“Lo Stato sventola bandiera bianca mentre l’emergenza climatica impazza”. I promotori della campagna Giudizio Universale, che hanno portato avanti la prima causa legale allo Stato per denunciare l’inazione dell’Italia nell’affrontare la crisi del riscaldamento globale, rispondono con durezza alle argomentazioni difensive dello Stato, arrivate solo il 13 dicembre, giorno precedente alla prima udienza.

Il team legale dei ricorrenti ha depositato le note autorizzate in attesa del prossimo incontro in aula, che si terrà il 21 giugno. “Le argomentazioni depositate dello Stato ci sono parse deboli e imprecise. Il linguaggio utilizzato per difendersi dalle nostre richieste –  afferma Marica Di Pierri, portavoce dell’Associazione A Sud, prima firmataria dell’azione legale e coordinatrice della campagna – utilizza la solita retorica rassicurante e lontana dalla verità scientifica che caratterizza il dibattito politico nazionale attorno all’emergenza climatica”.

IL DOCUMENTO  Leggi l’Atto di citazione

Nella risposta dello Stato, secondo i promotori della causa che conta 203 ricorrenti, l’Avvocatura ha ignorato del tutto i recentissimi allarmi lanciati dalla scienza, che anche nel corso della Cop26 di Glasgow hanno ribadito che gli impegni degli Stati sono drammaticamente insufficienti a realizzare l’obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi. E utilizzando la formula “ad impossibilia nemo tenetur”, sostengono ancora, lo Stato riconosce esplicitamente l’esistenza dell’emergenza climatica, ma disconosce nella pratica la propria responsabilità in quanto le cause dei cambiamenti climatici sono riconducibili all’azione di una pluralità di soggetti.

“Questa – ribatte Di Pierri – ci sembra francamente la dichiarazione più sconcertante, resa proprio in conclusione dell’atto. Una smaccata dichiarazione di resa. È come se lo Stato si arrendesse e anziché tutelare la popolazione, come peraltro gli impongono le convenzioni internazionali, il diritto europeo e la costituzione italiana, alzasse le mani. A ciò si aggiunga che viene specificato che le misure di contrasto all’emergenza climatica devono essere ‘realizzabili e bilanciate con altri diritti parimenti garantiti’. Si tratta di una specifica pericolosa: la stabilità climatica è pre-condizione per il pieno godimento di tutti i diritti umani fondamentali”.

Ecco i commenti dei ricorrenti alle argomentazioni dello Stato:

  1. Le argomentazioni dello Stato sono generiche e imprecise, si cita ad esempio a riprova dell’impegno profuso e dell’attuazione di una “serrata politica” nazionale la recente istituzione del Ministero per la Transizione Ecologica (Mite) e una serie di documenti strategici e programmatici, dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (2019) al Piano per la Transizione Ecologica (PTE), ma nessuno di questi è dotato di carattere vincolante o stabilisce misure di implementazione concrete. “Lo Stato ammette implicitamente l’inadeguatezza delle policy attualmente in campo e riconosce la propria responsabilità quando afferma che sarà il futuro Piano per la Transizione Ecologica (PTE) in fase di approvazione, a dover finalmente adeguare i target di riduzione italiani a quelli fissati in ambito UE”, commenta Paolo Carsetti del Forum Italiano Movimenti per l’Acqua. 

     
  2. Lo Stato mistifica l’istanza di protezione dai rischi connessi ai cambiamenti climatici presentate dai 203 ricorrenti e chiede alla giudice di rigettare la domanda perché nell’atto di citazione non sarebbe fornita la prova di un danno già prodotto in passato. In questo modo lo Stato finge di non comprendere che in realtà l’istanza di protezione contenuta nell’atto di citazione è preventiva. Si denuncia e argomenta ampiamente l’esistenza di un grave pericolo per il godimento dei diritti umani, legato all’avanzare inesorabile dei cambiamenti climatici. La natura preventiva dell’istanza è resa possibile dalla giurisprudenza consolidata della Consulta e della Corte di Cassazione, che, come denunciano i ricorrenti “i difensori dello Stato decidono deliberatamente di ignorare stravolgendo completamente il senso della nostra istanza”.