Gli obiettivi di decarbonizzazione impongono un rapido passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili e tale trasformazione non può prescindere da un cambiamento radicale del modello in grado di affrontare non solo questioni energetiche, ma anche questioni economiche e sociali. Uno strumento importante per una transizione corretta è rappresentato dalle comunità energetiche rinnovabili CER. Sono comunità intese come dono (cum-munus), certo, ma anche come obbligo morale per il raggiungimento di un obiettivo condiviso, quello che l’Agenda 2030 dell’ONU ha definito energia pulita per tutti.

L’editoriale / Verde

Non sprechiamo questa crisi

di Riccardo Luna

Ciò comporta un rinnovato comportamento dell’individuo, non più semplicemente e passivamente consumatore ma anche produttore attivo, che in definitiva è quello che permette il recupero di una responsabilità individuale realizzata in termini sociali, vero cardine del nuovo modello energetico. Le CER sono strumenti di cittadinanza attiva necessaria per assicurare la centralità del prosumer e l’importanza della generazione distribuita dell’energia e dell’autoconsumo, con una valorizzazione del territorio in cui sorgono e delle sue risorse (vento, sole, biomassa, ecc.), imponendo una coincidenza geografica tra produzione e consumo che è ulteriore risparmio di energia.


Le CER grazie alle incentivazioni economiche possono rappresentare un significativo sostegno alle famiglie in povertà energetica e forniscono un’importante funzione in termini di consenso locale per l’autorizzazione e la realizzazione degli impianti.


Anche le recenti direttive europee sottolineano questi aspetti, definendo le CER come un soggetto giuridico fondato sulla partecipazione volontaria e aperta e con lo scopo principale di offrire ai suoi membri e al territorio in cui operano benefici ambientali, economici e sociali senza generare profitti finanziari. I benefici saranno di altra natura ed andranno nella direzione di rinunciare all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria agendo anzitutto sulle cause strutturali della inequità.


È una azione decisiva verso quella che abbiamo chiamato democratizzazione dell’energia, con un primo passo verso l’energia come bene comune. Entro 5 anni sono previste 40mila CER, con il coinvolgimento di più di un milione di famiglie e con una proiezione di 5-6 GW installati al 2030, più o meno un decimo della capacità richiesta dall’Europa per gli obiettivi del clima.


*(L’autore è prorettore alla sostenibilità dell’Università Sapienza di Roma)