Riequilibrio territoriale e sviluppo del Mezzogiorno sono due dei principali obiettivi del Recovery Plan europeo. La riduzione delle emissioni, la lotta al dissesto idrogeologico e il rispetto dell’ambiente da parte delle attività produttive rappresentano invece l’apertura a un’Italia più verde e a un’economia finalmente sostenibile. Sarà per questo che la Missione 3 del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”, destina 25,4 miliardi di euro allo sviluppo e al potenziamento della rete ferroviaria nazionale e regionale. Lo scopo è di potenziare il settore dei trasporti nel suo complesso e di favorire l’intermodalità tra i vari mezzi (auto, treno, aereo, nave).

Come prima cosa bisogna collegare il trasporto merci su rotaia col sistema aeroportuale, dove il traffico aereo verrà ottimizzato e digitalizzato. Un altro campo d’azione è l’interoperabilità della piattaforma logistica nazionale per la rete dei porti. Per massimizzare l’utilizzo della ferrovia in senso intermodale, il Pnrr prevede inoltre l’adozione di tecnologie digitali che favoriscano la cooperazione fra gli operatori dell’industria e fra i gestori di hub intermodali, porti e terminal. L’insieme di queste soluzioni dovrebbe portare a triplicare la quota di merci spedite via treno, per percorrenze superiori ai 300 chilometri, entro il 2030.

Dei 25 miliardi di euro, 23,86 sono infatti riservati agli investimenti nell’infrastruttura ferroviaria, in coerenza col ruolo attribuito al trasporto su rotaia dalla Sustainable and Smart Mobility Strategy (Ssms) europea del 2020, ideata per ridurre del 90% le emissioni di Co2 entro i prossimi 30 anni. Questi soldi – integrati con quelli del Fondo Complementare del decreto legge 59/2021 – puntano a completare opere che già fanno parte di progetti europei di largo respiro o che colmano gap penalizzanti per lo sviluppo economico dell’Italia e in particolare, come si diceva, del Mezzogiorno e delle isole.

I fondi della Missione 3 sono orientati all’implementazione dei principali assi ferroviari, integrati con l’Alta Velocità, alla velocizzazione dell’intera rete (comprese le tratte regionali), al trasferimento delle merci su ferro e al miglioramento dei collegamenti di ultimo miglio. Stando al nuovo Piano Commerciale di Rfi aggiornato lo scorso agosto, le direttrici di intervento sono otto: Alta Velocità Nord/Centro-Sud per passeggeri e merci, Alta Velocità Nord Italia-resto d’Europa, connessioni diagonali Tirreno-Adriatico, sviluppo del sistema Ertms di gestione del traffico, potenziamento dei nodi ferroviari metropolitani di particolare importanza (collegamenti ‘chiave’), potenziamento delle tratte regionali a vantaggio dei pendolari, elettrificazione delle linee del Sud e miglioramento delle stazioni.

Un programma piuttosto ambizioso, che punta anzitutto a integrare maggiormente la rete ferroviaria nazionale con le tratte regionali, migliorando contestualmente l’offerta nei nodi di interscambio. Poi è necessario ricostruire l’intermodalità ferro-gomma, oltre a rafforzare i collegamenti tra la ferrovia e i porti, gli aeroporti e i terminali, sia per i passeggeri che per le merci.

Ultima ma non minore, l’omogeneizzazione degli standard di sicurezza tra le varie modalità di trasporto. L’investimento su porti e interporti, il rinnovo delle flotte di tpl, i centri intermodali, insieme al Cismi (Centro per l’innovazione e la sostenibilità in materia di infrastrutture e mobilità) sono, a detta del ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile Enrico Giovannini, “pezzi di un puzzle che si vanno, forse, componendo. Il 2022 sarà un anno cruciale”. Per tutti.