Siamo uniti, senza capi, né comitati. Siamo la comunità del Pilastro. Da 40 anni siamo abituati a lavorare su obiettivi comuni e ora diventeremo anche una comunità energetica”. Claudia Boattini abita al quartiere Pilastro-Roveri, a Bologna, dagli anni Settanta. È stata la responsabile regionale di CNA dell’Emilia Romagna per l’ambiente e l’energia, ora è in pensione. Dal 2019 con i vicini di casa, insieme agli operatori delle associazioni ambientaliste e del Comune, ha coinvolto le oltre 5mila persone che vivono nel quartiere sul più grande progetto condiviso di produzione, consumo e scambio di energia elettrica in Italia. Il Progetto GECO (Green Energy COmmunity), nato grazie al coinvolgimento del CAAB – il Centro Agro Alimentare di cui fa parte anche FICO, il grande parco del cibo – è proprietario di oltre 120mila metri quadrati di pannelli solari, che aveva proposto di cedere parte dell’energia alle famiglie del Pilastro. Tutto era pronto, con l’Aess Modena (Agenzia per l’energia e lo sviluppo sostenibile) a fare da coordinatore, il supporto economico di Climate-KIC, quello tecnologico dei ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Enea.

(foto: Mattia Zoppellaro/Contrasto)
(foto: Mattia Zoppellaro/Contrasto) 

GECO sarebbe dovuto diventare operativo nel luglio 2022, facendo da apripista per altre comunità energetiche della regione. Un’avanguardia del piano energetico regionale già approvato. E poi cosa è successo? “È accaduto che è cambiata la normativa e, da un giorno all’altro, la centralina a cui si sarebbero dovute attaccare le famiglie del Pilastro e Roveri non era più quella giusta per ricevere energia dal CAAB”, spiega Claudia Boattini.

Il Chiosco  (foto: Mattia Zoppellaro/Contrasto)
Il Chiosco (foto: Mattia Zoppellaro/Contrasto) 

Ma i pilastrini non si sono fermati “perché qui siamo abituati a lottare per i nostri diritti. Così, visto che non possiamo più fare comunità energetica con il Centro Agro Alimentare, l’abbiamo proposto a chi condivide con noi la centralina primaria. A quel punto, abbiamo coinvolto la parrocchia, il centro commerciale e la banca. Ci hanno detto tutti sì. Per cominciare  aspettiamo solo i decreti attuativi della nuova legge. Dopo aver spiegato ai cittadini del Pilastro i benefici sia economici che sociali, nessuno ha intenzione di tornare indietro”.

Una storia di riscatto

Periferia a Nord-est di Bologna, il Pilastro (chiamato così per una pietra con una Madonna) da tempo non è più un quartiere simbolo di emarginazione. Qui il lavoro fatto negli anni dai cittadini e le associazioni, tra palazzi che si chiamano Torre 1,2,3 e lo “Svirgolone”, l’emiciclo di condomini dove le case dell’Acer si mescolano a quelle di proprietà, ha cambiato il volto di questa comunità. Anno dopo anno sono sorti il Circolo La Fattoria, che tra orti urbani e corsi di tango lavora per superare lo stereotipo di “periferia degradata”; poi la Casa Gialla uno spazio autogestito dagli abitanti e poco tempo fa è nato il centro documentazione per la disabilità. C’è perfino un blog, “Pilastro Bologna” il sito di chi vive in questo rione. Siamo oltre la tangenziale e ora è pieno di verde e il tessuto urbano e sociale è tutt’altro che degradato. Qui le parole sostenibilità, consapevolezza e cittadinanza attiva fanno parte delle conversazioni tra vicini di casa che ogni giorno si incontrano sulle scale.   

Pannelli solar CAAB   (foto: Mattia Zoppellaro/Contrasto)
Pannelli solar CAAB (foto: Mattia Zoppellaro/Contrasto) 

Il solare di condominio

È in questo contesto che inizia nel 2019 il percorso di coinvolgimento dei pilastrini sull’idea di costituire una comunità energetica nella zona a Nord-est di Bologna. La proposta di trasformare questa parte di città in chiave innovativa e sostenibile è di Duccio Caccioni, dipendente del CAAB-FICO. E non è un caso che sia proprio lui, visto che è anche residente del Pilastro e uno degli animatori del quartiere. Duccio è uno che ha seguito le vicende di chi vive nelle Torri e sa di cosa hanno bisogno.

Nel centro commerciale
Nel centro commerciale “Pilastro” (foto: Mattia Zoppellaro/Contrasto) 

“L’idea è stata semplice. Ho pensato: perché non ottimizziamo la produzione di energia che proviene dalla “prateria” di pannelli fotovoltaici che il Centro Agro Alimentare ha sul tetto, compreso quello di FICO? E visto che al CAAB il picco di consumo energetico lo abbiamo dalle 3 della notte fino a mezzogiorno, orario di carico e scarico delle merci, perché il surplus di energia accumulata durante il giorno non può essere ceduta alle famiglie che si trovano nella nostra stessa area? Il Pilastro sembrava il nostro partner naturale, vista la vicinanza. Grazie alla combinazione di fonti rinnovabili, accumulo, generazione distribuita e autoconsumo, i cittadini del quartiere e delle altre piccole attività commerciali avrebbero usufruito di tariffe energetiche ridotte.  Una vera esperienza di energia a chilometro zero. O quasi”, racconta Duccio che per mesi ha spiegato ai vicini di casa come l’elettricità prodotta da un impianto fotovoltaico possa essere consumata non soltanto da chi ne è titolare, ma da un’aggregazione di utenti che i pannelli non ce li hanno.


Così nel giro di breve tempo, come solo in Emilia sanno fare quando si tratta di consorzi e cooperazione, dalla proposta di Duccio Caccioni si è passati presto al progetto condiviso con l’università. Il Comune pensa subito di farne un esperimento per tutta Bologna. Si punta a una comunità energetica, a cui viene dato il nome GECO e si sceglie perfino il profilo giuridico: sarà una cooperativa controllata da cittadini del Pilastro, coinvolti sia nella generazione di energia distribuita sia nella ripartizione degli incentivi. Claudia Carani è la responsabile del coordinamento di progetti europei e di innovazione per AESS. Ha seguito fin dall’inizio  il progetto GECO e ne è ancora la coordinatrice: “L’obiettivo, oltre a quello del risparmio energetico, era di creare un modello di smart city da replicare coinvolgendo un territorio, con i cittadini nella ricerca di soluzioni locali per affrontare le sfide imposte dal cambiamento climatico”.

Ma quando tutto era pronto e al Pilastro erano  pronti a firmare per fondare la più grande comunità energetica d’Italia è cambiata la normativa sia europea che nazionale e si sono ritrovati tutti in una sorta di limbo. Ora infatti per dare vita a una comunità energetica (dove lo scambio di energia può avvenire anche solo virtualmente) bisogna essere attaccati alla stessa cabina primaria. Il limite tecnico è dato dalla cabina: riceve gli incentivi chi scambia energia proveniente da rinnovabili solo se stanno sotto la stessa cabina. Non è il caso di CAAB-FICO-Pilastro. Dunque si ricomincia, ma il progetto non viene accantonato, anzi rilanciato.

Spiega ancora Claudia Carani: “Di comunità energetiche ne faremo due: una sul Centro Agro Alimentare che darà l’energia ad altre aziende che gravano sulla loro cabina primaria, un’altra al Pilastro assieme alla parrocchia, il centro commerciale e una banca. Ora siamo in attesa dei decreti attuativi della legge 199 del 2021 che recepisce la direttiva europea. Ci si aspetta  che arrivino entro la fine dell’anno. Qui a Bologna siamo pronti per partire”.

Lo
Lo “Svirgolone” (foto: Mattia Zoppellaro/Contrasto) 

Rinnovata energia

Claudia Boattini, quasi ogni giorno continua a scrivere sul blog Pilastro, racconta i passi avanti del progetto GECO. “Per noi questa è un’opportunità da non perdere. Eravamo ad un passo, ma per fortuna abbiamo recuperato sponsor e partner. Negli anni, siamo diventati forti, abbiamo creato un alto senso di comunità, sappiamo che per raggiungere un obiettivo che avrà benefici per tutti dobbiamo essere uniti. Quella della comunità energetica è solo un’altra sfida. E poi è motivo di orgoglio: portare sul nostro quartiere delle Torri l’energia prodotta dal sole, rappresenta il futuro per le nuove generazioni. Perché, è vero che le energie pulite sono quelle rinnovabili, ma soprattutto sono quelle umane”.

 

Il reportage di Mattia Zoppellaro fa parte di un progetto fotografico di Contrasto, in collaborazione con Green&Blue, per raccontare il cambiamento climatico in Italia. Le foto saranno in mostra al MAXXI di Roma dal 23 novembre.