“Accenderemo il primo reattore a fissione nucleare di quarta generazione nel 2026 in Canada, a Chalk River, e il secondo nel campus universitario di Urbana-Champaign in Illinois. Poi cominceremo a produrre un reattore al mese. Saremo gli apripista ovunque nel mondo di reattori nucleari di quarta generazione che forniranno energia sicura e a emissioni zero”. Riccardo DeSalvo è considerato “un inventore geniale” dai suoi stessi colleghi fisici, che lo conoscono da quando si occupava di particelle elementari al Cern di Ginevra ed al Laboratory of Nuclear Studies della Cornell University negli Usa. Poi il tentativo di tornare in Italia che lo ha portato ad occuparsi di onde gravitazionali. “Ma l’Italia non mi ha voluto” e ha dovuto continuare il lavoro su onde gravitazionali al California Institute of Technology. “Infine mi hanno cercato quelli di Facebook, per i quali ho diretto due laboratori, di cui uno a Benevento, e registrato 22 brevetti”, racconta.

Ultimamente, la folgorazione per la fissione nucleare. “È un interesse nato nelle cene di famiglia”, spiega DeSalvo. “Il mio consuocero Francesco Venneri, anche lui fisico con un passato ai Laboratori di Los Alamos, anni fa ha fondato un’azienda per creare reattori di quarta generazione. Io ero inizialmente scettico e a ogni incontro lo sottoponevo a un fuoco di fila di domande tecniche, convinto che avrei trovato il punto debole del progetto. Non ci sono riuscito”. Oggi Riccardo DeSalvo è senior advisor della Ultra Safe Nuclear Corporation, l’azienda di Venneri, e la sta promuovendo in Italia, presso le istituzioni ma anche tra le imprese private che hanno bisogno di tanta energia a prezzi più competitivi di quelli del gas.

 

Professor DeSalvo, del nucleare di quarta generazione si parla da anni. Gli scettici dicono: fateci vedere un prototipo che funzioni e poi ne riparleremo.

“Nel 2026 vedranno funzionare non un prototipo ma un reattore vero e proprio. L’anno successivo ne partirà un secondo nel campus universitario di Urbana-Champaign, in Illinois. E non molto tempo dopo cominceremo a installarne anche in Europa, stiamo già avviando le procedure con grandi aziende europee”  

 

In questa corsa alla quarta generazione non siete soli, ci sono per esempio i progetti di Bill Gates o della Newcleo di Stefano Buono. Perché voi vi considerate gli apripista?

“Perché partiremo molto prima. La data di accensione più ottimistica per gli altri progetti è il 2035, noi saremo pronti tra quattro anni. Va detto che i nostri sono piccoli reattori, da 50MW termici al massimo, mentre a mia conoscenza tutti gli altri reattori di quarta generazione sono macchine da centinaia di megawatt nati per alimentare centrali di produzione elettrica. E tuttavia il nostro progetto ha la forza di essere intrinsecamente sicuro. Anche se si facessero tutto il possibile per fare danni, sarebbe impossibile provocare un incidente nucleare”.

 

Come avete raggiunto questa sicurezza “assoluta”?

“Grazie ai materiali e al disegno del reattore. Due punti chiave: tutti i materiali sono ceramici incapaci di fondere e poi la caratteristica intrinseca dell’Uranio 238 di assorbire più neutroni se la temperatura sale. Il materiale fissile, l’ossido di uranio, viene prodotto sotto forma di perline da un millimetro di diametro sigillate in uno doppio strato di grafite e di carburo di silicio, materiale indistruttibile, duro come il diamante. Centinaia di queste perline vengono poi messe dentro cartucce di 2 centimetri di diametro e 5 di altezza, anch’essi fatte di carburo di silicio. Altro carburo di silicio viene depositato tutt’intorno con il risultato che si ottiene un blocco unico e indistruttibile”. 

 

Con quali vantaggi?

“Non ci può essere la fusione del nocciolo. La prima parte del reattore che potrebbe fondere è l’ossido di uranio, ma bisognerebbe superare i 2300 gradi, cosa non può intrinsecamente succedere perché al crescere della temperatura l’aumentato assorbimento di neutroni nell’Uranio 238 spegne la reazione. Anche in caso di anomalia, la temperatura massima di questi reattori resta circa 1000 gradi al di sotto della soglia di danneggiamento. Il meltdown è fisicamente impossibile. L’altro vantaggio delle perline di carburo di silicio è lo stoccaggio dei combustibili consumati. Nei reattori tradizionali per recuperare il combustibile esausto le barre di acciaio allo zirconio vanno sciolte chimicamente per separare i composti di fissione e poi si deve fare un processo di ceramizzazione, prima di mandare le scorie ai depositi.  Un processo difficile e costoso. Qui basta recuperare i cilindretti ceramici di carburo di silicio, materiale che dura ben più dei 200mila anni necessari a che la radioattività del plutonio scenda sotto i livelli di quella dell’uranio naturale. Infine, c’è l’impossibilità di separare il plutonio contenuto nelle perline di carburo di silicio che impedisce l’utilizzo per fare bombe atomiche”.

 

A proposito di armi, in Ucraina le centrali nucleari sono diventate un bersaglio. Cosa accadrebbe se un missile cadesse su un vostro reattore?

“I nostri reattori non saranno bersagli facili perché sono installati in una trincea di 25 metri quadri per sei metri di profondità, e sono molto piccoli: il nocciolo è tre metri di altezza per due di diametro. Si trasporta con un camion. Ma anche se un reattore venisse centrato in pieno, il materiale fissile rimarrebbe all’interno dei cilindretti indistruttibili di carburo di silicio: basterà raccoglierli nel raggio dell’esplosione. Non ci sarà dispersione di radioattività nel suolo o nell’aria”.

 

E l’acqua? In alcuni incidenti è stata l’acqua di raffreddamento dei reattori a essere stata contaminata dalla radioattività.

“Nei nostri reattori il raffreddamento sarà a elio. Eliminare l’acqua significa evitare che in caso di salita eccessiva di temperatura (oltre i 600-700 gradi) ci possano essere esplosioni dovute all’eccessiva pressione del vapore, e che si generi idrogeno, un gas esplosivo a contatto col l’ossigeno”.

 

Quali saranno le temperature in gioco?

“Ingegnerizziamo i reattori perché lavorino a 700 gradi. Al salire della temperatura smettono di produrre potenze significative. E quando arrivano oltre 1100 gradi si spengono del tutto. Per cui, anche se uno fosse criminale abbastanza da spegnere il raffreddamento, togliere le barre, fare tutto quello che non si dovrebbe fare, il reattore arriverebbe solo a 1100 gradi. Ma, come detto, la prima cosa che può fondere è a 2300, quindi ci sono più di mille gradi di margine di sicurezza. Ed è questo che rende i nostri reattori intrinsecamente ultra sicuri”.

 

Chi saranno i compratori di questi reattori?

“Il progetto è nato per risolvere un problema in Canada: nella regione del Circolo Polare Artico ci sono miniere che hanno bisogno di energia. Finora sono state alimentate da lunghe carovane di autocisterne che portano combustibili fossili. L’idea era renderle autonome con piccoli reattori nucleari. Ma la crisi energetica ci ha fatto capire che questa soluzione può essere interessante anche per tante aziende anche dietro casa. Qualche tempo fa, con il gas a 20 euro a megawattora, non sarebbe stato competitivo proporre la nostra energia da fissione a 30 euro a megawattora… ma adesso sono molti a chiederci informazioni. In questi giorni ho incontrato imprenditori italiani che lavorano nei settori della carta, della ceramica, del cemento…  Per loro avere energia a 30 euro al megawattora sarebbe un salvavita. Inoltre, con la seconda ricarica di combustibile, dopo 7-20 anni di funzionamento ininterrotto, il costo del megawattora scende a 10 euro”.

 

Chi gestirà i reattori una volta installati nelle aziende?

“La Ultra Safe Nuclear Corporation. Dato il design e le piccole dimensioni hanno bisogno di poca manutenzione. Noi prevediamo delle sale controllo “regionali”, controllate da personale locale da noi addestrato per monitorare gruppi di 10-20 reattori presenti in una stessa area… chessò nella provincia di Roma, per esempio”.

 

Non immaginate un uso per la produzione di energia elettrica da immettere in rete?

“Certo. I reattori producono calore e con quel calore ci si può fare quello che si vuole: per una lavorazione industriale, come nel caso della ceramica, o per far bollire l’acqua e far girare una turbina per produrre elettricità. Basta mettere in serie 10 dei nostri piccoli reattori da 45 MW termici per avere l’equivalente di una centrale elettrica da 150-200 megawatt.  Si potrebbero persino usare le centrali esistenti e sostituire i bruciatori a carbone o gas per far girare le turbine con i nostri reattori.  Ma forse l’uso ideale di reattori così piccoli è per fornire calore di processo direttamente nelle ditte energivore, utilizzando il calore in eccesso per cogenerazione di energia elettrica, e magari per teleriscaldamento delle case vicine.”

 

Di tutto questo ha parlato con la politica italiana?

“Ho avuto interlocuzioni con il ministro Cingolani e con il senatore Manfredi della nuova maggioranza di governo. Tornerò a dicembre quando l’esecutivo si sarà insediato e sarà operativo”.

 

Gli Italiani hanno una grande diffidenza verso il nucleare. Come pensate di vincerla?

“Posso solo ribadire che produrremo energia in modo ultra sicuro e senza emettere CO2. Se si vuole proteggere il panorama, per esempio le verdi colline intorno alla mia Siena, e non le si vuole coprirle di pannelli fotovoltaici, può convenire mettere questi reattori. Ma sono ottimista, perché vedo che i giovani, anche in Italia, cominciano ad avere un approccio molto diverso rispetto al nucleare”.

 

Cosa le dà la certezza che nel 2026 andrà tutto come dicono le vostre formule?

“Ci sono due novità degli ultimi anni che ci hanno permesso di fare un balzo in avanti. La prima è la stampa 3D, che consente di realizzare le cartucce in carburo di silicio. La seconda sono i software che fanno simulazioni sempre più affidabili. E le assicuro che è molto più complesso simulare il volo di un nuovo aereo che il comportamento di un reattore nucleare di quarta generazione: insomma, sappiamo come andranno le cose”.

 

Ma il primo, quello che esordirà in Canada tra poco più di tre anni, è ancora un algoritmo o c’è qualcosa di concreto?

“A Chalk River stanno completando l’environmental assessment per il sito e i lavori inizieranno l’anno prossimo per il primo reattore. La Usnc ha già iniziato la manifattura del combustibile nelle sue fabbriche in Tennessee ed Utah. Ripeto, a partire dal 2027 saremo pronti a produrre più di dieci reattori l’anno, ma per farne tanti sarà necessario costruire fabbriche anche in Europa”.