Le alte concentrazioni di CO2 negli ambienti interni comportano gravi rischi per la salute. Spesso, per ridurre l’inquinamento al chiuso e fornire una ventilazione adeguata si ricorre ad apparecchiature meccaniche, che però consumano grandi quantità di energia. Negli ultimi tempi c’è stato perciò un notevole impulso agli studi sulle capacità delle piante di assorbire CO2, con approfondimenti su quali sono le specie più adatte per rendere l’aria dei nostri appartamenti più pulita.

NeoPlants, una startup francese, che per ora propone i suoi prodotti soltanto negli Stati Uniti, ha fatto un ulteriore passo avanti e modificato geneticamente alcune specie, in modo che ripuliscano l’aria in ambienti interni in maniera fino a 30 volte più efficace delle normali piante da appartamento. La produzione di NeoPlants è all’inizio, ma la startup ha già una lunga lista di attesa di clienti per l’acquisto di NeoP1, un potos (Epipremnum aureum, una delle piante da appartamento più comuni grazie alla sua elevata capacità di adattamento) geneticamente modificato. NeoP1 costa circa 162 euro e nella newsletter che ricevono i clienti in lista per l’acquisto è descritta come “la prima pianta al mondo bioingegnerizzata per purificare l’aria di casa“, creata per “catturare e riciclare gli inquinanti atmosferici più pericolosi della casa” e capace di mantenere “le sue massime prestazioni depurative fino a tre settimane senza bisogno di acqua”.

In primo piano Lionel Mora, sullo sfondo, Patrick Torbey
In primo piano Lionel Mora, sullo sfondo, Patrick Torbey 

Lionel Mora, cofondatore di NeoPlants insieme a Patrick Torbey, risponde alle nostre domande dai laboratori ospitati in una vecchia fabbrica di scarpe nella periferia di Parigi. “C’è una fila di decine di migliaia di persone in attesa di acquistare NeoP1, di cui è pronto il primo lotto dopo 4 anni e mezzo di duro lavoro”, conferma, e la startup “in termini di finanziamenti ha già raccolto 20milioni di dollari”. Dopo la sperimentazione su un potus ora “stiamo portando avanti le nostre ricerche su altri tipi di piante, mai studiate prima”.

La tecnologia dietro NeoPlants è riportata in un “Libro bianco” che la società condivide e che Mora riassume così: “Neo P1 è il frutto di diversi anni di sforzi di biologia sintetica che utilizza le più recenti tecnologie di ingegneria del microbioma e del metabolismo, combinate con un hardware progettato su misura. Il risultato è una pianta che ha migliorato drasticamente la sua efficienza di fitorisanamento dei composti organici volatili più dannosi e diffusi in ambienti chiusi. La nostra tecnologia può migliorare la salute e il benessere di milioni di persone in tutto il mondo, oltre a essere una soluzione sostenibile che ha un impatto negativo drasticamente inferiore sull’ambiente e sul pianeta rispetto alle macchine per purificare l’aria”.

Quando gli si obietta che l’efficacia di questo tipo di piante viene misurata  soltanto in ambienti controllati, in laboratorio, Mora ribatte con veemenza: “Lo stesso accade per i sistemi meccanici, eppure nessuno se la prende per esempio con la pubblicità di Dyson. È vero che fare una sperimentazione in condizioni reali è molto difficile, ma ci stiamo lavorando. Quando diciamo che NeoP1 è 30 volte più efficace di un potus non geneticamente modificato lo facciamo sulla base di una solida documentazione scientifica e delle migliori ricerche pubblicate in proposito”.

La vendita limitata al mercato statunitense è per ora una scelta obbligata: “Siamo francesi e vorremmo arrivare sul mercato europeo quanto prima – dice Mora – ma in modo pragmatico abbiamo dovuto cominciare dal Paese che ci consentiva di farlo. Il processo di registrazione degli ogm in Europa è farraginoso, vecchio e non aggiornato. Capisco che in passato ci sono state compagnie che hanno danneggiato moltissimo l’ambiente con il loro uso di ogm e quindi è stato giusto disciplinare la materia, ma adesso purtroppo ci sono troppi pregiudizi su questo tipo di ricerca. Noi stiamo lavorando con la natura e rifiutare questo approccio è miope“.

Mora si accalora anche nel rispondere all’obiezione che invece di modificare le piante esistenti basterebbe metterne di più a dimora e inquinare meno. “Sono d’accordo che prima di parlare di tecnologia e modificazioni genetiche dovremmo tutti cambiare il nostro stile di vita, questa è la cosa più importante. Tuttavia, l’innovazione è indispensabile per risolvere dei problemi che non spariranno anche se verranno fatti passi avanti dal punto di vista politico e sociale. Se riuscissimo a fermare subito le emissioni, la CO2 non verrebbe eliminata e non bastano i progetti di riforestazione. Le prospettive offerte dalla bioingegneria sono enormi, il loro impatto è maggiore di altre misure. Per questo, pur seguendo uno stile di vita improntato alla sostenibilità, sono un convinto sostenitore dell’innovazione”.

Mora è un ex product manager di Google, che ha lasciato “perché mi sembrava di non essere sempre impegnato in qualcosa di buono”, dice. “Mi riconosco nel cliché dei millennials – afferma – mi interessa l’esito finale di quel che faccio e volevo avviare un progetto che avesse un impatto davvero positivo. Sono d’accordo che nel campo della biologia sintetica ci sono un sacco di cose folli e molti progetti oscuri, ma le prospettive della bioingegneria sono davvero incredibili. Per questo il nostro lavoro è improntato sulla più totale trasparenza e credo che anche il dover attendere per avere una delle nostre piante sia una cosa molto positiva. Siamo abituati ad avere tutto istantaneamente, a comprare quel che desideriamo. Invece noi stiamo lavorando con la natura e la natura ha bisogno di tempo”.