L’acronimo Esg è ormai talmente diffuso in ambito finanziario da rendere complicato riconoscere le iniziative davvero sensibili ai temi ambientali, dell’inclusione sociale e delle buone regole di governo aziendale rispetto a chi si limita a una comunicazione senza sostanza sul tema (in proposito si parla di greenwashing). Per questa ragione è utile considerare la metodologia seguita da Msci, la società autrice degli indici finanziari più conosciuti al mondo, per assegnare il rating Esg.

I criteri seguiti

La premessa da fare è che i rating Esg di Msci misurano la resilienza di un’azienda rispetto ai rischi ambientali, sociali e di governance su un orizzonte di lungo termine. Questo per aiutare gli investitori ad avere un quadro chiaro delle potenzialità e delle minacce che possono derivare dall’investimento in un titolo. La “pagella” viene stilata dopo aver analizzato 35 aspetti che rientrano nell’ambito Esg, con una scala riassuntiva che va da “AAA” (massima affidabilità) a “CCC” (performance peggiori).

In campo ambientale (la “E” dell’acronimo, che sta per Environment) considera aspetti come il cambiamento climatico, le emissioni inquinanti nell’ambiente, i rifiuti elettronici, le opportunità nel clean tech e quelle nel green building).

Sul fronte dell’inclusione sociale (la “S”): gli aspetti considerati vanno dalla valorizzazione del capitale umano alle strategie per garantire la sicurezza dei prodotti, dalle strategie in tema di privacy ai rapporti delle imprese con le comunità di riferimento. Infine sul fronte della governance (la “G”): si guarda a questioni come la trasparenza fiscale e i criteri di retribuzione dei manager.

Visione prospettica

Il lavoro di Msci è prospettico. Quindi, alla luce dell’esperienza e dei possibili sviluppi del mercato e della società, gli analisti cercano di individuare in che modo gli aspetti Esg possono trasformarsi in costi imprevisti per le aziende nel medio-lungo termine o se, all’opposto, possono creare delle opportunità per fare la differenza rispetto ai concorrenti. Le minacce vengono analizzate sotto due profili: l’esposizione al rischio (solitamente legata alla tipologia di business) e la gestione dello stesso decisa dal management. Il tutto alla luce dell’area in cui la singola impresa opera: così ad esempio il rischio idrico è più elevato per un’azienda energetica che opera in un territorio desertico rispetto a un’altra attiva laddove c’è abbondanza di acqua.

Il rating è una media delle valutazioni relative ai 35 criteri analizzati e non va inteso in termini assoluti, ma alla luce della situazione che caratterizza la singola azienda in relazione alle altre del suo settore.

I criteri di analisi

Quanto alle fonti informative, Msci fa riferimento a dati macro, a report curati da enti pubblici e da ong, oltre che a una serie di database. A completare il quadro è, poi, l’informativa fornita dalle singole aziende, che vengono avvisate quando prende il via il processo di revisione del giudizio e possono fornire indicazioni e numeri per una comprensione più ampia della propria condizione sui diversi fronti Esg.