I ministri dell’economia dell’Unione europea hanno approvato un testo di accordo sulla carbon tax alle frontiere. Si tratta di una nuova tassa sulle importazioni di materie inquinanti, parte del pacchetto clima Ue per tutelare le imprese europee dai concorrenti che producono in Paesi con legislazioni sul clima meno rigorose.

Si chiama Carbon Border Adjustment Mechanism e garantirà che le imprese europee non siano appunto messe in svantaggio competitivo. Questioni importanti, però, restano fuori dall’accordo e dovranno essere risolte nelle prossime settimane, prima che il Consiglio dia il via libera al negoziato con l’Europarlamento.

Emissioni

La lunga marcia della carbon tax

di Luca Fraioli

Cosa comporta e quando entrerà in vigore

Una di queste è la tempistica della piena entrata in vigore del nuovo sistema, che prevede una corrispondente eliminazione delle quote gratuite del sistema Ue-Ets, su cui i Paesi non hanno ancora trovato l’accordo.

L’Unione europea fisserà un prezzo del carbonio per le importazioni di determinati prodotti  (come acciaio, cemento, fertilizzanti) per garantire che l’azione per il clima in Europa non porti alla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. Le riduzioni delle emissioni europee contribuiranno così a un calo delle emissioni a livello mondiale, impendendo al contempo che la produzione ad alta intensità di carbonio si sposti fuori dall’Europa.

 

L’obiettivo è di introdurre la carbon tax a partire dal 2026 sulle importazioni di acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio ed elettricità. Prenderebbe intanto il via una sorta di periodo di transizione nel 2023 poi la norma dovrebbe essere approvata dal Parlamento europeo entro il prossimo autunno.

La nuova tassa proposta fa parte delle politiche dell’Ue sul cambiamento climatico, progettate per ridurre di oltre la metà le emissioni di gas serra dell’Ue entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.