Quel che sorprende della Marmolada è la bellezza, oggi così prorompente nella nudità dei suoi versanti spogliati del vestito di ghiaccio. Il ghiacciaio che la copriva è sempre più ridotto oltre che sottile e frastagliato, ciò a causa della consistente fusione avvenuta negli ultimi anni. Il suo ritiro ha mostrato una progressiva accelerazione, tanto che nei passati quarant’anni la sola fronte centrale è arretrata di più di 600 metri provocandone una risalita in quota di circa 250 metri. I cambiamenti climatici hanno comportato addirittura una sua riduzione nell’ultimo secolo di più del 70% in superficie e di oltre il 90% in volume determinando una grandezza di circa un decimo rispetto a cento anni fa.

Questo è il quadro che si è presentato davanti a noi, in questi giorni, quando con La Carovana dei Ghiacciai, campagna di Legambiente con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, partner sostenitori Sammontana e FRoSTA e partner tecnico EPHOTO, siamo tornati dopo due anni sulla Marmolada insieme ai referenti del Museo di Geografia e dell’Università di Padova. Per rispetto “facendo un passo indietro”, ma anche per guardare da distante, con l’intento di capire cosa sta accadendo, a due mesi dalla tragedia, di cui gli esperti stanno ancora studiando le cause. Tali cause sono quasi certamente da imputare alla forte inclinazione del pendio roccioso e alla progressiva apertura di un grande crepaccio che ha separato il corpo glaciale in due unità, alla presenza di discontinuità al fondo e sui lati, all’aumento anomalo delle temperature con conseguente aumento della fusione e incremento della circolazione d’acqua all’interno del ghiaccio.

Come ci ricorda Aldino Bondesan, Comitato Glaciologico Italiano e Università di Padova, il ghiacciaio della Marmolada è un fondamentale termometro dei cambiamenti climatici per la sua rapida risposta anche alle piccole variazioni di precipitazioni e temperatura. Fenomeni come il distaccamento dello scorso 3 luglio sono frequenti nei ghiacciai e fanno parte della loro normale dinamica. Ciò che desta maggior preoccupazione è la progressiva accelerazione del ritiro glaciale: se saranno confermati gli attuali andamenti anche nei prossimi anni, è molto probabile che il ghiacciaio della Marmolada scompaia prima del 2040.

La sensazione che si vive nell’ambiente della Marmolada non è di desolazione come sui ghiacciai visitati in precedenza con Carovana dei ghiacciai, piuttosto di una forza della montagna che vien fuori nonostante i cambiamenti climatici, nonostante la nostra presunzione nel volerla soggiogare. Una nudità quella della ”Regina delle Dolomiti”, quasi ostentata a ricordarci che il pianeta Terra sopravvivrà alle assurdità causate dalla nostra specie. Ha superato ben di peggio nelle ere geologiche passate, saremo noi a rimetterci, noi e i viventi che ci accompagnano in questo pezzo di strada.

Marmolada, nuovo crollo: si apre un crepaccio largo 200 metri

La Regina sta perdendo il suo ”Gigante di ghiaccio” più in fretta delle altre vette, con rotture di equilibri secolari e accelerazioni di fenomeni anche tragici. Ma non devono essere tristi fatti di cronaca a doverci ricordare che siamo in piena emergenza climatica. Piuttosto occorre una maggior consapevolezza di quel che sta accadendo e soprattutto la costruzione di un nuovo rapporto tra uomo-natura poiché è un sacrilegio considerare la montagna come un luna-park, aggiungendo nuove infrastrutture a tutti i costi. È tempo di pensare questi stupendi ecosistemi come uno straordinario spazio di sperimentazione della sostenibilità e della sobrietà del vivere.

 

(Vanda Bonardo è la Responsabile nazionale Alpi Legambiente)