Bene il clima, meno l’energia. Gli addetti ai lavori si accapigliano da ore sul Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) che il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha inviato a Bruxelles alla fine della settimana scorsa, giusto in tempo per rispettare la scadenza del 30 giugno. A dire il vero, a Bruxelles è stato spedito un succinto riassunto di 24 pagine, mentre il Piano vero e proprio è di 455. Una sintesi che necessariamente non può scendere nei dettagli, e per questo c’è chi, come gli esperti di Ecco, il think tank italiano per il clima, ha deciso di sospendere il giudizio, in attesa che si possa leggere, pare entro la prima metà di luglio, la versione integrale del Pniec. Eppure anche nell’executive summary inviato alla Commissione europea si possono individuare pregi e difetti che poi probabilmente si ritroveranno nel Piano vero e proprio.

“Intravediamo la volontà di indirizzare in maniera decisa le politiche verso la riduzione delle emissioni di CO2“, conferma Chiara Di Mambro, responsabile politiche di decarbonizzazione di Ecco. “E’ cambiato l’approccio rispetto alla versione 2019 del Pniec, un piano chiaramente troppo ottimista e inadeguato. E’ positivo che si sia preso atto dei ritardi e delle politiche irrealizzabili di quel documento e che le si voglia rivedere. Tuttavia non emerge un disegno univoco su come mettere in pratica la decarbonizzazione in modo da rispettare gli impegni presi dall’Italia in ambito europeo e quelli ancora più stringenti a livello di G7”. L’ambiguità, ancora una volta, riguarda il capitolo energia. Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, il ramo di Confindustria che raggruppa le principali aziende elettriche italiane, la riassume così: “Stando alle informazioni disponibili, il target di nuova potenza rinnovabile indicato nel nuovo Pniec, prevede che l’Italia installi circa 8 nuovi GW di rinnovabili all’anno, da qui al 2030. Il piano elaborato da noi di Elettricità Futura prevede invece di installare 10 GW di rinnovabili all’anno. Entrambe le prospettive richiedono comunque una netta accelerazione, un raddoppio dell’attuale passo: probabilmente, nel 2023 riusciremo a installare in Italia, soltanto, 5 GW di nuove rinnovabili”.

Parallelamente l’executive summary del Pniec conferma che il governo italiano vuole puntare, molto e molto a lungo, sul gas naturale. “Il phase-out del carbone sarà implementato attraverso, tra l’altro, la realizzazione di unità termoelettriche addizionali alimentate a gas, necessaria anche per il mantenimento dell’adeguatezza del sistema in presenza del forte incremento delle quote di rinnovabili non programmabili nella generazione elettrica”, si legge nella sintesi inviata a Bruxelles. “A ciò si aggiunge lo sviluppo di ulteriori infrastrutture di interconnessione gas per la diversificazione degli approvvigionamenti, nonché il potenziamento della capacità di rigassificazione e della relativa fornitura di GNL (gas naturale liquefatto), di particolare rilievo anche in termini di sicurezza energetica”. E più avanti: “Per favorire l’approvvigionamento dal corridoio sud mediterraneo in reverse flow è fondamentale, anche in chiave di sicurezza europea, la realizzazione della Linea Adriatica e gli sviluppi sulla rete interna per il Trans-Adriatic Pipeline (TAP)…. Il sistema energetico italiano è altamente interconnesso con il resto dell’Europa e beneficia di una posizione geografica vantaggiosa e di un’infrastruttura ben sviluppata che può portare il Paese a porsi come un hub nel Mediterraneo, divenendo un punto di immissione di gas e di suo convogliamento verso gli altri paesi europei (quali ad esempio, Malta, Slovenia, Slovacchia), anche attraverso il rafforzamento di alcune infrastrutture transfrontaliere e interne”. Infine: “… per far fronte alle esigenze di ammodernamento della rete di trasporto e garantire una rete più efficiente, resiliente e sicura nel prossimo futuro, è pianificata la sostituzione di metanodotti ormai giunti alla fine della loro vita utile. Tali metanodotti saranno inoltre hydrogen ready, utili pertanto nel lungo termine al trasporto dell’idrogeno”.

Dunque si annunciano grandi investimenti sul “più pulito dei combustibili fossili”, con la costruzione di nuovi gasdotti e l’ammodernamento di quelli esistenti. Si cita in tal senso la riconversione per la distribuzione dell’idrogeno anche se poi lo stesso executive summary è molto vago sulla strategia energetica legata a questo gas pulito. Ed è probabile che sarà proprio il futuro del gas naturale al centro del braccio di ferro tra governo e Commissione europea sul Pniec. “La Ue non ha potere di veto sul Piano, può solo fare raccomandazioni”, spiega Chiara Di Mambro. “Ma se per attuare il Pniec si vogliono usare fondi del Pnrr o di Repower Eu, allora Bruxelles può intervenire chiedendo modifiche”. E magari negando il via libera a nuovi investimenti in infrastrutture fossili con soldi europei. Ma per saperlo, tanto i tecnici Ue quanto gli analisti di casa nostra, dovranno attendere ancora qualche giorno: il tempo necessario per l’editing e la traduzione in inglese delle 455 pagine che compongono il Pniec 2023.