Il venerdì non si mangia carne. Una regola dal fondamento religioso vecchia un migliaio d’anni e che, almeno nelle case dei nostri nonni, veniva osservata settimanalmente. Oggi non più. All’appello che Papa Francesco ha fatto la scorsa estate chiedendo risposte radicali al cambiamento climatico che comprendano anche modifiche nello stile di vita, un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge risponde così: se i cattolici ricominciassero a evitare la carne il venerdì, i vantaggi per il clima sarebbero tangibili.

Un articolo in attesa di peer review, ha infatti calcolato il risparmio, in termini di emissioni, della riduzione del consumo di carne da parte di alcuni cattolici inglesi, stimando che dal 2011 sono state risparmiate oltre 55 mila tonnellate di carbonio all’anno.

Il peso della carne

Gli allevamenti per la produzione di carne, specialmente quelli intensivi, sono fra i principali emettitori di gas serra, in particolare metano. Nei Paesi ad alto reddito si consumano in media circa 100 kg di carne pro capite all’anno, ma alcuni paesi come gli Stati Uniti superano, anche di molto, questo valore. Gli allevamenti intensivi sono responsabili, da soli, del 14.5 per cento delle emissioni totali di gas serra, sfruttando circa il 20 per cento delle terre emerse per i pascoli e circa il 40 per cento dei terreni coltivati per i mangimi. È ormai opinione condivisa e accettata, nella comunità scientifica, che ridurre il consumo di carne possa essere una delle strategie più efficaci per mitigare le emissioni e contribuire in modo concreto alla gestione del cambiamento climatico.

L’esempio dell’Inghilterra

Negli ultimi dieci anni circa un quarto dei cattolici credenti inglesi ha ridotto (o evitato) il consumo di carne un giorno la settimana. È successo in seguito a una dichiarazione dei vescovi cattolici di Inghilterra e Galles nel 2011, in cui si invitavano i credenti a tornare a osservare il digiuno del venerdì. Si parla di circa 875 mila pasti a base di carne in meno su base settimanale, poca roba se si considera che i cattolici sono appena il dieci per cento della popolazione inglese e che al provvedimento ha aderito solo il 28 per cento. Fra questi, il 41% ha dichiarato di aver smesso di mangiare carne il venerdì e il 55% ha detto di aver cercato di mangiare meno carne in quel giorno. Il peso di questa scelta, convertito in quantità di emissioni risparmiate, è però impressionante: sono circa 1070 tonnellate di carbonio a settimana, 55 mila tonnellate in meno in un anno, l’equivalente delle emissioni prodotte da 82 mila persone in un viaggio aereo di andata e ritorno da Londra a New York. Con uno sforzo minimo.

Secondo i dati del National Diet and Nutrition Survey (Ndns), in Inghilterra e Galles si consumano in media 100 grammi di carne a testa al giorno, in linea con i valori medi dei Paesi ad alto reddito. Trasferendo il peso della scelta cattolica su tutta la popolazione in età lavorativa, per ottenere lo stesso risultato in termini di emissioni basterebbe che ognuno mangiasse appena due grammi di carne in meno alla settimana.

La posizione della chiesa

Recentemente, la chiesa cattolica non si è mostrata indifferente alla questione climatica. Nella sua enciclica Laudato si’, Papa Francesco aveva infatti sottolineato l’importanza di pensare a un cambiamento nello stile di vita, la dimensione morale delle nostre decisioni di consumo e il ruolo che la società può svolgere nel raggiungimento della sostenibilità. Più recentemente, in vista della Cop26 dello scorso anno, aveva chiesto risposte “radicali” ed “efficaci” al cambiamento climatico. L’esempio di quanto avvenuto in Inghilterra dice, numeri alla mano, che il potere che ha la stessa chiesa cattolica – e il miliardo di persone in tutto il mondo che la segue – per mitigare i cambiamenti climatici è davvero significativo. Gli autori dello studio sostengono che, se i vescovi cattolici dei soli Stati Uniti emettessero un “obbligo” a resistere alla carne il venerdì, i benefici ambientali sarebbero probabilmente venti volte maggiori rispetto al Regno Unito.

“Io penso un divieto sia impossibile, innanzitutto perché causerebbe l’opposizione sia dei consumatori che dei produttori”, commenta Luca Panzone, ricercatore dell’Università di Newcastle e coautore dello studio. “Questo tipo di prescrizione lavora come una ‘nudge’, una spintarella: fa cambiare comportamento senza divieti, tasse, o legislazione – cioè senza punizioni o premi. Il fatto è che la gente tende a seguire i leader di cui ha fiducia, e in questo caso un comportamento che normalmente genererebbe opposizione in una persona diventa fattibile. In pratica il messaggio che proviene dal Papa può avere grande potere motivazionale nei credenti”.

Alternative alla carne, il venerdì ma non solo

In molti di recente hanno abbracciato un regime flexitariano, in cui si consuma meno carne in favore di alcune giornate completamente vegetariane o vegane, e – scrivono gli autori – il messaggio della chiesa ha probabilmente contribuito a questo trend. La chiesa cattolica propone il pesce come alternativa alla carne, il cui impatto ambientale è inferiore e consente di risparmiare anidride carbonica.

“In realtà si potrebbe andare anche oltre e dire di non mangiare nemmeno pesce, o suggerire una dieta vegana”, continua Panzone. “Però più restrittiva è la dieta, meno gente la seguirebbe, in particolare nel breve periodo. Certamente i consumatori che mangiano proteine vegetali anziché carne risparmiano molta più CO2 di quelli che scelgono il pesce. Dire in quanti cambierebbero davvero regime alimentare, poi, è difficile senza fare uno studio adeguato. Probabilmente una minoranza. Ma il punto è comunque importante: persone diverse hanno bisogno di stimoli diversi per motivarsi. Quelli che smettono di mangiare carne una volta alla settimana seguendo il messaggio del Papa contribuiscono meno al cambiamento climatico. Bisognerà poi trovare maniere diverse di motivare gli altri, perché il cambiamento climatico è un problema che riguarda tutti e tutti devono necessariamente contribuire. Per quelli non interessati al messaggio del Papa, magari il telegiornale, la pubblicità o l’opinione di amici e parenti funzionano meglio”.