la pandemia sprechiamo più cibo

Ma torniamo ai dati. Costretti a casa, a cucinare, con la spazzatura sotto occhio, molti italiani forse per la prima volta negli ultimi due anni avevano fatto più attenzione all’immensa quantità di cibo gettato. I nuovi numeri ci raccontano purtroppo una storia diversa, il ritorno alla vita sociale interrompe il trend: siamo infatti passati da 529 grammi a testa agli attuali 595, ovvero più di trenta chili a persona nel corso del 2021. Grammi che moltiplicati per gli abitanti del nostro Paese significano 1,866 tonnellate di cibo sprecate, ovvero più di sette miliardi di euro che finiscono nelle pattumiere delle nostre case.

Un dato che vede tra i più distratti le coppie senza fgli, i single, il Sud, le città con meno di centomila abitanti. Mentre per una volta le metropoli si trovano dalla parte dei buoni, visto che secondo i dati i loro abitanti sprecano il 10% in meno della media.

Sette miliardi di euro buttati nella pattumiera

Sette miliardi bruciati nelle nostre pattumiere casalinghe sono il doppio della cifra stanziata per contrastare il caro energie e sommate allo spreco di produzione e distribuzione si arriva a dieci e mezzo. Ma qual è la prima conseguenza dello spreco alimentare, secondo i consumatori italiani? Al top la perdita di denaro, vissuta come aspetto più grave da oltre 8 italiani su 10 (83%), sprecare ha poi un effetto diseducativo per i giovani (83%), è considerato immorale (80%) e ha il suo peso sull’inquinamento ambientale (76%).

In molti casi nelle famiglie la preoccupazione economica si lega dunque a quella ambientale, così se la pandemia secondo sei su dieci intervistati ha peggiorato le nostre vite, uno su due ritiene che anche la situazione ecologica sia peggiorata per l’aumento dei rifiuti tra plastica, mascherine, shopping on line, delivery, con un maggiore ricorso alle auto private e meno trasporto pubblico per paura del virus. Una sensazione confermata dai dati: ben 8 milioni di tonnellate di plastica, tra mascherine, guanti e altri prodotti legati alla gestione del Covid-19, sono stati riversati nell’ambiente in un solo anno di pandemia e, di queste, almeno 25mila tonnellate sono finite negli oceani (dati Università di Nanchino/Università di San Diego 2021).

Inoltre l’Istat ha calcolato che rispetto ai primi due mesi del 2020 l’uso del trasporto pubblico per recarsi al lavoro o a lezione è calato del 4,7%, mentre quello dell’automobile è cresciuto del 5,3%. Per questo gli italiani si dichiarano disposti a cambiare e puntano sulle buone pratiche, come la raccolta differenziata (92%), quindi la prevenzione dello spreco alimentare (91%), e la riduzione dell’acquisto di prodotti con imballaggi in plastica (90%).

Cosa sprechiamo e che fare: tra educazione e nuove tasse

L’indagine 2022 Waste Watcher spiega che nella hit degli alimenti più spesso sprecati al primo posto c’è la frutta fresca (27%), seguita da cipolle aglio e tuberi (17%), pane fresco (16%), verdure (16%) e insalata (15%). I motivi dello spreco nel nostro Paese sono purtroppo sempre uguali negli anni, quasi la metà si dimentica il cibo acquistato, uno su tre calcola male i bisogni alimentari e un terzo temendo di non avere abbastanza scorte ha esagerato con gli acquisti. Per migliorare e migliorarsi, quasi tutti gli intervistati chiedono di potenziare l’educazione, 4 italiani su 5 (83%) di migliorare le indicazioni sulle etichette, il 72% prospetta confezioni più piccole. Mentre cresce la percentuale di chi immagina di applicare tassazioni sulla base di una sorta di ‘sprecometro’: un’ipotesi che raccoglie il 54% del consenso.

Italia, la più virtuosa nel G8 dello spreco

L’Italia resta comunque la nazione più virtuosa nel “G8” dello spreco, che vede i russi a quota 672 grammi settimanali, gli spagnoli a 836, gli inglesi con 949 e i tedeschi con 1081, i canadesi con 1144 e i cinesi con 1153. Maglia nera ancora una volta i cittadini statunitensi, che dichiarano 1453 grammi sprecati settimanali a testa.

La tradizione batte la tecnologia

La tecnologia non viene usata in massa per evitare sprechi, vince ancora la classica lista della spesa (7 su 10) per limitare i super acquisti o i resti in frigo e l’assaggio dei cibi scaduti prima di buttarli. Il ricorso alle app salvacibo – dagli alert sul proprio cibo in scadenza ai dispositivi di scambio o acquisto degli alimenti invenduti – resta abitudine ristretta a non più del 9% della popolazione. Per l’esattezza dal 3 al 7% in Italia, dal 4 al 9% in Spagna, dal 5 al 7% nel Regno Unito e in Canada, fino al 9% negli Stati Uniti e non più del 5% in Russia. Mentre sono i cinesi i più tecnologici del pianeta, in tema di prevenzione dello spreco alimentare: fino al 17% utilizzano app dedicate, in particolare per monitorare il cibo conservato a casa (17%), ma anche per catturare l’invenduto di negozi e ristoranti.

Fra le strategie antispreco nelle case prevale la lista, il controllo del frigo, delle scorte. Oppure direttamente l’assaggio. Provano il cibo, anche se scaduto, prima di gettarlo spagnoli, inglesi, tedeschi e canadesi (oltre 4 cittadini su 5), a ruota seguono Italia e Stati Uniti, meno convinti di questa pratica i cinesi, solo 1 cittadino su 2. C’è chi per evitare di ritrovarsi con cibo in sovrappiù, punta sulle confezioni di piccolo formato, 4 cittadini su 10, mentre italiani ed europei non si sono ancora abituati all’idea di portarsi a casa pasta o carne avanzate al ristorante con la doggy bag (6 su dieci) mentre lo fanno due americani su tre. E a ogni Paese il suo spreco, anche se l’insalata per la sua deperibilità staziona ai primi posti. Così se in Cina la verdura ha la percentuale più alta del cibo sprecato, in Russia tocca al pane.

A raccontare come cambia il mondo in rapporto al cibo sono ricerche, indagini, diari familiari nati attorno alla creazione di Last minute market a Bologna, ad opera del professor Segrè. “La società deve necessariamente evolvere in chiave sostenibile e circolare – osserva Andrea Segrè – e Last minute market non poteva che nascere a Bologna, città del cibo ma anche dell’accoglienza e della sostenibilità. Perché lo spreco alimentare è l’antitesi della buona alimentazione: con i progetti di recupero e prevenzione, con l’educazione alimentare che promuoviamo attraverso la campagna Spreco Zero, il cerchio comincia a quadrare”.