Arriverà nel 2026 e delle batterie elettriche dovrà dire molto. Un gemello digitale, o passaporto, con tutte le informazioni: la costruzione, la durata, l’origine di materiali e componenti e in un secondo momento anche la garanzia che non è stata fatta usando il lavoro minorile. Il progetto è dalla Global Battery Alliance (Gba), che lo presentò già nel 2021, e che ora è stato lanciato in via sperimentale per entrare a far parte della regolamentazione europea in tre anni.

Gba è la più grande organizzazione al mondo di aziende legate a questo settore, di qui l’importanza del suo Battery Passport. Uno standard quindi, e anche un sigillo di qualità, che sulla carta dovrebbe garantire di arrivare in tempi brevi a batterie più sostenibili, perché con un alto grado di riciclabilità, basate su dati standardizzati, comparabili e verificabili. Il tutto basato su regole e raccolta dati certi e verificati stabiliti dalle parti interessate dell’industria, mondo accademico, organizzazioni non governative e governi.

 

I nomi coinvolti nell’organizzazione sono di peso. Fra gli altri c’è Audi, Basf, Bmw, Calb, Catl, Enel, Eurasian Resources Group, Glencore, Lg Energy Solution, Microsoft, Umicore, Stellantis, Tesla, Volkswagen, Volvo, oltre a organizzazioni non governative come IndustriALL Global Union, Pact, Transport & Environment, Unep, Unicef, con il supporto di istituzioni governative come il ministero tedesco per gli Affari economici e quello delle Risorse naturali del Canada.

Mancano però alcune realtà importanti, dalla giapponese Panasonic alle coreane Sk e Samsung, fino alla cinese Byd, che assieme a Calb e Catl è fra le maggiori imprese nelle batterie al litio nate a Pechino e dintorni.  

“Questi primi test sono il risultato di molti mesi di lavoro fra produttori automobilistici, società minerarie, tecnologiche, ong, enti governativi e ad altre organizzazioni internazionali”, ha spiegato Inga Petersen, direttore esecutivo della Global Battery Alliance. “Un passo importante per dare agli investitori, ai consumatori finali e ad altre parti interessate maggiore fiducia nella produzione responsabile e sostenibile di batterie per veicoli elettrici e nell’impegno per il riciclaggio e la circolarità”.

 

Alla base della transizione energetica, le batterie consumano materiali e risorse con inevitabili impatti sociali e ambientali specie per quel che riguarda i materiali rari che utilizzano. Nel mondo si stanno cercando dei sostituiti al cobalto, nichel e litio. Ma la strada è ancora relativamente lunga e nel frattempo continuano le emissioni di gas serra durante l’approvvigionamento dei materiali, la lavorazione e la produzione di batterie, così come i problemi legati a lavoro minorile e violazioni dei diritti umani.

L’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) nel 2021 aveva segnalato che con la tendenza attuale legata all’elettrificazione della mobilità, la richiesta di litio potrebbe moltiplicarsi di quaranta volte entro il 2040, mentre quelle di cobalto e di nichel di venti. Per altro si tratta di giacimenti concentrati in poche nazioni e soprattutto nelle mani di poche imprese, con tutti i rischi geopolitici che comporta. Nel 2019, la Repubblica Democratica del Congo e la Cina hanno prodotto rispettivamente il 70% e il 60% di cobalto e terre rare. E la raffinazione è dominata dalla Cina.

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“Questa concentrazione geografica, i ritardi nell’implementazione di nuove produzioni minerarie ma anche il declino della qualità delle risorse in alcune regioni e gli impatti ambientali e sociali delle miniere, genera preoccupazione”, aveva affermato a suo tempo Fatih Birol, direttore dell’Aie. “Questi rischi sono reali, ma superabili. Tutto dipenderà dalla risposta della politica e delle imprese”.

Risposta che in parte sembra quindi essere arrivata, per quanto uno standard di trasparenza da solo probabilmente non basti. Dal 2026 dovrebbe però quantomeno scoraggiare, in un mercato di primaria importanza come quello europeo, che arrivino prodotti giudicati non conformi. Una sorta di barriera di accesso.

Una mossa simile è stata fatta anche in campo minerario lo scorso anno con la Minerals Security Partnership. L’obiettivo è garantire che i minerali di importanza strategica siano prodotti, lavorati e riciclati in modo più sostenibile proprio partendo dalla constatazione che sono essenziali per la produzione di energia pulita e tante altre tecnologie.

Tra i Paesi e le istituzioni che hanno sottoscritto il patto troviamo Stati Uniti, Australia, Canada, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Corea del sud, Svezia, Regno Unito e Unione europea.

Riguardo il passaporto delle batterie la situazione è più sfumata avendo la Global Battery Alliance al suo interno aziende che vengono anche dalla Cina. L’iniziativa, prima di entrare in vigore in Eu fra tre anni, continuerà a lavorare sull’architettura del passaporto, compreso lo sviluppo di un quadro di indicatori completo e semplificato, le regole e i meccanismi per il punteggio delle prestazioni, la gestione dei dati, la garanzia e la verifica.

“È il primo passaporto sviluppato dalle parti interessate che coprono l’intera catena del valore della batteria”, a sottolineato Benedikt Sobotka, co-presidente di Global Battery Alliance e amministratore delegato di Eurasian Resources Group, membro fondatore di Gba. “La nostra attenzione si concentrerà ora sull’analisi comparativa dei dati e sulla realizzazione dei sigilli di qualità basati sulle prestazioni e la sostenibilità, guidando le decisioni di acquisto e innescando un miglioramento dell’intero settore”. Una volta completata questa fase potremo quindi confrontare le batterie fra loro identificando le migliori e le peggiori in termini di prestazioni, impatto e rispetto delle regole nella costruzione.