Un pesce, con la straordinaria abilità di colpire un bersaglio fuori dall’acqua sputando un getto d’acqua, e un team collaudato, che fa ricerca sulle abilità degli animali di riconoscere quantità numeriche. È così che è arrivata la conferma che il pesce arciere (e presumibilmente con lui molte altre specie di pesci) sa distinguere tra quantità numeriche maggiori e minori. La scoperta è stata fatta nel Cimec, Centro interdipartimentale mente/cervello, delll’Università di Trento, dove il  professor Giorgio Vallortigara da tempo indaga sulle abilità aritmetiche di vertebrati e invertebrati.

In uno studio firmato dallo stesso Vallortigara, da Mirko Zanon e Davide Potrich si descrive come si è verificato che il pesce arciere riesce a distinguere tra diverse quantità quando ha a disposizione solo spunti numerici. La tentazione di dire che questo pesce “sa contare” va respinta, perché gli “spunti numerici” non sono ovviamente i numeri, cioè le rappresentazioni grafiche che usiamo noi per indicare le quantità, sono dei pallini proposti al pesce in questione in raggruppamenti diversi sia per quantità, sia per forma.

La novità della ricerca sta proprio in questo: si sapeva che i pesci sanno distinguere tra quantità, ma era rimasto il dubbio che, per esempio quando scelgono di stare in un banco più grande per difendersi dai predatori, desumessero appunto il numero di pesci presenti dall’estensione spaziale del gruppo di individui della stessa specie. Invece no: il team di Vallortigara ha dimostrato che se i puntini sono inseriti in una stessa forma, o raggruppati in una stessa densità, il pesce arciere sa discernere proprio la quantità, o, per precisione scientifica, “la numerosità in senso discreto”.

È Davide Potrich, ricercatore che al Cimec si occupa nello specifico della cognizione nei pesci, a spiegare come si è portato il pesce arciere (così come mostra il video) a dirigere il suo sputo potente su una o l’altra rappresentazione numerica. Lo studioso esordisce con un aggettivo che non ci si aspetta da uno scienziato: “I pesci arciere sono carini”, dice Potrich, che subito spiega ridendo: “Diciamo che per noi sono assai attraenti per il loro modo di cacciare“. Il Toxotes jaculatrix infatti ha la capacità di sputare getti d’acqua potenti con i quali colpisce insetti fuori dall’acqua, facendoli cadere sulla superficie per poi ingoiarli. Lo sputo del pesce arciere può raggiungere due metri di altezza grazie allo sfruttamento dell’instabilità idrodinamica del getto, cosi da accumulare gradualmente energia all’estremità del flusso, come spiegato in uno studio italiano del 2012.

“Per la nostra ricerca abbiamo sfruttato la tendenza istintiva del Toxotes jaculatrix a colpire gli insetti – racconta nel dettaglio Potrich – passando per una fase di modellamento, in cui gli presentavamo appunto delle silhouette di insetti, rinforzando la risposta (cioè lo sputo verso la figura n.d.c.) con il cibo. Poi abbiamo sostituito gradualmente il disegno dell’insetto con uno stimolo di nostro interesse, in questo caso i pallini”. “Alcuni pesci sono stati addestrati a scegliere un numero minore, altri quello maggiore  – continua il ricercatore – ottenendo la conferma che distinguono proprio tra il più e il meno, secondo una capacità numerica. Non si può dire che contano, ma discriminano gruppi di numerosità“.

“È una scoperta importante perché toglie ogni dubbio in proposito – dice Potrich -. È chiaro che per tutti gli animali distinguere le quantità è essenziale: serve a farsi scudo di un branco più grande contro i predatori, a scegliere dove c’è più quantità di cibo e dove ci sono più individui per l’accoppiamento. Ma soprattutto per i pesci restava il dubbio che la scelta dipendesse da altre variabili, come ad esempio l’ampiezza del banco, o la sua densità”. Lo studio di Potrich, Zanon e Vallortigara: dimostra un’altra cosa: i pesci imparano a discriminare le numerosità e non gli aspetti continui delle quantità (l’area, il perimetro o la densità). “Sì – conferma il ricercatore – in genere un animale sviluppa una particolare abilità cognitiva se nell’evoluzione quell’abilità risulta essenziale. Il numero in natura è molto impostante, quasi tutte le specie, compresi gli invertebrati, hanno questo senso del numero, questa capacità di poter discriminare le quantità discrete. Inoltre i pesci arciere hanno mostrato di adottare comportamenti diversi per prove ed errori, quindi di apprendere”.

Date a un pesce rosso quattro ruote e vi dimostrerà che è in grado di guidare

Intelligenza e capacità di apprendimento animale non ci servono soltanto a conoscere meglio la natura di questi processi mentali, ma a trovare possibili cure per disfunzioni cognitive umane: “Nello specifico, i nostri studi mirano a indagare se certe abilità sono legate solo alla cultura umana o se si trovano anche  in altre specie filogeneticamente distanti – conclude Potrich – Portiamo avanti diversi progetti per capire quanto il senso del numero sia innato e antico e adottiamo strategie per studiare le basi neurali di queste abilità. L’obiettivo è capire quali sono i circuiti cerebrali coinvolti e quali sono i geni che causano l’alterazione della capacità numerica. Sappiamo infatti che la discalculia umana ha base genetica e speriamo con i nostri modelli animali di poter contribuire alla sua comprensione“.