Le inondazioni delle coste non sono dovute solo all’alta marea, ma a un insieme di fattori metereologici e ambientali. Lo sostiene l’istituto delle scienze marine del Cnr (Ismar) che ha condotto uno studio con i ricercatori delle Università del Salento e di Zagabria. Venezia è stata usata come un modello per comprendere e decifrare le alluvioni delle città che si affacciano sul mare analizzando i dati dal 1872, l’anno in cui Venezia ha iniziato a monitorare il livello del mare.

Venezia come modello di studio

Non solo dati storici, ma anche analisi contemporanee. “La città vanta un sistema di protezioni dalle inondazioni entrato in funzione nel 2020, il MoSe, ed è un caso di rilevanza internazionale in quanto sito protetto dall’Unesco”, spiega Christian Ferrarin del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Analisi utili per valutare e gestire il rischio di inondazioni costiere.

Come già emerso da studi condotti dopo l’alluvione del 1966 a Venezia, anno della famosa Acqua Granda, l’innalzamento anomalo del mare Adriatico non è da attribuire solo a forti mareggiate, ma è il risultato di una serie di fattori che agiscono su diverse scale temporali (da poche ore a diversi anni) e spaziali (da pochi a migliaia di chilometri) e possono verificarsi anche contemporaneamente. Una tesi che ora viene confermata dallo studio pubblicato da Scientific Report. 

Le maree

 “A causa dell’aumento del livello medio del mare (che risulta dalla subsidensa della superfice su cui sorge la città e dall’innalzamento del livello medio delle acque), la marea e le componenti metereologiche a lungo termine svolgono sempre più un ruolo dominante nel determinare inondazioni ricorrenti, anche se non eccezionali”, continua Ferrarin. I ricercatori sostengono dunque che esiste una “anticorrelazione” tra l’alta marea astronomica (dovuta all’attrazione gravitazionale che i corpi celesti esercitano sulla massa d’acqua) e le mareggiate.

Gli eventi più estremi tendono a verificarsi in condizioni di media o bassa marea piuttosto che con l’alta marea.  Infatti, durante gli eventi di mareggiata più estremi del 1966, 1979 e 2018, il picco della tempesta si è verificato in condizioni di bassa marea, imitando le già drammatiche condizioni di inondazione a Venezia”, conclude Ferrarin. “Questo argomento dovrà essere ulteriormente approfondito in futuro in quanto la sua comprensione è essenziale per lo studio dell’allagamento costiero, anche considerando il cambiamento climatico in cui i diversi processi potrebbero avere una diversa evoluzione“.

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La frequenza delle alluvioni

Lo studio è partito dall’analisi dell’alluvione del 12 novembre 2019 che ha provocato milioni di euro di danni non solo a Venezia, ma su tutto il litorale del Nord Adriatico. Il livello dell’inondazione è stato di poco inferiore a quella record di 53 anni prima. Ma le analisi del livello del mare ha fatto emergere che l’intensità e la frequenza degli eventi eccezionali sta aumentando. “Un’evoluzione che sembra essere dovuta processi a lunga scala temporale la cui combinazione determina il precursore delle inodanzioni a Venezia”