LISBONA – Un nuovo modello di mobilità per chi nella mobilità è rimasto suo malgrado al passato. GreenMobility, compagnia danese presente in undici città nord-europee, sta sperimentando i suoi servizi legati allo sharing e ai veicoli elettrici in sei piccoli centri a Baden-Wurttemberg, nel sud della Germania. Sembra cosa da poco, ma non lo è affatto.

“Tutte le soluzioni migliori legate all’abbattimento delle emissioni di gas serra del trasporto sono appannaggio delle metropoli”, racconta Anders Wall al Web Summit di Lisbona, dove lo abbiamo incontrato prima del suo intervento sul trasporto del futuro. Nato e cresciuto a Copenaghen, 45 anni, è a capo della parte finanziaria e sostenibilità di GreenMobility. “Ha un suo senso – prosegue – perché dove c’è concentrazione di persone si hanno più clienti potenziali. Ma così facendo ci si dimentica di tutto il resto, dove nessuno ha ancora trovato dei sistemi che possano offrire una alternativa all’uso dell’auto privata”.

Vale anche per tante altre cose, dal commercio elettronico all’accesso alla banda larga. Ma nel caso della mobilità la frattura fra metropoli da una parte e dall’altra medi e piccoli centri, per non parlare della campagna è profonda. Basta guardare i dati dall’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility, nato da un’iniziativa del ministero della Transizione ecologica, Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile e della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Confermato anche il fenomeno di concentrazione: solo in quattro città italiane sono presenti tutti i quattro servizi di sharing, ovvero macchine, biciclette, scooter, monopattini. Si tratta di Milano, Roma, Torino e Firenze. Milano si conferma ancora una volta la città più avanti. La situazione cambia se si guarda alle sole piste ciclabili, ma che sono solo un pezzo della nuova mobilità e certo non possono essere usate per tragitti lunghi.

“Per portare i servizi di sharing, basati per di più su veicoli elettrici, bisogna avere il sostegno dei Comuni per fare in modo che non sia un’operazione in perdita”, continua Wall. “Nel caso dei sei comuni del Baden-Wurttemberg sono loro a pagare un fisso, ma guadagnano in termini di emissioni, di una migliore qualità della vita dei cittadini. Perché alla fine è questo il vantaggio per le persone: se si riesce ad offrire un servizio puntuale e che costa meno sia dei taxi sia di un’auto privata, fra mantenimento e manutenzione, si ha un vantaggio economico sensibile”.

Quando si parla di portare la connessione al Web in zone poco densamente popolate, dove il costo dell’infrastruttura non è ripagato dal numero di possibili abbonati, si fanno discorsi simili perché lo si giudica un servizio essenziale. Così come è accaduto per la sperimentazione del trasporto pubblico gratuito avviata a Genova, con il costo sostenuto dal Comune compensato dalla minore congestione nelle strade. L’architetto Rem Koolhaas a febbraio del 2020, con la mostra Countryside, The Future al Guggenheim di New York, ha sostenuto che proprio la campagna potrebbe essere la chiave di una profonda trasformazione sociale, molto più sostenibile rispetto alla realtà delle metropoli, a patto che sia raggiunta da tutti i servizi. Quel 98 per cento della superficie terrestre non occupato dalle città che fino a ieri è stato sostanzialmente ignorato a favore di una sempre maggiore concentrazione di risorse in pochi grandi centri. “L’inevitabilità dell’urbanizzazione totale va ripensata e la campagna deve essere riscoperta come luogo dove trasferirsi e dove restare vivi senza essere messa in contrapposizione con la città”, ha scritto Koolhaas nel catalogo della mostra. Un’area dove è possibile “un nuovo modo di pensare, coltivare, costruire edifici, allevare (…). Una base per rendere il mondo un posto migliore”.

Le metropoli sono responsabili del 70 per cento delle emissioni di gas serra, secondo uno studio della International Energy Agency (Iea) del 2012, occupando appena il due per cento della superficie terrestre. A luglio di quest’anno la School of Environmental Science and Engineering della Sun Yat-sen University di Guangzhou, in Cina, riprendendo l’analisi di Iea, è arrivata a sostenere che le 25 metropoli più grandi sarebbero responsabili di oltre la metà delle emissioni globali. 

La situazione da noi è diversa rispetto ad altri Paesi europei. Dei 7,094 comuni italiani, 102 hanno più di 60mila abitanti. Solo Roma e Milano superano il milione, seguite da Napoli, Torino e Palermo. Nella fascia di centri urbani da 20 e 60mila residenti, vive il 22 per cento della popolazione. Se aggiungiamo le cittadine con 10 e 20 mila abitanti, dove vivono il 16 per cento degli italiani, e quelli che hanno fra 60 e i 100mila abitanti, arriviamo al 45 per cento della popolazione, contro il 12 che risiede nelle sei città con più di mezzo milione di abitanti. 

Eviatar Tron, a capo di EcoMotion, comunità israeliana formata da oltre 600 startup impegnate sul fronte della mobilità, di recente ha avanzato alcune ipotesi per rendere la campagna non così distante dalle metropoli in fatto di trasporto. Per quello pubblico ad esempio si potrebbe puntare ad un servizio su richiesta per i luoghi periferici. Se non c’è abbastanza densità ma si vogliono comunque collegamenti capillari in tutto il Paese, secondo lui l’unica sarebbe essere certi che bus e treni viaggino pieni. Dunque, abbandonare parzialmente lo schema delle partenze ad orari fissi e organizzare, grazie ad app e digitale, un sistema di prenotazioni in tempo reale per raccogliere i passeggeri secondo le necessità. Per quanto possa sembrare un’idea difficile da mettere in pratica, l’ipotesi di Tron si basa però su un dato di fatto: quel che non è metropoli ha bisogno di modelli di business tutti da inventare. “Per passare a una mobilità pienamente sostenibile senza auto private inquinanti, abbiamo bisogno di diverse soluzioni combinate”, conclude Wall. “Opzioni differenti, facilmente accessibili, così che le persone non debbano rinunciare a nulla o quasi nulla”. Nella regione di Baden-Wurttemberg stanno sperimentando una di queste possibilità, fra le pochissime che si svolgono lontano dalle città più popolose.