Quello del Tibet è l’altopiano più alto ed esteso al mondo: copre oltre 1,2 milioni di chilometri quadrati, quattro volte la superficie dell’Italia, ha un’altitudine media di 4500 metri sul livello del mare ed è circondato dalle catene montuose più imponenti del pianeta, tra cui l’Himalaya. Ma non solo: l’altopiano tibetano ha anche un’idrografia molto interessante, con diversi fiumi (tra cui l’Indo, il Gange, il Mekong e il Fiume Giallo) che originano dal plateau, e una serie di laghi che, stando alle ultime rilevazioni degli scienziati, si stavano progressivamente prosciugando. Ma a quanto pare siamo davanti a una preoccupante e repentina inversione di tendenza: secondo uno studio appena pubblicato sulla rivista Nature Geoscience, infatti, gli eventi estremi connessi ai cambiamenti climatici – in primis l’aumento significativo delle precipitazioni – sta velocemente riempiendo i bacini lacustri e porterà a una quadruplicazione del livello delle acque entro il 2100. La notizia è preoccupante perché le acque dei laghi, tracimando, devasterebbero i territori circostanti e le economie di chi ci vive.

Cambiamenti climatici

Sull’Everst il ghiacciaio sta diventando un lago

di Fiammetta Cupellaro

“Il cambiamento climatico”, ha spiegato Iestyn Woolway, esperto della Bangor University e co-autore del lavoro insieme a colleghi di enti di ricerca cinesi, australiani, sauditi, statunitensi e francesi, “sta rendendo l’altopiano tibetano più verde e più abitabile, il che attira più persone ad altitudini più elevate in virtù di un migliore accesso all’acqua. Tuttavia, l’innalzamento del livello dell’acqua nei laghi richiede una nuova pianificazione e l’adozione di nuove politiche per mitigarne gli impatti sull’ecologia e sulla popolazione della regione”. Secondo le previsioni climatiche e meteorologiche degli autori del lavoro, il livello dell’acqua potrebbe aumentare fino a 10 metri, il che sommergerebbe oltre 1000 chilometri di strade, 500 villaggi e 10mila chilometri quadrati di praterie, zone umide e terreni coltivati.

Questo fenomeno implicherebbe un cambiamento drastico del paesaggio, ma non solo: aumenterebbero anche le emissioni di gas serra, in virtù della minore disponibilità di vegetazione, e si ridurrebbe significativamente la biodiversità della regione, con conseguenze imprevedibili. È già successo: nel 2011, per esempio, il lago Zonang, nella riserva naturale di Hoh Xil (sempre in Tibet), è straripato e ha causato gravi problemi alle antilopi tibetane, che non hanno più potuto percorrere la loro usuale rotta migratoria. Perché la storia non si ripeta è necessario prendere subito provvedimenti.