Ondate di calore, siccità, scioglimento dei ghiacciai, incendi: le conseguenze del riscaldamento globale, specie in questi ultimi mesi, sono state sotto gli occhi di tutti. E ora dagli scienziati della Portland State University dell’Oregon arriva una notizia ancora peggiore – la classica doccia fredda, che questa volta magari lo fosse per davvero –: stando a un articolo appena pubblicato sullo International Journal of Biometeorology (e a una serie di lavori precedenti condotti dalla stessa équipe sul tema) sembra infatti che la tolleranza degli esseri umani al caldo sia inferiore rispetto a quello che si pensava. E di conseguenza ci sarebbero molte più persone esposte al rischio di soccombere alle alte temperature.

“Il corpo umano”, ha spiegato Vivek Shandas, ricercatore esperto in adattamento climatico e pianificazione ambientale alla Portland State University, “è in grado di acclimatarsi, e per farlo impiega un certo periodo di tempo. Durante le ere geologiche precedenti si sono verificati molti cambiamenti climatici, e gli esseri umani sono sempre riusciti ad adattarvisi. Il problema è che in questo momento i cambiamenti stanno avvenendo molto più rapidamente”. Troppo rapidamente, a quanto pare, più della nostra capacità di adattamento. Non è un’informazione da sottovalutare, tenendo presente che il tasso di riscaldamento del pianeta cresce sempre più, a livelli senza precedenti, e che è ormai acclarato che questo riscaldamento aumenta la probabilità di ondate di calore anomale. Tanto che, stando a uno studio pubblicato su PNAS a ottobre dello scorso anno, di esseri umani esposti a temperature pericolosamente elevate è più che triplicato tra il 1983 e il 2016, specialmente in Asia meridionale.

Gli effetti dell’esposizione del corpo al caldo eccessivo sono da tempo oggetto di studio da parte della comunità scientifica. E nessuno di questi è buono: temperature troppo alte possono provocare, per esempio, crampi da calore, disidratazione, che può portare a problemi renali e cardiaci, e colpi di calore, che spesso possono essere fatali. Il caldo estremo ha conseguenze anche comportamentali e sociali: stando a uno studio dello scorso anno, ci sarebbe una relazione di causa-effetto tra le ondate di calore e l’aumento della violenza tra i detenuti.

È in questo contesto che si inserisce il lavoro appena pubblicato. “È molto utile”, dice ancora Shandas, “avere dei dati fisiologici da uno studio preciso e controllato, perché questo consente di comprendere con più precisione i meccanismi che regolano la risposta del corpo all’esposizione al caldo”. La domanda di partenza è stata: quanto caldo è troppo caldo? Per rispondere, gli autori del lavoro hanno condotto degli esperimenti in cui dei volontari erano esposti a diverse condizioni climatiche (in particolare temperatura e umidità) in un ambiente controllato.

Ogni volontario ha ingerito una piccola pillola dotata di un trasmettitore che comunicava all’esterno la temperatura interna del corpo, e si è poi accomodato in una camera in cui gli è stato chiesto di compiere dei movimenti che simulavano le azioni quotidiane come cucinare e mangiare; dall’esterno, i ricercatori hanno quindi aumentato lentamente temperatura e umidità della camera, monitorando i cambiamenti nella temperatura interna del corpo, per poter stabilire il cosiddetto “limite ambientale critico”, ossia la combinazione di temperatura e umidità al di sopra della quale la temperatura corporea inizia a salire e cominciano a manifestarsi i primi sintomi. Quando il corpo si surriscalda, infatti, il cuore deve lavorare di più per pompare il sangue e dissipare il calore in eccesso, e si suda di più, il che può portare a disidratazione. “I nostri esperimenti, condotti su uomini e donne giovani sani”, spiegano su The Conversation gli autori del lavoro, “mostrano che il limite ambientale critico è inferiore ai 35° C teorici. Si avvicina, piuttosto, a una temperatura di 31° C al 100% di umidità o di 38° C al 60% di umidità”. Altro che doccia fredda.