C’è chi si diverte così, a incidere con una lama il carapace di una tartaruga, marchiandolo con delle lettere, forse sono iniziali, fino a farla sanguinare. La fortuna di questa Caretta caretta, paradossalmente, è stata quella di restare impigliata nelle reti di un pescatore di Cesenatico, “uno dei nostri” dicono Sauro e Alice Pari, di Fondazione cetacea di Riccione. Li ha avvertiti lui e loro sono accorsi per recuperarla e portarla alla clinica della onlus romagnola, dove è stata subito visitata. L’anno chiamata Elettra: “La veterinaria conferma quello che ci appariva chiaro da subito –  afferma Alice Pari – è una ferita inferta un paio di giorni fa. È una femmina di circa 20 anni, è probabile che sia finita nella rete proprio perché debilitata”.  

La definiscono una di quelle ‘disgrazie fortunate’ perché “il pescatore è sensibile e collabora con noi per il progetto Life Medturtles per la conservazione delle tartarughe marine”. Secondo Pari, si tratta di ferite guaribili, ma che, se non curate, avrebbero potuto portare a disagi, infezioni, anche alla setticemia. Per un animale selvatico, può significare la differenza tra la vita e la morte. I veterinari sono al lavoro per curarla e rimetterla in forze, prima di poterla rimettere in libertà: “Ci vorrà tempo perché le ferite si rimarginino, e per farlo bisognerà tenerla per un certo periodo fuori dall’acqua salata – sottolinea Sauro Pari – questo complica un po’ le cose perché è il suo elemento naturale”. 

“Un gesto aberrante. Denunceremo” 

Quello che preoccupa di più è il gesto, la tortura, una sofferenza gratuita inferta a un animale indifeso che non è in grado di manifestare il dolore: “È una cosa aberrante – prosegue Sauro Pari – il concetto di marchiare un animale in quel modo, come a dire ‘sei mio e ti faccio quello che mi pare’. Deve essere una persona con seri problemi. Questi animali marini non manifestano la sofferenza con versi di dolore, a maggior ragione è una forma di barbarie, la mancanza di conoscenza e di preoccupazione di qualcosa a te estraneo”. Negli ultimi anni, le Caretta caretta hanno iniziato a risalire l’Adriatico anche per nidificare. Nell’estate del 2019, “Lucianona” aveva deposto le uova sulla spiaggia di Pesaro , la covata più a nord mai registrata fino a quel momento. Poi, due anni dopo, è arrivata quella di Jesolo. 

Il responso dei veterinari sarà inserito nel fascicolo con la denuncia che Fondazione cetacea presenterà ai Carabinieri forestali del Cites, le Caretta caretta sono infatti specie protetta dalla convenzione di Washington. “Siamo scossi – conclude Pari – non abbiamo mai visto niente di simile qui dalle nostre parti. Dobbiamo dire ancora una volta grazie al pescatore che l’ha portata a riva, cosa che purtroppo non è scontata”. Fondazione cetacea ha sede a Riccione, nel suo ospedale sono ricoverate al momento 15 tartarughe, lo scorso anno hanno soccorso e ospedalizzato una quarantina di esemplari. Dopo le cure, vengono rimessi in libertà nell’Adriatico.

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Indifese, bersaglio di crudeltà 

Non bastavano le plastiche marine che le avvelenano, le soffocano, come le reti dei pescatori o degli allevamenti nelle quali restano impigliate fino ad annegare. Le tartarughe devono vedersela anche con chi ne fa bersaglio di gesti cruenti e insensati. Questo è solo l’ultimo caso. A gennaio, a Barletta, sono state trovate alcune Caretta caretta legate a un masso o al disco di acciaio di un freno per impedire loro di risalire a respirare, così sono morte annegate. Gli episodi sono stati in tutto cinque, tanto da far sospettare in un serial killer delle tartarughe. Lo stesso destino di Gaetana, uccisa probabilmente con un colpo di remo e poi legata a un sasso per farla affondare, nel 2017. Sempre a gennaio, a La Spezia, un giovane è stato denunciato per aver ucciso una tartaruga che viveva in un parco cittadino . Ad aprile 2022, a Roma, diverse tartarughe della specie Trachemys sono state uccise in maniera altrettanto sanguinosa, il guscio spaccato a sassate.